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Storia della letteratura

Spenta l’identità: testo, parafrasi e analisi della poesia di Eugenio Montale

Un'intensa lirica appartenente alla raccolta Quaderno di quattro anni, edita nel 1977. Eugenio Montale invita i lettori ad accettare l'enigma del proprio destino. Con un cammeo di Pasolini.

Isabella Fantin
Isabella Fantin Pubblicato il 06-07-2022
Spenta l'identità: testo, parafrasi e analisi della poesia di Eugenio Montale

Spenta l’identità, datata 4 giugno 1977, occupa un posto particolare nell’ultima stagione montaliana, in cui la radicalizzazione della metafisica del negativo ha un impatto prosastico volutamente opaco. La particolarità riguarda la ricercatezza formale estranea, come abbiamo detto, alla produzione del decennio compreso tra il 1971 e il 1981.

Il messaggio di questo testo suona come una condanna a morte per l’individuo: la vita è in balìa di insensatezza e caso, come quella di una pigna vuota che esiste senza coscienza di sé. Ma procediamo per gradi con parafrasi, analisi del testo in relazione sia alla precedente stagione creativa, sia alle posizioni espresse nel celebre discorso: È ancora possibile la poesia?. Posizioni condivise, mutatis mutandis, da Pasolini che nel 1951 era stato presentato al grande poeta ligure.

Testo

Spenta l’identità
si può essere vivi
nella neutralità
della pigna svuotata dei pinòli
e ignara che l’attende il forno.
Attenderà forse giorno dopo giorno
senza sapere di essere se stessa.

Metrica: alternanza di settenari (vv.1-3) e di endecasillabi (vv.4-7).

Parafrasi

Una volta che l’identità è morta, l’uomo può vivere nella condizione neutra di una pigna priva di pinòli e ignara che sarà bruciata. Forse aspetterà giorno dopo giorno, senza la consapevolezza che la sua esistenza è tutta qui.

Spenta l’identità: il tessuto fonico della poesia

L’andamento apparentemente prosastico è contraddetto da un ricco ed elegante tessuto fonico che sostiene e impreziosisce il testo. A riguardo riporto alcune osservazioni di Romano Luperini che rileva:

  • Rime facili: identità/neutralità, forno/giorno
  • Rime interne: attenderà e giorno
  • Assonanze: svuotata/ignara, spenta/senza
  • Consonanze: ignara/sapere/essere
  • Allitterazioni del gruppo “or” e “ra”

L’attesa in Montale

In Spenta l’identità l’uomo attende la sua fine. Il motivo dell’attesa ha un diverso peso specifico rispetto a Ossi di seppia e a Le occasioni, corrispondenti alle prime due fasi della poetica montaliana. Vediamo perché.

  • In Ossi di seppia – metafora della poesia –, la vita appare come un enigma imperscrutabile. Una prigione dalla quale si può sfuggire grazie a un miracolo atteso, disatteso, frustrato.
  • Di contro ne Le occasioni, viene ipotizzata l’attesa di un fantasma salvifico femminile, variamente declinato, capace di dare un senso alla realtà.
  • In Spenta l’identità, infine, Montale ci invita ad attendere e accettare una sorte incomprensibile. Perché se vivere significa assenza di significato, non c’è differenza tra vita e morte. L’ultimo Montale non dà voce a un’attesa frustrata o ipotizzata come epifanica, bensì all’attesa realistica che si compia ciò che il destino ha in serbo per noi.

L’ultima fase della poetica montaliana

Il testo fa parte della raccolta di 111 componimenti Quaderno di quattro anni, edita da Mondadori nel 1977 e appartenente alla quinta fase della produzione montaliana, produzione che riassumo così:

  • Ossi di seppia 1925
  • Le occasioni 1939
  • La bufera e altro 1956
  • Satura 1971
  • Ultima produzione 1971-1981.

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L’ultima è la più vasta in termini quantitativi. Infatti Montale pubblica Il diario del ’71 e del ’72; nel 1977 il Quaderno di quattro anni, che contiene la lirica Spenta l’identità; nel 1980 la raccolta Altri versi. Inoltre compone numerose poesie che verranno pubblicate dopo la sua morte in Diario postumo per iniziativa di Annalisa Cima, scrittrice amica del poeta. Pochi sanno che all’indomani della sua pubblicazione nel 1996, lo studioso Dante Isella ne contestò l’autenticità in tre articoli apparsi sul “Corriere della Sera”. La sua conclusione è lapidaria: trattasi di "inabili falsificazioni eseguite a più mani". Attualmente la critica è di opposto avviso.

Il dato che salta all’occhio non è solo la prolificità dell’ultima fase rispetto alla produzione della giovinezza e maturità, quanto la capriola di lingua e stile in direzione prosastica. Così netta da spingere il grande Isella a mettere in dubbio la paternità montaliana delle liriche pubblicate postume.
Nell’ultima stagione Montale radicalizza la tendenza prosastica già presente in Satura e abbandona la riflessione teorica, attestandosi su posizione note. Con una svolta radicale si dedica a “un’arte povera” (l’espressione è sua). Poesie scritte “in pigiama”: rime facili, stile cronachistico, soggetti poco significativi, tono dimesso quasi informe.

Qual è il motivo del cambio di rotta?

Montale abbandona la polisemia del correlativo oggettivo e l’ipotesi di un varco esistenziale. Infatti ritiene che la poesia debba omologarsi alla mancanza di significato di una contemporaneità, che celebra il “trionfo della spazzatura”. La radicale svolta stilistica, dunque, è un modo per essere al passo con i tempi di cui però non condivide l’orizzonte valoriale. Ricordiamo che “il trionfo della spazzatura” venne da lui profetizzato con rara lungimiranza nel discorso tenuto nel 1975 in occasione del premio Nobel: È ancora possibile la poesia?. Una società dominata da spettacolarizzazione e consumismo; una società in cui l’arte è schiava del mercato; una società stordita da un’informazione pervasiva destinata a sostituire l’interesse con l’indifferenza. Ecco lo scenario dell’immediato futuro in cui forse non ci sarà più spazio per la poesia.

Montale e Pasolini

Anche Pier Paolo Pasolini argomenta le sue valutazioni negative e provocatorie sulla civiltà dei consumi in una serie di articoli apparsi sul "Corriere della Sera" nel 1974. La sua tesi è che il consumismo, basato su un processo di omologazione, costringe l’individuo alla perdita della propria identità.
Tra Montale e Pasolini non corre buon sangue. Duellarono a lungo nel 1971 a colpi di polemici articoli giornalistici. Ma questa è un’altra storia.

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