Tre cose solamente m’ènno in grado è il sonetto numero 87 dei circa 150 a noi giunti di Francesco "Cecco" Angiolieri (1260 circa - 1313), uno dei massimi rappresentanti della poesia comico-realistica toscana medievale.
Con l’irriverenza che lo contraddistingue, l’artista senese inveisce contro il padre avaro, che gli nega il denaro necessario per soddisfare i propri vizi, arrivando ad augurargli la morte.
Come al solito, il carattere naturalmente ribelle dell’autore si unisce ai dettami letterari del filone culturale di appartenenza e il risultato è un’opera formalmente accurata e contenutisticamente ricca di quelle connotazioni personali che rendono inconfondibile lo stile di Angiolieri.
Analizziamo testo, parafrasi, metrica e contenuto di Tre cose solamente m’ènno in grado.
Tre cose solamente m’ènno in grado: testo del sonetto
Tre cose solamente m’ènno in grado,
le quali posso non ben ben fornire,
cioè la donna, la taverna e ’l dado:
queste mi fanno ’l cuor lieto sentire.Ma sì·mme le convene usar di rado,
ché la mie borsa mi mett’ al mentire;
e quando mi sovien, tutto mi sbrado,
ch’i’ perdo per moneta ’l mie disire.E dico: «Dato li sia d’una lancia!»,
ciò a mi’ padre, che·mmi tien sì magro,
che tornare’ senza logro di Francia.Ché fora a tôrli un dinar[o] più agro,
la man di Pasqua che·ssi dà la mancia,
che far pigliar la gru ad un bozzagro.
Tre cose solamente m’ènno in grado: parafrasi
Mi piacciono solo tre cose, anche se non me le posso permettere come vorrei, cioè le donne, la taverna e il gioco d’azzardo; queste cose mi rendono il cuore felice.
Tuttavia sono costretto a goderne di rado, poiché la mia borsa mi smentisce; e quando ci penso mi metto a urlare, poiché per la mancanza di soldi non posso soddisfare i miei desideri.
E dico: "Che sia colpito con una lancia!"; questo a mio padre, che mi tiene così a stecchetto che tornerei dalla Francia a piedi senza ulteriormente dimagrire.
Infatti la mattina di Pasqua (e di qualsiasi altra festa religiosa), quando si dà la mancia (ai bimbi), sarebbe più difficile riuscire a scucirgli un quattrino (a mio padre) che far acciuffare la gru ad una poiana.
Schema metrico e figure retoriche
Il sonetto presenta schema metrico ABAB ABAB CDC DCD.
La struttura è perfettamente simmetrica: le quartine sono occupate dall’elenco delle cose che procurano piacere a Cecco, le terzine dall’invettiva contro il padre, la cui avarizia gli dà rabbia.
Le figure retoriche principali sono:
- l’iperbole, sempre molto presente nella poesia di Angiolieri e in tal caso abbondante nelle terzine,
- la similitudine nella seconda terzina,
- la metonimia.
Linguaggio e stile
Anche dal punto di vista stilistico e lessicale, e non soltanto tematico, Tre cose solamente m’ènno in grado si pone agli antipodi dei canoni propugnati dallo Stilnovismo.
Qui il linguaggio, così come il suono, è aspro, duro, infarcito di inflessioni dialettali tipiche del senese (ad esempio il possessivo "mie" invece di "mio" e "sbrado" per "sbraito"), mentre alcuni termini sono quelli tipici della caccia (ad esempio "logro" per "logoro").
Per quanto riguarda lo stile, è evidente l’influsso del plazer provenzale, sebbene reso con tono decisamente più basso e triviale, così come quello dei carmina potatoria, i componimenti della letteratura mediolatina inneggianti a quei piaceri fisici e materiali tanto cari anche a Cecco, ovvero le donne, il gioco d’azzardo e il vino.
Spiegazione del sonetto “Tre cose solamente m’ènno in grado”
Il sonetto 87 di Cecco è una vera e propria provocazione letteraria.
L’autore afferma di trovare piacere ed appagamento solo in tre cose, ovvero il sesso, il bere e il gioco d’azzardo.
D’altro canto, si rammarica di non poter soddisfare i suoi vizi come vorrebbe a causa della mancanza di denaro e ciò gli procura tanta rabbia.
Da qui l’odio per il padre, reo, a suo dire, di essere avaro e di non dargli i soldi di cui avrebbe bisogno.
Augura addirittura la morte al genitore, che per scarsità di cibo gli procura una tale magrezza che, se anche andasse a piedi in Francia e ritornasse, non potrebbe ulteriormente dimagrire.
È più difficile, dice infine Cecco, ottenere un soldo da lui a Pasqua (e nelle altre feste religiose in cui si è soliti fare un dono ai bambini), che far catturare una gru ad una poiana.
Analisi e commento critico del sonetto
In Tre cose solamente m’ènno in grado tornano i temi più cari ad Angiolieri, ancora una volta resi con la veemenza e l’ironia tipiche della sua poetica.
Il sonetto è un chiaro manifesto contro i principi dello Stilnovismo, ai quali il poeta di Siena contrappone una visione della vita e di ciò che ne fa parte del tutto opposta.
Alla spiritualità sostenuta e difesa dalla corrente letteraria alla quale appartenne anche Dante, Cecco fa eco manifestando una concezione materialistica e cinica dell’esistenza, della quale gli interessano solo gli aspetti più bassi e beceri.
Per lui la donna è tutt’altro che angelicata, ma un mezzo per raggiungere il piacere carnale; la bettola è il luogo prediletto per trascorrere le serate, i soldi indispensabili ad ottenere ciò che lui considera il meglio per sé.
C’è poi, quasi immancabile, il rancore verso il padre, a cui arriva ad augurare la morte tanta è l’acredine per il denaro che non gli dà.
Esternazioni ed atteggiamenti che nei secoli hanno fatto sì che Cecco venisse considerato una sorta di poeta maledetto ante litteram, un simbolo di ribellione tout court, capace di uscire fuori dagli schemi e dai paletti imposti dalla società in cui si trovò a vivere e a scrivere.
Ma è davvero così?
Secondo la critica più moderna solo in parte.
Le poche fonti biografiche a disposizione, ci restituiscono realmente l’immagine di un uomo dal carattere forte e a volte fin troppo focoso, piuttosto irascibile e poco incline al compromesso, ma anche di un artista completo, preparato, raffinato, scrupoloso nella composizione di versi sempre perfetti da qualsiasi angolazione li si voglia giudicare, metrica, grammaticale, lessicale, sintattica e stilistica.
Ciò significa che è difficile per noi, diciamo pure impossibile, anche per via della distanza temporale che ci separa da lui, capire quali siano i confini che separano e permettono di distinguere l’uomo dal poeta, l’espressione di un’indole insolente e l’artificio retorico.
Probabilmente la verità sta nel mezzo e possiamo ipotizzare che il dissacrante, irruente e passionale Cecco, abbia volutamente enfatizzato ed estremizzato tali caratteristiche per adempiere pienamente ai dettami della corrente poetica comico-realistica toscana della quale è il massimo esponente.
Da sottolineare infine, un’altra peculiarità di Angiolieri persona e autore, ovvero l’ironia, che in questo sonetto riscontriamo nell’immagine che dà di se stesso nella prima terzina, quella di un uomo talmente smunto ed emaciato da non poter dimagrire ulteriormente neppure camminando a piedi per chilometri.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Tre cose solamente m’ènno in grado” di Cecco Angiolieri: testo, parafrasi e analisi del sonetto
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