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“Piazza Fontana per chi non c’era” di Mario Consani ricorda ai giovani la strage che inaugurò gli anni di piombo

Mario Consani propone un vademecum per i più giovani, un libro semplice e chiaro, pubblicato per Nutrimenti, che tenta di spiegare cosa avvenne il 12 dicembre del 1969.

Alessandra Stoppini
Alessandra Stoppini Pubblicato il 12-12-2019

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“Piazza Fontana per chi non c'era” di Mario Consani ricorda ai giovani la strage che inaugurò gli anni di piombo

Piazza Fontana per chi non c’era (Nutrimenti 2019, Prefazione di Giuseppe Sala, Con un’intervista a Guido Salvini, pp. 160, 12,00 euro) di Mario Consani ricorda “Cosa c’è da sapere su una pagina decisiva della nostra storia”, come recita il sottotitolo del testo.

È scoppiata una caldaia! No, era proprio una bomba

La bomba che cambiò l’Italia e che tolse l’innocenza alla nostra giovane democrazia, scoppiò esattamente cinquant’anni fa, venerdì 12 dicembre 1969, alle 16:37.
Milano, Banca nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana, diciassette morti e un’ottantina di feriti, la prima tragedia civile del dopoguerra, l’avvio della strategia della tensione, una bomba, diranno le sentenze, messa e fatta esplodere dai neonazisti veneti. Lo ricorda chi c’era, lo sanno in pochi tra quelli cresciuti dopo.
Mario Consani nel volume dedicato “Ai ragazzi curiosi come Valentina e Simone (spero)” scrive tutto quello che c’è da sapere su Piazza Fontana senza saperne troppo, una specie di vademecum per i non addetti ai lavori e soprattutto per le giovani generazioni.

Non è semplice addentrarsi in questa vicenda complicata, piena di nomi e cognomi, ricca di protagonisti tra i buoni e i cattivi, una storia che richiede attenzione e pazienza, ma che va conosciuta almeno a grandi linee, se si vuole comprendere anche la storia della nostra vita sociale e politica. Consani, giornalista de “Il Giorno”, nell’Introduzione al testo, precisa che il saggio storiografico, ma accessibile al grande pubblico, è una lettera sulle stragi consegnata a mano ai figli del nuovo millennio, prima che sia troppo tardi. Del resto, come diceva Leonardo Sciascia:

questo è un paese senza verità e senza memoria: per questo cerco di non dimenticare.

C’è un bisogno incredibile di memoria nel nostro Paese, in questo particolare momento storico, dove, l’ha appena rilevato il 53° Rapporto del Censis, la nostra è una società ansiosa e macerata dalla sfiducia. Ma non tutto è perduto.

L’Italia giunge al cinquantesimo anniversario della strage di Piazza Fontana in un contesto civile e politico frammentato, nel quale è difficile per chiunque intravvedere il futuro

Così scrive nella prefazione il Sindaco di Milano Beppe Sala. Ma “un futuro ci sarà, e sarà positivo, perché le energie di questo Paese sono estese e profonde”. Questa fondamentale fiducia nel domani, rende necessario oggi raccontare il passato, rivivere le vicende positive e drammatiche della nostra storia con strumenti adeguati a un pubblico che non li ha vissuti in prima persona. Ecco dunque l’importanza di un libro come questo, che ricorda a chi allora non c’era, la strage di Piazza Fontana.

È venerdì pomeriggio e c’è un po’ di nebbia, è quasi Natale a Milano, in Piazza Fontana. C’è un uomo, con una borsa di pelle color marrone. Cammina normalmente, senza fretta. Apre la porta a vetri e s’infila nel grande atrio della Banca nazionale dell’Agricoltura. Sono già passate le 16, eppure lì dentro è ancora pieno di gente. È venerdì, ma quella è l’unica banca che non chiude in città. Lo sanno tutti che ogni venerdì il grande salone a cupola ospita una specie di mercato settimanale, che pullula di presenze contadine e risuona di voci che parlano di polli e di maiali, di cavoli e di verze, che contrattano partite di ortaggi, firmano cambiali, si scambiano prezzi e informazioni. È tutta gente che viene dalla provincia, quella. Contadini, allevatori, mediatori agricoli o immobiliari, piccoli risparmiatori di campagna. Gente che magari il venerdì si mette il vestito buono della festa, perché deve andare in città, meglio ancora se è quasi Natale e ci sono le vetrine più addobbate del solito.
È venerdì 12 dicembre, sono quasi le 16:30 e nessuno pensa di poter morire lì, nel grande salone della banca, in piazza Fontana. L’uomo con la borsa di pelle si confonde nel via vai disordinato di quella specie di fiera paesana. Si sbottona il cappotto e poi si toglie il cappello, si siede in uno dei posti liberi attorno all’enorme tavolo ottagonale con il piano di vetro che domina il centro del salone, proprio in corrispondenza della cupola. Appoggia la borsa per terra, un po’ riparata dagli sguardi di chi è seduto vicino a lui. Non servirebbe nemmeno. Nessuno farà mai caso a quella borsa, una delle tante nella stanza piena di gente. Da quella borsa, alle 16:37, in un istante una bomba provocherà un lampo, un rumore assordante e la morte di 17 persone innocenti. Quel lampo, a distanza di cinquant’anni, dopo tre processi, è ancora impunito.

Ciò che si può dire subito, senza attendere notizie più precise e indagini più approfondite, è che gli attentati di questa sera di dicembre sono attentati alla democrazia. Vedremo poi se essi sono più vicini all’incendio del Reichstag o alla strage del Diana, ma si può essere sicuri che chi ne è l’autore è contro il regime parlamentare, contro le libertà democratiche, contro tutto ciò che abbiamo faticosamente, con sangue e pena, costruito dalla bella primavera del ’45. Né vi può essere il minimo dubbio che chi ha organizzato gli attentati mirava a provocare una profonda emozione nel paese da sfruttare a fini politici. (Giorgio Bocca “Il Giorno”)

La lista delle vittime della strage di Piazza Fontana: Giovanni Arnoldi, 42 anni, Giulio China, 57 anni, Eugenio Corsini, 71 anni, Pietro Dendena, 45 anni, Carlo Gaiani, 57 anni, Calogero Galatioto, 77 anni, Carlo Garavaglia, 67 anni, Paolo Gerli, 77 anni, Luigi Meloni, 57 anni, Vittorio Mocchi, morirà a 47 anni, Gerolamo Papetti, 79 anni, Mario Pasi, 50 anni, Carlo Luigi Perego, 74 anni, Oreste Sangalli, 49 anni, Angelo Scaglia, 61 anni, Carlo Silva, 71 anni, Attilio Valè, 52 anni. La diciottesima vittima: Giuseppe Pinelli, 41 anni.

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