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Romana Petri e i valori della Resistenza: un’intervista su “Alle Case Venie”

Forse si può dire che tutto quel che oggi abbiamo lo dobbiamo proprio a quei coraggiosissimi patrioti che hanno salvato il nostro presente quando era ancora futuro.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 25-04-2017

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Romana Petri e i valori della Resistenza: un'intervista su “Alle Case Venie”

Romana Petri è nata a Roma e vive tra questa città e Lisbona. Ha ottenuto numerosi premi come il Mondello, il Rapallo Carige, il Grinzane Cavour e il Bottari Lattes. È stata due volte finalista al Premio Strega. Traduttrice, editrice e critico letterario collabora con Tuttolibri La Stampa, il Venerdì di Repubblica, Corriere della Sera e Il Messaggero. I suoi testi sono tradotti in varie lingue e venduti in Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Spagna, Serbia, Olanda, Germania e Portogallo. Tra le sue opere: “Ovunque io sia” (BEAT 2012), “I padri degli altri”, “La donna delle Azzorre”, “Dagoberto Babilonio”, “Un destino”, “Esecuzioni”, “Tutta la vita” (il seguito di “Alle Case Venie”), “Figli dello stesso padre” e “Giorni di spasimato amore”. Con Neri Pozza ha pubblicato “Le serenate del Ciclone” (2015).
BEAT, nella collana Superbeat, ha da poco rieditato il romanzo “Alle Case Venie” (2017, pp. 224, euro 9,00) pubblicato per la prima volta da Marsilio nel 1997, con il quale ha vinto il Premio Rapallo-Carige 1997, il Premio Palmi, ed è stata finalista al Premio Strega 1998.

  • Il podere umbro le Case Venie vicino a Città della Pieve, negli anni tra il 1943 e il 1945, vede svolgersi la storia di Alcina, straordinaria figura femminile, attaccata al passato e alla sua terra il cui destino però è fuori dall’Italia, in un Paese situato alla fine del mondo.

“E con quel sorriso sulle labbra si incamminò lungo il viale”.
“Di Alcina in paese dicevano che era strana, perché guidava il vecchio furgone del padre e perché alla sua età non aveva ancora preso marito senza darsene alcun pensiero”.

Chi è Alcina?

È un personaggio immaginario. O forse il tipo di donna che mi sarebbe piaciuto essere. Non che sia una donna modello, ma è forte, brusca, sensibile ma senza darlo troppo a vedere, fatta di molti sentimenti rimescolati. E poi perché è forte in quanto combatte sempre, senza mai sosta, contro le sue paure.

“Ti aspettavo Alcina, vieni qui”.

  • Che cosa rappresenta il dialogo di Alcina con lo spettro del padre Astorre scomparso da qualche anno?

Alcina, lo dice lo stesso nome ariostesco, è un po’ maga. È in ogni caso una sensitiva. Che l’incontro con il padre sia vero o di sua immaginazione, Alcina ha un legame profondo con i suoi morti, non riesce a staccarsene, soprattutto dal padre che a lei per certi versi, era molto simile. Il loro era stato un magnifico rapporto un po’ guastato dalle diverse idee politiche. Ora Astorre, dopo morto, ci ha ripensato, dà ragione alla figlia. Ma sa anche che la figlia contro quel fascismo sta lottando. Forse si mostra a lei nell’inutile, ma amoroso tentativo, di difenderla anche oltre la tomba.

“Astorre era un uomo dalla corporatura immensa che amava parlare con toni pieni di vigore. Raccontava della sua giovinezza a Perugia, delle scazzottate davanti al bar Vitalesta”.

  • È evidente la somiglianza tra Astorre e Suo padre Mario Petri, pseudonimo di Mario Pezzetta (Perugia, 21 gennaio 1922 - Città della Pieve, 26 gennaio 1985), basso-baritono e attore rievocato nel volume metà romanzo e metà memoir familiare “Le serenate del ciclone”. Ce ne vuole parlare?

Come ho detto nell’epilogo del mio ultimo romanzo “Le serenate del Ciclone”, per scriverlo ho dovuto aspettare 25 anni, ma mio padre era già apparso clandestinamente in molti altri miei romanzi, anche in “Esecuzioni”. Ho spesso parlato di lui nei miei libri. Ma per scrivere un romanzo su di lui ho dovuto aspettare molto, farmi un po’ più forte, riuscire a sopportarne il peso.

  • “Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza” diceva Sandro Pertini, Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985, ex comandante partigiano. Concorda con la riflessione di Pertini pensando anche al fratello di Alcina, Aliseo, descritto come “uno che ha la testa nel vento”?

Le morti sono sempre strazianti, soprattutto quelle dei giovani. Non c’è dubbio che sia così. E quel che più mi rattrista è che non so per quale ragione, ma anche quando si muore per una giusta causa, mi sembra sempre che la morte sia un grandissimo spreco.

  • La Resistenza, un momento tragico della storia nazionale, ma necessario per la trasformazione della società italiana e la costruzione di una democrazia repubblicana. A più di settant’anni dal 25 aprile 1945, quanto è ancora importante per le giovani generazioni conoscere la storia di quei ragazzi come Aliseo e Spaltero e di quelle ragazze come Alcina, che lottarono per la Liberazione difendendo il valore fondamentale della libertà?

È importantissimo che i giovani di oggi (così protetti in tutto e così fragili, chissà, magari proprio per questo) sappiano cosa c’è dietro alla loro vita tanto privilegiata. Certe letture e certi film dovrebbero essere introdotti nelle scuole proprio per non far dimenticare un pezzo della storia passata, ma in fondo ancora così recente. Ne abbiamo raccolto molti frutti dalla Resistenza. Forse si può dire che tutto quel che oggi abbiamo lo dobbiamo proprio a quei coraggiosissimi patrioti che hanno salvato il nostro presente quando era ancora futuro.

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