Nella canzone di Francesco Guccini l’autunno assume un significato esistenziale. Le atmosfere e le malinconie che porta con sé questa stagione di tramonti precoci e luce nebbiosa sono raccolte e trasportate dalle note di Autunno, il brano contenuto nell’album Stagioni (EMI, 1999).
Si tratta di un testo crepuscolare, come molti altri del cantautore poeta, come sovente viene definito il modenese Guccini (io figlio di una casalinga e di un impiegato); del resto nelle sue canzoni il confine tra musica e poesia si fa così labile da apparire indefinito.
Il lirismo che si cela nei suoi testi talvolta si manifesta in epifanie inattese, momenti di pura luce (la luce del giorno/che irrompe e veloce è svanita), come nel caso di Autunno: un testo che solo apparentemente descrive una stagione, mentre in realtà registra e rende tangibile uno stato d’animo.
Come suggerisce l’autore stesso: l’autunno è metafora lucida della nostra vita; Guccini lo dice così, con un lirismo essenziale, quasi ungarettiano nel definire il parallelismo tra la fragilità di una stagione incerta e la vita mortale. L’autunno gucciniano riflette la sensazione di precarietà e di incertezza insita nell’umano.
Però non ho mai detto che a canzoni si fan rivoluzioni, si possa far poesia
Dalle canzoni non si può far poesia, canta Guccini ne L’avvelenata, eppure noi potremmo dire che invece lui ci è riuscito, anzi, ha ottenuto un risultato degno dei migliori poeti italiani. Nei versi del suo Autunno si riflettono grandi ispirazioni poetiche, da Montale a Ungaretti.
L’autunno nelle canzoni di Francesco Guccini
Non è l’unico testo di Guccini a parlare d’autunno, anzi, la fine dell’estate è una costante nei brani del cantautore: pensiamo a Eskimo, ambientato in una domenica di settembre, oppure all’importanza riflessiva che emerge ne La canzone dei dodici mesi (Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull’età) e, ancora, ne La canzone delle domande consuete (E siamo qui spogli in questa stagione che unisce), è il tempo della riflessione e dell’osservazione della vita che permette al genio poetico di Guccini di emergere e dare il meglio di sé, in bilico tra promessa e nostalgia.
La malinconia, del resto, è la cifra poetica dominante del cantautore emiliano e dei suoi testi struggenti intessuti di rimpianto: come Incontro (E correndo mi incontrò lungo le scale/quasi nulla mi sembrò cambiato in lei) o Ti ricordi quei giorni? (aspettiamo ogni giorno che questa estate finisca/ che ogni incertezza svanisca) in cui a essere posto al centro è sempre un Io che ricorda, pur consapevole di non poter rivivere il passato e così rimane invischiato in una tristezza che è dolce come miele (la tristezza poi ci avvolse come miele/per il tempo scivolato su noi due) e, allo stesso tempo, amarognola e speziata come un bicchiere di vino rosso.
L’autunno è anche il mese di ottobre tinto di rosso in cui morì Ernesto Che Guevara che dà il titolo all’album con il brano Stagioni:
Quanto tempo è passato da quel giorno d’autunno
Di un ottobre avanzato, con il cielo già bruno
Fra sessioni di esami, giorni persi in pigrizia
Giovanili ciarpami, arrivò la notizia
Ci prese come un pugno, ci gelò di sconforto
Sapere a brutto grugno che Guevara era morto
In quel giorno d’ottobre, in terra boliviana
Era tradito e perso Ernesto "Che" Guevara
In questo tempo sospeso tra nostalgia e aspettativa, tra “sessioni d’esami e giorni persi in pigrizia”, la notizia della morte del Che scuote l’aria come un’esplosione: è la fine di un’epoca e di un ideale. Forse traspare in controluce in questa notizia la fine della giovinezza. Per comprendere appieno il significato di Autunno , terza traccia dell’album, dobbiamo partire da qui, dalla morte di Che Guevara, ovvero dalla risonanza di un evento internazionale che si ripercuote sulla vita del singolo, il pubblico che si fa privato, la perdita dei confini e delle coordinate. La morte di Che Guevara incendia l’autunno e, al contempo, gli dà un significato: alla frantumazione di un ideale non può che seguire un tramonto, un lungo crepuscolo dell’anima che si insinua anche nell’ardente giovinezza degli studenti trincerati dietro libri e idee, d’improvviso costretti ad affrontare una realtà amara che appare come un tradimento.
La premessa è necessaria, perché l’autunno di Guccini che riflette un “correre senza scopo”, un uomo perduto in un tempo sospeso eppure sempre uguale, ha inizio dall’infrangersi di questa promessa, dalla frantumazione di un sogno che aveva sostenuto a lungo il futuro.
Vediamo testo e significato della canzone.
“Autunno” di Francesco Guccini: testo
Un’oca che guazza nel fango
Un cane che abbaia a comando
La pioggia che cade e non cade
Le nebbie striscianti che svelano e velano strade...Profilo degli alberi secchi
Spezzarsi scrosciante di stecchi
Sul monte ogni tanto gli spari
E cadono urlando di morte gli animali ignari...
L’autunno ti fa sonnolento
La luce del giorno è un momento
Che irrompe e veloce è svanita
Metafora lucida di quello che è la nostra vitaL’autunno che sfuma i contorni
Consuma in un giorno più giorni
Ti sembra sia un gioco indolente
Ma rapido brucia giornate che appaiono lenteOdori di fumo e foschia
Fanghiglia di periferia
Distese di foglia marcita
Che cade in silenzio lasciando per sempre la vita...Rinchiudersi in casa a aspettare
Qualcuno o qualcosa da fare
Qualcosa che mai si farà
Qualcuno che sai non esistere e che non suonerà...
Rinchiudersi in casa a contare
Le ore che fai scivolare
Pensando, confuso, al mistero
Dei tanti “io sarò” diventati per sempre “io ero”...Rinchiudersi in casa a guardare
Un libro, una foto, un giornale
E ignorando quel rodere sordo
Che cambia “io faccio” e lo fa diventare “io ricordo”...La notte è di colpo calata
C’è un’oscurità perforata
Da un’auto che passa veloce
Lasciando soltanto al silenzio la buia sua voce...Rumore che appare e scompare
Immagine crepuscolare
Del correre tuo senza scopo
Del tempo che gioca con te come il gatto col topo...Le storie credute importanti
Si sbriciolano in pochi istanti
Figure e impressioni passate
Si fanno lontane e lontana così è la tua estateE vesti la notte incombente
Lasciando vagare la mente
Al niente temuto e aspettato
Sapendo che questo è il tuo autunno
Che adesso è arrivato.
“Autunno”: la canzone di Francesco Guccini
“Autunno” di Francesco Guccini: testo, analisi e significato
La canzone di Guccini si apre con descrizioni paesaggistiche, ritratti angosciosi che ricordano Spesso il male di vivere ho incontrato di Eugenio Montale: l’oca che sguazza nella pozzanghera come il “cavallo morto stramazzato”; la foglia marcita è come la “foglia riarsa” di montaliana memoria. Avvertiamo in queste strofe anche il gocciolare/del tempo inesorabile cantato dal poeta ligure in Ossi di seppia.
Il paesaggio di Guccini, a differenza di quello di Montale, non è intriso di atmosfera marina e scogliere liguri ma appare come una degna rappresentazione del Nord Italia e, in particolare, della Pianura Padana con le sue nebbie radenti, sospese, il suo tempo “senza tempo” immobile che pare suggerire un guasto con le sue immagini spettrali di alberi scheletrici e l’odore di fumo dei falò che avvelenano l’aria.
In questo quadro che ben si presta alla rappresentazione, Guccini inserisce una meditazione esistenziale che si trasforma in una riflessione sul tempo:
Le ore che fai scivolare
Pensando, confuso, al mistero
Dei tanti “io sarò” diventati per sempre “io ero”...
La fine dell’estate e il momento sospeso dell’autunno, un attimo prima dell’inverno, diventa metafora di una meditazione sulla vita umana: l’uomo è colto a metà del proprio cammino, in attesa di un futuro che si scopre essere già passato, sembra attraversare la “selva oscura” di dantesca memoria, perso in una condizione di smarrimento. Il silenzio, suggerisce Guccini in un sussurro, ha una voce: la tensione è latente, tuttavia palpabile. Sembra di essere in un limbo o in una sorta di anticamera dell’Inferno.
Ed è allora che comprendiamo, proprio nel punto centrale della canzone, che il paesaggio descritto è in realtà una condizione dell’anima. L’autunno stesso è una metafora tesa a rappresentare la caducità della vita umana.
Il protagonista della canzone rimpiange l’estate come se parlasse di una giovinezza per sempre perduta, non gli resta che chiudersi in casa e vivere il tempo amaro del rimpianto. Un tempo senza futuro, in cui la notte diventa riflesso della morte e del niente che lo attende.
Nel finale le circostanze sono meglio chiarite dall’uso dell’aggettivo possessivo “tuo”: il tuo autunno è arrivato, così canta la malinconica voce di Francesco Guccini, lasciando intendere lo stato d’animo dell’uomo che assiste impotente al tramonto della propria giovinezza e, forse, della sua stessa vita.
Sapendo che questo è il tuo autunno
Che adesso è arrivato.
Gli ultimi due versi assumono la forza inattesa di una rivelazione. Non resta da dire più nulla e la malinconia prende il sopravvento, perché intuiamo che ormai tutto è stato detto: ciò che Guccini vuole trasmetterci attraverso questo malinconico ritratto non è la descrizione di una stagione, ma lo specchio riflesso della vita.
La canzone Autunno contiene la stessa potente forza intrinseca di una poesia, del celebre verso ungarettiano Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie: ecco Guccini ha afferrato il senso recondito e illuminante di Soldati e lo ha trasposto in musica, sulle note lente che ricordano la pioggia prima che cada o la pioggia che ancora non cade e rimane sospesa nelle nubi basse e oscure, come un presentimento. La voce malinconica, ridotta a un sussurro, fa il resto, immergendo appieno l’ascoltatore nell’atmosfera che riflette pensieri cupi come un messaggio di addio.
Autunno di Francesco Guccini è un sussurro della mente che si fa musica, un pensiero talmente intraducibile che poteva essere espresso solo attraverso i contorni incerti di una stagione che sfuma nell’inverno e spegne la luce eterna dell’estate.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Autunno”: la canzone di Francesco Guccini che ricorda una poesia di Ungaretti
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