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Premio Pulitzer

Chi era Gwendolyn Brooks, la prima poetessa afroamericana Premio Pulitzer

Nel 1950 Gwendolyn Brooks è stata la prima donna afroamericana a vincere il Premio Pulitzer per la poesia. Oggi la casa editrice La Tartaruga porta per la prima volta in Italia il suo unico romanzo, Maud Martha. Scopriamo la sua vita e le sue opere.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 09-02-2023
Chi era Gwendolyn Brooks, la prima poetessa afroamericana Premio Pulitzer

Kingkongphoto & www.celebrity-photos.com from Laurel Maryland, USA, CC BY-SA 2.0, via Wikimedia Commons

Fu la prima poetessa afroamericana a vincere il Premio Pulitzer per la poesia: Gwendolyn Brooks diceva che per creare grandezza non era necessario comporre un poema epico, ma bastava un piccolo haiku. La sua vita e le sue opere sono state la dimostrazione di questo credo.

Gwendolyn Brooks nacque a Topeka, in Kansas, nel 1917 da una famiglia discendente da generazioni di schiavi. Era figlia di un bidello che sognava di diventare medico e di un’insegnante che coltivava aspirazioni da pianista. A tredici anni Gwendolyn avrebbe pubblicato la sua prima poesia sulla rivista American Childhood; nel 1950, a soli trentatré anni sarebbe stata la prima donna afroamericana a vincere il premio Pulitzer per la poesia con la raccolta Annie Allen, la sua seconda pubblicazione in versi.

Oggi la casa editrice La Tartaruga, fondata da Laura Le Petit, ripubblica il suo primo e unico romanzo Maud Martha (1953), tradotto da Gioia Guerzoni. In queste pagine Brooks compone il ritratto perfetto di una vita ordinaria: una ragazzina, poi donna, cresciuta nella South Side della Chicago degli anni Quaranta che vive in una realtà dura e inospitale, ma trova il modo di non arrendersi.

Scopriamo la vita e le opere di questa donna straordinaria.

Gwendolyn Brooks: la vita

Gwendolyn Brooks nasce a Topeka, in Kansas, ma in tenera età si trasferisce a Chicago insieme alla sua famiglia. Sviluppa un talento precoce per la scrittura che i genitori incoraggiano con ogni mezzo. Il padre le regala una scrivania, perché possa avere la sua “stanza tutta per sé”, mentre la madre la porta con sé nei circoli di Harlem per farle conoscere i maggiori poeti del tempo, come Langston Hughes.

A tredici anni la piccola Brooks già pubblica poesie sulle riviste destinate al pubblico afroamericano. A diciassette esordisce su una rubrica del Chicago Defender. Sembra una predestinata, ma dovrà affrontare momenti difficili: sin dall’infanzia deve affrontare lo scoglio del razzismo e della differenza di classe. Capisce molto presto di essere povera e di essere nera: due caratteristiche che, unite, di certo non le avrebbero garantito la scalata al successo. Non era una figlia del privilegio. Nel 1936 Brooks si laurea presso lo Smith College, ma il Chicago Defender - nonostante le oltre settantacinque poesie pubblicate - si rifiuta di assumerla come redattrice. Deve quindi risolversi a trovare un impiego come dattilografa.

Nel frattempo si sposa con Henry Blakely e ha due bambini. Continua a coltivare la sua passione per la poesia in segreto e decide di iscriversi a un corso, organizzato da una donna bianca di nome Inez Cunningham Stark che decide di occupare il proprio tempo libero a “istruire le donne afroamericane”.
Il corso aiuta Brooks a ritrovare la propria vena ispiratrice: inizia a scrivere poesie sulla vita della gente nera che viveva nei sobborghi cittadini, parla di povertà, razzismo, pregiudizi.
Nel 1945 pubblicherà il suo primo libro di poesie A Street in Bronzeville con la casa editrice Harper & Row. Il libro ha un immediato successo, lei viene inserita tra le Donne dell’anno della rivista Mademoiselle.

Quattro anni dopo, nel 1949, dà alle stampe Annie Allen, la sua raccolta più famosa che le varrà il Premio Pulitzer per la poesia l’anno successivo. Le liriche sono palesemente autobiografiche, parlano delle esperienze vissute da una ragazza nera durante la crescita, dall’infanzia all’età adulta.
Ormai Gwendolyn Brooks è una poetessa affermata, viene invitata in ogni parte del mondo a eventi e congressi, tiene corsi di scrittura creativa presso le università più prestigiose da New York alla Columbia University.

Con lei cresce anche un nuovo genere di consapevolezza, le sue poesie diventano sempre più sociali e politiche. Nel 1967 afferma di aver riscoperto la propria negritudine e darà alle stampe la sua opera più intensa e sferzante, La Mecca, un lungo poema su una madre alla ricerca del proprio figlio perduto. In questo libro Brooks cercava di bilanciare la presa di coscienza della dura realtà dei centri urbani, dove ancora imperavano razzismo e ghettizzazione, con un immaginario poetico di salvezza e redenzione.

La sua poesia più bella, però, proprio come aveva previsto, non è il grande poema epico La mecca, ma il piccolo haiku per il quale ancora viene ricordata. Si intitola We Real Cool e Brooks la pubblicò nel 1960, nel suo terzo libro di poesie The Bean Eaters.

Si compone di quattro versi di due righe ciascuno; ogni verso inizia e si conclude con la parola “we”, noi.
Recita così:

We real cool. We
Left school. We

Lurk late. We
Strike straight. We

Sing sin. We
Thin gin. We

Jazz June. We
Die soon.

Brooks ha affermato che i diversi “noi” del testo devono essere pronunciati con dolcezza, come se i protagonisti della poesia stessero mettendo in dubbio la validità della loro esistenza. Infatti l’ultimo verso riguarda l’atto di auto-consapevolezza supremo: la certezza della morte “We die soon”, ovvero “noi moriremo presto”.

Gwendolyn Brooks si spense il 3 dicembre del 2000, all’età di ottantaquattro anni, nella sua casa di Chicago dopo una breve battaglia contro il cancro. Oggi sono innumerevoli le scuole, i centri e le vie che negli Stati Uniti portano il suo nome.

Maud Martha, l’unico romanzo di Gwendolyn Brooks

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Nel 1953 Gwendolyn Brooks pubblica il suo primo e unico romanzo, Maud Martha, ora riedito in Italia dalla casa editrice La Tartaruga.
Si tratta di una narrazione folgorante, che procede per sequenze. In soli trentaquattro capitoli ci viene narrata la vita di una donna, dall’infanzia alla vecchiaia. La protagonista soffre i pregiudizi, i brandelli di odio della società, ma ciononostante con arguzia e ironia continua a vivere. I suoi sogni vengono costantemente messi alla prova da una realtà dura, spesso inospitale, ma lei non si arrende.

In poche pagine Gwendolyn Brooks ha composto il ritratto straordinario di una vita ordinaria, ricordandoci la sfida suprema che tutti noi attraversiamo “la sfida di essere umani”. Tutta la nostra umanità schiacciata, derisa, violata è racchiusa nel ritratto di una donna ordinaria, Maud Martha, nata e cresciuta nel South Side di Chicago. Lei che ammira la bellezza dei denti di leone, sogna un amore romantico, si compra un cappello, arreda una cucina, si innamora, si scopre per la prima volta bella, partorisce una bambina, non cessa di cercare lo splendore nel grigio che la circonda. La vita ordinaria di Maud Martha sembra ripetersi ogni giorno nell’esistenza di tutti noi, nel ticchettio del nostro tempo in perenne corsa che scorrerà anche quando noi ce ne saremo andati.

L’incipit del libro recita così:

“Maud Martha è nata nel 1917. È ancora viva.”

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Gwendolyn Brooks, la prima poetessa afroamericana Premio Pulitzer

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