Pene d’amor perdute (Love’s Labour’s Lost nel titolo originale, Ndr) fu la prima commedia scritta da William Shakespeare, composta probabilmente tra il 1593 e il 1596.
A oggi si ignora la data della prima rappresentazione dell’opera, tuttavia è possibile risalire alla pubblicazione, avvenuta in un in-quarto del 1598, nel cosiddetto Q1, di cui oggi restano solo quattordici esemplari.
Il testo riporta, in copertina, la dicitura originale Newly corrected and augmented By W. Shakespeare (Nuovamente corretto e ampliato da W. Shakespeare), il che fa supporre che lo stesso autore si sia occupato della preparazione e della rivisitazione del testo.
Secondo quanto riportato sul frontespizio dell’edizione, una rappresentazione di Pene d’amor perdute avvenne proprio il giorno di Natale del 1597 di fronte alla regina Elisabetta I e alla sua corte.
Pare che William Shakespeare compose la commedia durante l’epidemia di peste che colpì Londra nel 1592. Data la forzata immobilità imposta a teatri e palcoscenici, al Bardo non restava altro conforto che la scrittura. In questo periodo si dedicò infatti alla composizione di poesie e poemetti, tra cui ricordiamo Venere e Adone e Il ratto di Lucrezia. Si dedicò poi alla stesura di una commedia che tuttavia pareva essere destinata a una recita privata, il cui titolo era proprio Love’s Labour’s Lost.
Ma qual è la storia originale di Pene d’amor perdute? Scopriamo trama, analisi, personaggi della prima commedia di Shakespeare, riproposta nei teatri di tutto al mondo, anche con adattamenti musicali.
Pene d’amor perdute: trama e personaggi
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La prima commedia shakesperiana è ambientata alla corte del Re spagnolo, Ferdinando di Navarra, e si apre con un solenne giuramento.
Il Re giura di dedicare tre anni di vita all’erudizione, dedicandosi a un’esistenza ascetica e rigorosa, priva di qualsiasi genere di piacere e distrazione. Solo studio, puro intelletto, il che implica una lunga serie di rinunce: prima tra tutte l’astensione dalle donne, cui sarà impedito di avvicinarsi alla corte di Navarra. Il Re decide di sottoscrivere il patto insieme a tre uomini di corte Biron, Longueville e Dumaine che lo seguiranno nell’impresa.
L’unico dei tre a muovere qualche perplessità sarà Biron che farà notare al Re che il patto non potrà essere rispettato data l’imminente visita della Principessa di Francia. La nobildonna si reca infatti in ambasciata in vece del padre morente, per discutere del possesso dell’Aquitania. Le rimostranze di Biron sono più che lecite, il Re, tuttavia, è irremovibile. L’accordo viene dunque sottoscritto e la pena stabilita, in caso di contravvenzioni, è la più alta: la morte.
Il secondo atto si apre con l’arrivo a Navarra della Principessa assieme alle tre dame Maria, Rosalina e Caterina, scortate dal fidato Boyet. L’accoglienza riservata alla principessa non è delle più regali: il Re infatti, per tenere fede al proprio giuramento, stabilisce che le tre donne debbano essere tenute a distanza dalla corte. La Principessa di Francia, stizzita, gli chiede di rompere il giuramento ma invano. Nel frattempo le sue tre dame le confidano di conoscere i tre uomini che risiedono alla corte del Re e di esserne attratte.
Le contese tra il Re e la principessa sono intervallate da alcune parentesi comiche regalate dal cantastorie Don Adriano de Armado con il servo Pagliuzza. L’uomo è innamorato della bella contadina Jaquenetta, alla quale vuole dichiarare poeticamente il suo amore.
Nel terzo atto troviamo gli uomini di corte preda dei languori dell’amore per la principessa e le sue dame. Tutti e tre tentano, invano, di nascondere la propria passione per tenere fede al giuramento. Tutti, immancabilmente, falliscono.
Le donne, dal canto, ignorano i loro tormenti e sono invece seccate dal trattamento ricevuto e ben decise a vendicarsi. La commedia quindi si evolve tra lettere scambiate, burle, beffe, confessioni appassionate e persino un ballo mascherato che porterà al più classico scambio di persona.
Lacerati dai loro drammi d’amore i tre uomini e il Re decidono infine, di comune accordo, di rompere il giuramento e abbandonarsi alle gioie dell’amore. Riusciranno finalmente a dichiarare pienamente il loro sentimento d’amore, che le donne avevano preso alla leggera e canzonato.
La commedia, però, è una delle poche di Shakespeare che non si conclude con la scena idilliaca del matrimonio dei protagonisti. Le tre dame infatti chiedono agli spasimanti di pazientare un anno per piangere la morte improvvisa del Re di Francia. Al termine della periodo indicato le donne attenderanno ancora la dichiarazione del proprio spasimante: se questa verrà, sarà ricambiata da una promessa d’amore eterno. Il lieto fine viene dunque rimandato; come un’ultima beffa a carico del re e della sua corte.
Pene d’amor perdute: significato e commento
Nell’originale commedia shakesperiana la tensione si gioca tutta nell’uso del linguaggio. Il Bardo voleva farsi beffe della società intellettuale del tempo che disprezzava i piaceri terreni.
“Non sempre parlar bene significa viver bene”
osserva Shakespeare creando un’opera cortese che si serve proprio della lingua per stravolgere l’uso improprio della fascinazione retorica.
Il testo originale è ricco di doppi sensi, giochi di parole, bisticci e allusioni che mirano a stravolgere lo scopo comunicativo.
Pene d’amor perdute è stata definita la “più letterale” delle commedie di Shakespeare poiché si serve proprio dell’arte retorica per smascherare le dinamiche di inganno e autoinganno.
Uno dei temi fondanti della commedia, oltre alla passione amorosa, è senza dubbio quello dell’incertezza. I personaggi vivono in uno stato costante di incertezza, domandandosi se mai il loro amore sarà ricambiato: e proprio su questa condizione fa leva il ritmo sagace della commedia che si fa beffe dell’attesa inconcludente degli innamorati. Tra le altre tematiche affrontate da Il Bardo vi è lo scarto tra realtà e immaginazione, reso più acuto dalle parole dei poeti che tendono a mitizzare il vero.
La leggerezza della commedia si accompagna così ad argomenti di ben altro spessore, come la complessità del sentimento amoroso. La pena d’amore è vera e reale, una condizione a tutti gli effetti universale, che per quanto possa essere paragonata a follia e giungere al parossismo con esiti comici rappresenta anche un potente strumento di indagine dell’animo umano.
Deve essere per questo motivo che i personaggi di Shakespeare non invecchiano mai, e riescono a strapparci un sorriso ancora oggi.
Pene d’amor perdute: gli adattamenti musicali
Shakespeare riesce a incantare il pubblico attuale con le sue opere che sono un capolavoro di energia e dinamismo, capaci di unire la satira sociale alle tematiche più profonde dell’esistenza, e parlando un linguaggio sempre universale che non cessa mai di parlare a un eterno presente malgrado il mutare dei tempi e delle mode.
La freschezza dell’opera di Shakespeare non ha perso un briciolo della propria attualità, il che la rende materia perfetta per i nuovi adattamenti anche in chiave musicale. Pensiamo al film omonimo di Kenneth Branagh del 1999 che trasformava l’opera del Bardo in un musical servendosi delle canzoni di grandi compositori contemporanei. Nel cast si trovavano anche grandi attori come Alicia Silverstone, Natascha McElhone, Nathan Lane e Carmen Ejogo.
L’ultimo adattamento è quello che ha aperto la stagione 2022 del Silvano Toti Globe Theatre di Roma per la regia di Danilo Capezzani con protagonisti gli attori della prestigiosa scuola di drammaturgia romana Silvio D’Amico.
Danilo Capezzani trasforma la prima commedia di Shakespeare in una “fiaba musicale” divertente e dinamica, dando alla prosa del Bardo la verve di un moderno musical.
La tematica, del resto, si presta perfettamente all’adattamento in chiave moderna: parla di giovani amanti e della sottile arte del corteggiamento. Il lirismo rinascimentale di Shakespeare rinasce in un linguaggio più contemporaneo che non intacca i temi trattati né il loro spessore, ma li riadatta giocosamente all’attualità. Un testo del Cinquecento riesce così a suscitare la viva empatia e partecipazione di un pubblico entusiasta; che non potrà fare a meno di sentirsi chiamato in causa dalle iperboliche vicende narrate.
La carica di energia portata sul palco dai giovani attori è il fiore all’occhiello di questo adattamento. A Capezzani va poi riconosciuto il pregio di aver saputo unire la prosa di Shakespeare ad alcuni dei successi musicali pop della scena internazionale con un esito impeccabile e folgorante. L’eredità di William Shakespeare è, insomma, più viva che mai in queste “pene d’amore” forse non troppo perdute.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Pene d’amor perdute”: trama e personaggi della commedia di Shakespeare
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