Il 12 aprile si celebra l’ International Day of Human Space Flight, una giornata istituita dalle Nazioni Unite nel 2011 per ricordare quando, nel 1961, Yuri Gagarin portò a termine il primo volo orbitale attorno alla Terra viaggiando a bordo della navicella Vostok 1 (che tradotto dal russo significa “Oriente”).
Ricordiamo l’epopea delle missioni spaziali attraverso le interviste di Oriana Fallaci raccolte nello splendido libro Se il Sole muore (Rizzoli, 1965).
La Giornata internazionale dei viaggi dell’uomo nello spazio
L’intento di questa ricorrenza è quello di celebrare:
il contributo della scienza e della tecnologia spaziali nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e nell’aumento del benessere degli Stati e dei popoli.
Non dimentichiamo, però, il valore simbolico dell’evento. Sessantadue anni fa quei 108 minuti di volo segnarono la svolta epocale che avrebbe mutato per sempre la percezione umana dello spazio. L’impresa compiuta da Gagarin entrò nella Storia, l’aviatore e cosmonauta russo fu ufficialmente il primo uomo a raggiungere lo Spazio. Il giorno successivo i giornali titolavano a caratteri cubitali: “Man enters in Space”. Si era appena compiuto qualcosa di incredibile, di quasi irreale, che superava il labile confine tra scienza e fantascienza.
Da lassù Gagarin aveva avuto la possibilità di vedere una cosa mai vista, i suoi occhi si spalancavano d’un tratto sull’infinito. Nella comunicazione diretta con Mosca disse che il panorama era “assolutamente bello e nuovo”.
Il viaggio di Gagarin aveva dimostrato che l’essere umano poteva varcare la frontiera terrestre, esplorare l’inaudito e poi fare ritorno sano e salvo. Il cosmonauta, dopo la sua passeggiata nell’orbita, decollò con un paracadute nella regione di Smeloska a pochi passi da un contadino e da una mucca che lo osservarono con stupore.
Il successo del folle volo di Gagarin aprì ufficialmente la strada alle cosiddette missioni spaziali, segnando l’inizio dell’epopea dell’uomo nello spazio. Quel 12 aprile 1961 iniziò una nuova era.
Nella Giornata Internazionale dei viaggi dell’uomo nello spazio non possiamo non citare lo splendido libro di Oriana Fallaci, Se il Sole muore (Rizzoli, 1965), una raccolta di aneddoti e interviste frutto di anni di lavoro che ci accompagna nel cuore della trasformazione tecnologica in atto.
Cosa provava l’uomo in quell’epoca sfidante in cui la Luna non era più un miraggio né un sogno, ma diventava improvvisamente un approdo concreto, una destinazione raggiungibile? Oriana Fallaci ce lo racconta attraverso le parole degli astronauti, i protagonisti indiscussi di quest’epoca unica nella storia umana.
Se il Sole muore: il viaggio dell’uomo nello spazio
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Per approfondire la storia delle missioni spaziali non c’è senza dubbio libro migliore. Se il Sole muore ci trascina nel cuore pulsante dell’epopea dell’uomo nello spazio raccontandoci il brivido della scoperta, la febbrile ricerca scientifica ma, soprattutto, la “paura” ed è proprio nella capacità di sviscerare a fondo questo sentimento così oscuro, sfuggente, torbido che Oriana Fallaci fa centro regalandoci un’opera degna di nota.
Nelle sue interviste la giornalista toscana, che all’epoca aveva trentacinque anni, riesce a dare corpo alle domande della gente comune, a rispondere alle curiosità che attanagliavano le menti di tutti in quel periodo grandioso, sfidante, ma anche carico di grande sgomento e incertezza. La voce e la penna di Oriana non trasformano gli astronauti in eroi senza macchia e senza paura, ma li spogliano della loro splendente corazza per mettere a nudo la loro umanità anche nella sua forma più negletta.
Gagarin insegue Oriana come uno spettro, è infatti il successo dell’impresa del cosmonauta russo che conduce la Fallaci a interrogarsi: “Dove ci porterà questo andare?” si domanda, definendo a suo tempo la scienza come un “bambino curioso, ma incosciente”. La giornalista pone domande agli altri, ma in primis a sé stessa postulando interrogativi non solo scientifici, ma anche etici e morali. Al dottor Von Braun, il capostipite del programma spaziale statunitense, Oriana ha il coraggio di porre domande su Dio. Nel corso della conversazione non lo incensa e non lo elogia, ma lo fa apparire come un uomo megalomane che aveva cieca fede nella scoperta, credeva nelle “magnifiche sorti e progressive” del futuro e non nel passato, e credeva di essere persino investito dell’aiuto di Dio nella sua missione, perché secondo Von Braun “non c’è scienziato degno di questo nome che riesca a spiegar la natura senza la nozione di Dio”.
Dopo la riuscita dell’impresa di Gagarin si era scatenata come una febbre che aveva contagiato tutti, sino a portare a quel fatidico 20 luglio del 1969 con l’approdo di Neil Armstrong sulla Luna.
Ma com’era Neil Armstrong nelle parole di Oriana? Non ne esce un bel ritratto, ma del resto è proprio in questa sua capacità di dire la verità in modo spietato che Se il Sole muore trova la propria forza narrativa. Non è un libro di scienza né di fantascienza, ma racconta la missione nello spazio in tutto il suo sconcertante ed epico realismo.
Un’epoca irripetibile in cui il futuro appariva a portata di mano, era luminoso e spaventoso come un oracolo. C’era la convinzione, dopo quel viaggio di Gagarin, che l’uomo potesse “vivere ovunque” e che presto l’avrebbe fatto, avrebbe colonizzato persino la Luna.
Scrive Oriana:
Una volta fornito l’involucro terrestre, l’uomo può vivere ovunque. E lo farà. Ci abitueremo alla Luna come ci siamo abituati agli aerei.
Se il Sole muore: l’intervista a Neil Armstrong?
Dopo Yuri Gagarin venne Neil Armstrong, ad oggi l’astronauta più celebrato e più ricordato. Armstrong è l’eroe della Luna, ma nelle parole di Oriana Fallaci non viene ritratto esattamente così.
Subito lei lo svilisce traducendo in italiano il suo cognome: “Braccioforte”, che potrebbe essere un epiteto eroico ma in realtà fa sorridere, soprattutto perché la Fallaci lo descrive in maniera impietosa con i capelli color pel di carota, con un che di debole, timido e femmineo nell’aspetto. In aggiunta ha un sorriso forzato, smarrito: insomma non c’è nulla che comunichi forza e coraggio nella sua persona. Non è esattamente “l’eroe dei due mondi” quello che Oriana Fallaci ritrae con molta poca indulgenza; anzi lo delinea in due parole che sembrano un colpo di mitraglia:
A cold, calculating guy.
Un ragazzo freddo, calcolatore. Già la premessa non è buona, ma il peggio arriva quando Armstrong smette di sorridere e apre bocca, iniziando a rispondere alle domande. Allora davvero la giornalista lo mette alla gogna.
Se l’umanità del futuro sarà un esercito disciplinato di creature asettiche, cervelli elettronici, Neil Armstrong è già il futuro. Niente lo interessa fuorché volare.
L’Uomo della Luna nelle parole di Oriana Fallaci diventa un robot, un creatura asettica che non sa apprezzare la gioia di un concerto, di un libro e neppure il romanticismo insito nella parola “astronauta”. Neil Armstrong dunque non è un avventuriero, ma un impiegato che semplicemente è stato spostato da “un ufficio all’altro”.
Ed è curioso pensare che proprio quest’uomo compirà il “grande passo per l’Umanità”, frase che - ci ricorda Oriana - è assolutamente non ispirata e non sua. Armstrong non credeva alle fanfare sulla Luna - che invece la giornalista alimenta, cogliendo l’unicità dell’impresa - e si limita a fare ciò che è “tecnicamente indispensabile” per svolgere il suo lavoro. Nelle parole di Oriana, quindi, Armstrong non è né Achille né Odisseo e ha molto a cuore la propria pelle, non intende affatto immolarsi per il sogno vano della Luna.
Dinnanzi a un’Oriana letterata che elogia il “sacrificio dell’eroe”, ed è già pronta a immolarsi alla causa, Armstrong senza scomporsi risponde:
Fra morire collaudando un jet e morire sulla Luna, io scelgo di morire collaudando un jet. Lei no?
Parola di Neil Armstrong, il primo uomo sulla Luna. Forse per varcare le frontiere spaziali bisogna essere proprio così: freddi, calcolatori, razionali fino allo stremo, e soprattutto aver ben saldi i piedi per terra.
Nella Giornata internazionale dell’Uomo nello Spazio possiamo ricordare ancora quel sogno, l’audace, strenuo tentativo dell’essere umano di raggiungere la Luna a dispetto di ogni sabotaggio, a dispetto di ogni paura o sospetto.
L’abbiamo ancora oggi quel sogno, quell’ambizione sfrenata di varcare i limiti dell’umano?
Era un’epoca di grande esplorazione dell’ignoto; ci racconta una fame d’assoluto che oggi un poco ci manca perché siamo posti di fronte a verità che ci lasciano sempre più disillusi. Oriana Fallaci, però, in Se il Sole muore era riuscita a cogliere l’irripetibilità di un’epica umana, scrivendo un libro spaziale.
L’ultima dedica, posta in esergo del libro, recitava così:
Ai miei amici astronauti che vogliono andar sulla Luna perché il Sole potrebbe morire.
Veniva spiegato il significato del titolo Se il Sole muore, che improvvisamente, in quest’epoca di cambiamenti climatici e stravolgimenti apocalittici, appare attuale. La differenza è in quegli anni pioneristici la Luna veniva vista come una possibile salvezza, mentre oggi l’Umanità ha imparato a confrontarsi con un concetto all’epoca ancora sconosciuto, quello del “limite” e della propria impotenza.
Rimane una grande verità, cui Oriana - la bambina che credeva nelle stelle - non voleva credere ma che ammetteva: gli uomini avranno sempre gli stessi problemi, sulla Terra come sulla Luna, saranno sempre malati e cattivi. Se il Sole muore viene strutturato soprattutto come un dialogo tra due generazioni, quella dell’autrice e quella di suo padre. Non ci sono vincitori né vinti alla fine, ma viene ritratta l’umanità “fallibile” dell’impresa: Oriana compie il suo personalissimo viaggio nello Spazio restando sulla terra e permette, anche a noi lettori, di orbitare con lei.
Oggi, nell’International Day of Human Space Flight ormai così poco celebrato e ricordato, potremmo chiederci se le nuove generazioni abbiamo ancora quella fede cieca e tenace nel futuro, oppure se gli è stata spenta anche la Luna.
Resta intatto il fascino di un’impresa irripetibile, che ebbe inizio proprio il 12 aprile 1961, una data ammantata dalla luce aurorale delle cose nuove, che hanno appena cominciato ad esistere e sono avvolte nello splendore dorato di un sogno non ancora destinato a essere infranto.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Se il Sole muore”: il libro di Oriana Fallaci sull’epopea dell’Uomo nello Spazio
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