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Aforismi e frasi celebri

Primo Levi: le frasi più belle per ricordarlo nel 100° anniversario della nascita

Chimico, partigiano, scrittore, uomo. Nel centesimo anniversario dell nascita ricordiamo Primo Levi: ecco le frasi più belle da rileggere.

Serena Di Battista
Serena Di Battista Pubblicato il 31-07-2018

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Primo Levi: le frasi più belle per ricordarlo nel 100° anniversario della nascita

Il 31 luglio 1919 nasceva Primo Levi, uno degli scrittori e intellettuali più significativi del nostro paese.
Levi è stato un chimico, un partigiano partigiano e uno scrittore, noto in tutto il mondo per la sua opera d’esordio, Se questo è un uomo, il racconto memorialistico dell’esperienza nel Lager Buna-Monowitz, uno dei campi “satellitti” di Auschwitz.

Lo ricordiamo a novantanove anni dalla nascita con alcune delle sue frasi più belle, ma non prima di aver ripercorso insieme la sua vita.

Vita di Primo Levi

Nato a Torino il 31 luglio 1919 da una famiglia "di razza ebraica", studiò chimica all’ Università degli Studi di Torino. Durante il suo percorso di studi, però, in Italia entrarono in vigore le leggi razziali, che impedivano agli ebrei di accedere agli studi, ma concedevano a chi era già iscritto di proseguire il percorso universitario.L’ autore quindi riuscì lo stesso a portare a termine il percorso accademico, laureandosi a pieni voti nel 1941.

A Milano, dove si recò per cercare lavoro, entrò in contatto con la militanza antifascista e si unì al Partito d’Azione clandestino. Nel dicembre 1943 venne arrestato dalla milizia fascista. All’interrogatorio Levi si dichiarò ebreo invece che partigiano; fu quindi portato al campo di Fossoli, in provincia di Modena, e successivamente ad Auschwitz, dove arrivò nel febbraio1944.

Fu poi spostato al campo Buna-Monowitz, anche noto come Auschwitz III, dove, essendo un chimico, ottenne un incarico come specialista di laboratorio. Questo gli permise di ottenere condizioni di vita meno faticose, rispetto agli atri detenuti, e gli diede accesso a materiale di contrabbando.

La prigionia durò circa un anno, sino al gennaio 1945, quando l’Armata Rossa raggiunse il lager. Una circostanza particolare, una malattia per la quale era ricoverato in infermeria, gli permise di salvarsi dalla terribile marcia di evacuazione messa in atto dai tedeschi per sgomberare il campo e che fu fatale per tantissimi detenuti, già debilitati e allo stremo delle forze.

Di nuovo in Italia, Primo Levi avviò la sua produzione letteraria. La sua prima opera memorialistica in cui narrava l’esperienza della prigionia era Se questo è un uomo.

Inizialmente però il testo si intitolava I sommersi e i salvati e fu rifiutato da diversi editori, tra cui Einaudi. L’autore si rivolse allora alla piccola casa editrice torinese De Silva, diretta da Franco Antonicelli, che scelse di pubblicare il manoscritto sostituendo il titolo con quello che conosciamo noi oggi.
Einaudi pubblicò Se questo è un uomo soltanto nel 1958, nella collana della saggistica, con uno scritto di Calvino.

Primo Levi morì a seguito di una caduta (tra le ipotesi, il suicidio), l’11 aprile 1987, nella sua casa natale.

Primo Levi: le opere più importanti

L’Olocausto e la prigionia rimangono i temi principali nella produzione letteraria di Primo Levi, che gli valse numerosi riconoscimenti e premi. Tra le sue opere più importanti e note ricordiamo:

  • Se questo è un uomo, 1947
  • La tregua, 1963
  • Il sistema periodico 1975
  • La chiave a stella 1978
  • Se non ora, quando? 1982
  • I sommersi e i salvati, 1986

Primo Levi: le frasi più belle per ricordare lo scrittore

  • Al fascismo di oggi manca soltanto il potere per ridiventare quello che era, e cioè la consacrazione del privilegio e della disuguaglianza.
  • Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.
  • L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria.
  • Per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo.
  • Quest’anno è passato presto. L’anno scorso a quest’ora io ero un uomo libero: fuori legge ma libero, avevo un nome e una famiglia, possedevo una mente avida e inquieta e un corpo agile e sano. Pensavo a molte lontanissime cose: al mio lavoro, alla fine della guerra, al bene e al male, alla natura delle cose e alle leggi che governano l’agire umano; e inoltre alle montagne, a cantare, all’amore, alla musica, alla poesia. Avevo una enorme, radicata, sciocca fiducia nella benevolenza del destino, e uccidere e morire mi parevano cose estranee e letterarie. I miei giorni erano lieti e tristi, ma tutti li rimpiangevo, tutti erano densi e positivi; l’avvenire mi stava davanti come una grande ricchezza. Della mia vita di allora non mi resta oggi che quanto basta per soffrire la fame e il freddo; non sono più abbastanza vivo per sapermi sopprimere.
  • Devo dire che l’esperienza di Auschwitz è stata tale per me da spazzare qualsiasi resto di educazione religiosa che pure ho avuto. [...] C’è Auschwitz, quindi non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo
  • Ognuno è ebreo di qualcuno... oggi i palestinesi sono gli ebrei di Israele.
  • Auschwitz è fuori di noi, ma è intorno a noi. La peste si è spenta, ma l’infezione serpeggia.
  • Se non altro perché un Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe oggi parlare di Provvidenza.
  • Pena e dispetto come fanno i malati, che anche se uno non gli vuole bene finisce col dare una mano perché guariscano, così almeno non si lamentano più.
  • Tutti coloro che dimenticano il loro passato, sono condannati a riviverlo.
  • I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere veramente pericolosi; sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e ad obbedire senza discutere.
  • Oggi è domenica lavorativa, Arbeitssonntag: si lavora fino alle tredici, poi si ritorna in campo per la doccia, la rasatura e il controllo generale della scabbia e dei pidocchi, e in cantiere, misteriosamente, tutti abbiamo saputo che la selezione sarà oggi. La notizia è giunta, come sempre, circondata da un alone di particolari contraddittori e sospetti: stamattina stessa c’è stata selezione in infermeria; la percentuale è stata del sette per cento del totale, del trenta, del cinquanta per cento dei malati. A Birkenau il camino del Crematorio fuma da dieci giorni. Deve essere fatto posto per un enorme trasporto in arrivo dal ghetto di Posen. I giovani dicono ai giovani che saranno scelti tutti i vecchi. I sani dicono ai sani che saranno scelti solo i malati. Saranno esclusi gli specialisti. Saranno esclusi gli ebrei tedeschi. Saranno esclusi i Piccoli Numeri. Sarai scelto tu. Sarò escluso io.
  • Perché certe imprese per capirle bisogna farle, o almeno vederle
  • Parte del nostro esistere ha sede nelle anime di chi ci accosta: ecco perché è non-umana l’esperienza di chi ha vissuto giorni in cui l’uomo è stato una cosa agli occhi dell’uomo.
  • Tutti scoprono, più o meno presto nella loro vita, che la felicità perfetta non è realizzabile, ma pochi si soffermano invece sulla considerazione opposta: che tale è anche una infelicità perfetta.
  • Meglio sbagliare per omissione che per commissione: meglio astenersi dal governare il destino degli altri, dal momento che è già così difficile ed incerto pilotare il proprio.
  • Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo.
  • A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente; si manifesta solo in atti saltuari e incoordinati, e non sta all’origine di un sistema di pensiero. Ma quando questo avviene, quando il dogma inespresso diventa premessa maggiore di un sillogismo, allora, al termine della catena, sta il Lager. Esso è il prodotto di una concezione del mondo portata alle sue conseguenze con rigorosa coerenza: finché la concezione sussiste, le conseguenze ci minacciano. La storia dei campi di distruzione dovrebbe venire intesa da tutti come un sinistro segnale di pericolo.
  • Accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso.
  • Non esistono problemi che non possano essere risolti intorno a un tavolo, purché ci sia volontà buona e fiducia reciproca: o anche paura reciproca.
  • Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice
  • Se dall’interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui.
  • Oggi io penso che, se non altro per il fatto che un Auschwitz è esistito, nessuno dovrebbe ai nostri giorni parlare di Provvidenza: ma è certo che in quell’ora il ricordo dei salvamenti biblici nelle avversità estreme passò come un vento per tutti gli animi.

Vi consigliamo di rileggere anche il testo di Shemà, la famosissima poesia di apertura del libro "Se questo è un uomo".

Voi cosa avete letto di Primo Levi? Fatecelo sapere nei commenti, vi aspettiamo!

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Primo Levi: le frasi più belle per ricordarlo nel 100° anniversario della nascita

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