Con il sole negli occhi
- Autore: Elfriede Gaeng
- Anno di pubblicazione: 2013
Raccontare con leggerezza, con un senso di quasi normalità, ciò che invece è fuori della norma, fuori delle regole del nostro vivere, è il segreto che ha permesso alla regista e sceneggiatrice Elfriede Gaeng di consegnarci un documento di grande umanità, oltre che la descrizione di un brano di società che vive al di sotto del nostro sguardo e della nostra percezione, pur vivendo nella stessa città, a pochi passi gli uni dagli altri, sia noi frettolosi passanti sia coloro su cui l’autrice appunta il suo sguardo limpido, privo di pregiudizi.
Sulla copertina di “Con il sole negli occhi” (Carabba, 2013) c’è un primo piano di Jacopo, poco più che trentenne, milanese, proveniente da una normale famiglia del ceto medio, incapace di resistere alla claustrofobica routine quotidiana, alla ricerca di qualcosa di diverso dalla vita che stava vivendo, di avventura, di aria pura, di libertà della mente. Una sera Jacopo mette nello zaino pochi panni e parte per Roma, si rifugia ai bordi del Tevere, “La città di sotto”, dove vivono sotto le arcate dei ponti numerosi individui di diverse nazionalità che si sono lasciati alle spalle vite difficili, vite sbagliate, sconfitte, sofferenze, delusioni, e sopravvivono in condizioni di totale precarietà, fra sbronze, freddo, solitudine, qualche pasto caldo nei centri di accoglienza, qualche gesto di solidarietà; molti si perdono, molti scompaiono annegati nel fiume, molti eccedono in alcol e droga e inesorabilmente si autodistruggono.
Dopo anni di questa vita, Jacopo fa un incontro che invertirà il suo percorso ed è questa la storia che Elfriede Gaeng ci racconta: una storia di redenzione, se così si può dire, ottenuta per intercessione di un prete francese, padre Thomas, che in una chiesa di Trastevere accoglie tutti, italiani e stranieri, cristiani ed islamici, senza chiedere nulla in cambio. Una doccia calda, abiti puliti e un pasto cucinato diventano la chiave per entrare in dialogo: Thomas e Jacopo divengono amici e il ragazzo verrà ospitato nella biblioteca che il prete ha messo su con donazioni e libri propri, riordinandola diligentemente. Presto a loro si unisce l’algerino Zidi, la slava Maria, l’africano Malik, pronti a costruire una rete di amicizia e solidarietà reciproca che diventa un motore per il recupero di persone che sembravano destinate a perdersi.
I capitoli del libro hanno titoli semplici, quotidiani, a scandire il percorso di rinascita che Jacopo e i suoi nuovi amici si trovano a compiere per risalire in superficie: La luna e la birra, La cena, La biblioteca, Camminare, Incontri, Il viaggio, Il ritorno.
Elfriede Gaeng ci fa incontrare una città sconosciuta, solidale, gentile, dove medici, preti, mediatori culturali, baristi, sono disposti a offrire un’occasione a chi ha perso ogni speranza, dove la natura, la luna, le stelle, il tramonto e il sole sono gli scenari che possono dare conforto a chi non ha fede né fiducia, dove cultura, libri e musica sono strumenti di crescita e di conforto dell’animo, dove chi ha perso la fede può ritrovarla e chi non ce l’ha può ritrovare negli altri, amici o compagni di strada, una nuova ragione di vita.
La filosofia del libro sembra racchiudersi nelle parole che padre Thomas rivolge a Jacopo per spiegare se stesso e la propria vocazione:
“…Nella vita bisogna scegliere tra il Bene e il Male. E avendo scelto il Bene, ho pensato che era più semplice continuare a farlo operando come sacerdote. Ma ora faccio il mio mestiere in modo diverso. Non voglio più convertire nessuno, voglio solo aiutare chi ha bisogno e chi soffre”
Un libro asciutto, concreto, che descrive da un punto di osservazione originale situazioni di emarginazione che i giornali e le cronache ci raccontano con distacco, mentre l’autrice si avvicina con una “pietas” laica ma calda a storie di uomini e donne che avrebbero bisogno di maggiore ascolto ed accoglienza.
Con il sole negli occhi
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