

La teiera di Russell è uno degli argomenti ancora oggi più noti e discussi nel dibattito epistemologico contemporaneo e nelle dispute teoriche che riguardano l’esistenza di Dio o di altre entità metafisiche.
Logico e filosofo tra i più importanti del Novecento, Bertrand Russell elaborò il ragionamento della teiera per sollecitare i credenti, o forse per punzecchiarli con la sua sagace ironia: spettava a loro l’incombenza di dover dimostrare l’esistenza del dio che veneravano.
Conseguentemente, quindi, la metafora della teiera di Russell, o teiera celeste, costituisce anche un’argomentazione che solleva lo scettico, il non credente, dall’onere di dover provare che dio – o qualsiasi altra entità metafisica che non possiamo percepire con i nostri sensi o con strumentazioni tecniche – non esiste.
Riscopriamo allora, insieme, il testo dove viene presentato l’esempio della teiera di Russell e il suo significato.
La teiera di Russell: il testo dell’argomento
Il curioso e interessante ragionamento della teiera è tematizzato all’interno di un articolo intitolato Is the a god? (C’è un dio?) che il filosofo Bertrand Russell scrisse nel 1952 per la rivista «Illustrated magazine», che glielo commissionò senza mai pubblicarlo. Ecco il testo:
“Molti benpensanti si esprimono come se fosse compito dello scettico smentire i dogmi e non del credente dimostrarli. Se io sostenessi che tra la Terra e Marte vi fosse una teiera di porcellana in rivoluzione attorno al Sole su un’orbita ellittica, nessuno potrebbe contraddire la mia ipotesi purché io avessi la cura di aggiungere che la teiera è troppo piccola per essere rivelata persino dal più potente dei nostri telescopi. Ma se, visto che la mia asserzione non può essere smentita, io sostenessi che dubitarne sia un’intollerabile presunzione da parte della ragione umana, si penserebbe giustamente che stia dicendo fesserie. Se però l’esistenza di una tale teiera venisse affermata in libri antichi, insegnata ogni domenica come la sacra verità e instillata nelle menti dei bambini a scuola, l’esitazione nel credere alla sua esistenza diverrebbe un segno di eccentricità e porterebbe il dubbioso all’attenzione dello psichiatra in un’età illuminata o dell’Inquisitore in un’era antecedente”.
Il significato della teiera celeste per Bertrand Russell
Studioso di filosofia e di logica, Bertrand Russell insegnò nelle università di Cambridge e della California a Los Angeles e fu, insieme a George Edward Moore, una delle personalità filosofiche che meglio incarnò il rifiuto novecentesco dell’idealismo in territorio anglosassone.
Autore, insieme ad Alfred N. Whitehead, dei Principia Mathematica Russell offrì contributi fondamentali anche nella filosofia del linguaggio (la teoria delle descrizioni) e nell’epistemologia, esercitò una vasta influenza su Wittgenstein, che fu suo allievo, e sul Neopositivismo Logico, e rifletté a lungo anche su questioni etiche. Oltre a impegnarsi in una vasta attività di divulgazione, prese pubblicamente posizione in molte vicende politiche del suo tempo, difendendo strenuamente il pacifismo. Fu forse questo, più che la sua filosofia, settoriale e impegnativa, a fargli ottenere il Premio Nobel per la letteratura nel 1950.
Rimangono ancora oggi celebri molti dei sui paradossi logici mentre quella della teiera (Russell’s teapot in inglese), è una contro-argomentazione, piuttosto che un’argomentazione propriamente detta. Cerchiamo di capire perché, ripercorrendo i principali passaggi del testo:
- Russell prende le mosse dall’opinione comune (“benpensanti”) e nota come nella società del suo tempo la credenza nei dogmi di fede sia ancora molto forte, a tal punto che tutti ritengono che non sia compito del credente dimostrare i dogmi ma, al contrario, sia compito dello scettico, ovvero dell’ateo, del non credente, fornire (contro)prove per dimostrare la falsità dei dogmi;
- Proprio per questo Russell immagina una teiera che percorre un’orbita ellittica intorno al sole, una teiera vera, di porcellana, ma così piccola da non poter essere vista neanche con un telescopio;
- Russell assume per vera l’esistenza di tale teiera ma nota subito che nessuno potrebbe smentire questa sua affermazione: con un termine reso celebre da Karl Raimund Popper qualche tempo dopo potremmo affermare che Russell sta formulando un enunciato che non è falsificabile: non se ne può dimostrare non solo la verità, perché la teiera non può essere vista neanche dal telescopio più potente ma, per gli stessi motivi, neanche la falsità. Per questo si tratta, aggiungerebbe ancora Popper, di un enunciato pseudo scientifico, che in realtà non può affermare la verità o l’esistenza di alcunché;
- Russell conclude la sua contro argomentazione notando che se lui affermasse che dubitare del suo assunto (che non può essere in alcun modo smentito) è profondamente scortese e, quindi, sostanzialmente fuori luogo, verrebbe di certo preso per un ciarlatano;
- nonostante questo, le cose non vanno sempre in questo modo: l’ultimo passaggio, infatti, ci fa comprendere perfettamente che la teiera di Russell è solo una metafora dietro la quale si nasconde Dio: la credenza in quest’entità metafisica è corroborata da libri antichi, rituali religiosi, pratiche educative, ecco che allora tutto questo rende tale credenza una solida verità, risparmiando ai credenti l’onere della prova e assegnando ad altri, ai detrattori, agli atei il dovere di provare il contrario. Atei che, nota incidentalmente Russell, sono eccentrici, devianti e, pertanto, meritevoli oggi di un bravo analista, e ieri delle cure dell’inquisizione.
Precedenti ed epigoni della teiera di Russell nella filosofia e nella cultura pop
Il problema dell’esistenza di Dio è consustanziale alla filosofia che inizia a elaborare dimostrazioni a tal proposito fin da Aristotele: si tratta di una tematica articolata ed estremamente interessante sulla quale Kant pone una pietra tombale nella Dialettica della Critica della Ragion Pura: considerando la prova ontologica di Anselmo d’Aosta (sulla riposerebbero, secondo lui, tutte le altre prove dell’esistenza di Dio) Kant nota come l’esistenza non sia un predicato. Come spiega bene anche l’esempio dei cento talleri, dell’esistenza di qualcosa non si può offrire una dimostrazione di natura logica; la realtà è altro dal piano del pensiero e l’esistenza di un ente, di un oggetto, può essere solo esperita.
Proprio perché la riflessione di Russell è connotata da tratti tipici del pensiero inglese, ovvero dall’empirismo e dallo scetticismo, è opportuno anche un confronto con Locke e Hume: anche loro si erano posti il problema dell’esistenza della realtà esterna perché la loro era una filosofia di idee, di contenuti mentali, che derivavano dai sensi ma albergavano, appunto, nella sola mente. A tali idee, a tali pensieri corrispondeva qualcosa nel mondo esterno?
Di fronte a questa domanda Locke ricorreva alla sensazione attuale, una percezione particolarmente vivida, fortissima, che si realizza solo quando ci troviamo di fronte alle cose stesse e che ci garantisce la loro esistenza (a prescindere dal nostro pensiero). Hume a tal proposito sarà più cauto perché affermerà che questa è solo una credenza e che l’esistenza del mondo esterno rimane solo probabile.
La teiera di Russell ha avuto, però, anche vari ammiratori: notoriamente Russell era ateo, per questo il suo argomento è stato ripreso da scienziati come Richard Dwakins, che ha sottolineato la necessità di contrastare convinzioni come la fede in dio perché le religioni hanno un apparato estremamente potente che tende a inculcare le rispettive convinzioni.
Anche la cultura pop ha subito l’influenza del celebre esempio di Russell dal momento che su siti web e forum dedicati all’ateismo ha fatto spesso la sua comparsa un unicorno, simbolo di una divinità di una religione parodistica, che, almeno nell’intenzione di chi lo presenta, dovrebbe essere allo stesso tempo rosa e invisibile (l’unicorno ha la medesima funzione della teiera nell’argomentazione di Russell).
I pastafariani, infine, immaginano che Dio abbia le sembianze di grosso bolo di spaghetti all’interno del quale campeggiano delle polpette: nelle loro intenzioni questo credo non ha nulla di ironico, perché questa religione, anche se l’opinione pubblica la ritiene parodistica, è stata ideata da un fisico americano per mettere alla berlina i funzionari all’istruzione del Kansas, che, nei corsi di scienze naturali, avevano deciso di affiancare alla teoria dell’evoluzione il creazionismo, come sua congrua alternativa.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La teiera di Russell: testo e significato di un’argomentazione filosofica sull’esistenza di Dio
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