La morte di Pasolini fu improvvisa, scandalosa, una “storia sbagliata” da non raccontare. Ma non fu davvero la fine di tutto. Diciassette anni dopo, inaspettatamente, i lettori avrebbero potuto leggere il libro testamento del poeta civile del Novecento: Petrolio, un’opera misteriosa, stratificata, complessa, che tuttora si propone come un enigma da disbrogliare in continuo dialogo con la contemporaneità. Lo avrebbe pubblicato Einaudi nel 1992 (con la curatela di Maria Careri e Graziella Chiarcossi) e il libro sarebbe esploso come una bomba nella società italiana: anche da morto Pasolini faceva scandalo, continuava a far discutere, persino con un romanzo incompiuto, uno strano libro ibrido tra fiction, saggio, memoir e pamphlet politico. C’è chi ancora rintraccia nell’intricata trama dell’opera postuma l’oscura pista che svela la vera ragione della morte di Pasolini: tra sentenze contraddittorie e piste fuorvianti non si è mai giunti a una verità effettiva, qualcuno rintraccia nel movente del delitto il libro che l’autore stava scrivendo. Petrolio potrebbe essere la ragione della morte improvvisa, violenta, di Pier Paolo Pasolini. Un delitto compiuto per impedirgli di portare a termine il lavoro, di concludere il “grande libro” iniziato nel 1972.
Nell’anniversario della nascita di Pasolini ricordiamo il valore del suo romanzo visionario, un libro oggi considerato quasi profetico e ripubblicato da Garzanti in occasione dei 100 anni di Pasolini nel 2022. Di certo la sua opera più attuale, scopriamo perché.
“Petrolio”: l’ultimo romanzo di Pier Paolo Pasolini
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Intanto merita una menzione la singolare struttura narrativa di Petrolio. L’ultimo libro di Pasolini si apre con un appunto, che in realtà è una nota di pagina alquanto singolare:
Questo libro non comincia.
E, di fatto, nemmeno finisce. Il manoscritto di Petrolio era un gigantesco cumulo di carte, appunti, bozze, pagine volanti, un insieme eterogeneo di frammenti; nelle intenzioni di Pasolini doveva essere un “metaromanzo filologico”. La sua stessa forma narrativa appare labirintica, una matassa impossibile da disbrogliare. Già la prima edizione, edita da Einaudi nel 1992, si proponeva come “non definitiva”. Nemmeno l’ultima edizione, edita da Garzanti nel 2022 con una postfazione a cura di Walter Siti, lo è. Probabilmente non esisterà mai una versione definitiva di una simile opera.
Forse dovremmo leggere Petrolio, anzitutto, come un’operazione artistica visionaria che dunque, per definizione, si svincola da qualsiasi presupposto formale.
Nelle pagine si intrecciano varie trame che si sovrappongono tra loro senza tuttavia mai confondersi: c’è la vicenda politica legata alle oscure macchinazioni dell’Italia post boom economico (che molti considerano la parte predominante, mentre altri ritengono marginale); c’è l’iniziazione erotica del protagonista Carlo; lo sdoppiamento del protagonista stesso che, a un certo punto, diventa persino donna. L’hanno definito un libro sul Potere, ma anche un libro psicologico e antropologico che indaga il mistero insondabile della nascita o della “rinascita” intesa come rito di passaggio. La verità è che ciascuno interpreta il “non finito” di Petrolio attraverso la lente del proprio sguardo e l’unica persona che potrebbe svelarci l’arcano significato dell’opera, ovvero l’autore, non è più tra noi e sembra bearsi di lasciarne intatto il mistero.
Pier Paolo Pasolini iniziò a scrivere Petrolio nella primavera del 1972, in seguito a un fatto di ordinaria quotidianità: in un appunto, come esplicita la nota al testo a cura di Maria Careri, l’autore scrive di aver concepito il testo mentre leggeva un articolo dell’Unità; a un certo punto gli caddero gli occhi sulla parola “petrolio” e, proprio a partire da quel termine, avrebbe in seguito sviluppato il nucleo principale del romanzo.
Pasolini e la scrittura di “Petrolio”
Vi avrebbe lavorato alacremente soprattutto tra la primavera del 1973 e l’estate del 1974 (a quest’ultimo periodo risale soprattutto la trama politica legata agli intrighi di potere), interrompendosi nel mese di dicembre di quello stesso anno. Alla sua morte, avvenuta nella notte tra l’1 e il 2 novembre del 1975, dunque Pasolini non stava più lavorando al suo “grande libro” da molto tempo; l’opera era rimasta incompiuta, magari castigata nel fondo di un cassetto, momentaneamente accantonata per fare spazio a nuovi impegni, nuovi progetti, lavori forse ritenuti più urgenti. Tuttavia pare, secondo la testimonianza del fotografo Dino Pedriali, che Pasolini non si fosse mai allontanato dall’idea del romanzo perché, proprio il giorno prima di morire, gli chiese delle foto per realizzare un esperimento visivo che avrebbe poi utilizzato nella scrittura dell’opera “alla quale stava lavorando”.
In una lettera ad Alberto Moravia - posta dalla nuova edizione Garzanti come prefazione del romanzo - Pasolini confessava che il protagonista Carlo gli era talmente “ripugnante” da ritenere di non poterci più convivere a lungo. In quella stessa lettera l’autore esplicita, soltanto in parte, le proprie intenzioni letterarie affermando che non intendeva creare un romanzo né una “macchina narrativa”, ma un’opera proiettata nel presente, strettamente legata al presente e per questo atemporale; questo intento spiega in parte la struttura singolare e ibrida dell’opera che sembra continuamente ricominciare quasi ritorcendosi su sé stessa e si presenta come una sovrapposizione continua di appunti.
Petrolio si configura come un’opera formulata sulla congettura, sull’ipotesi; ed è proprio questo a renderla, ancora oggi, affascinante, metamorfica e ancora aperta a una pluralità di interpretazioni. Era un “poema in forma di romanzo”, un’opera complessa e forse proprio per sua natura “incompiuta”, un esperimento narrativo che costringeva Pasolini a un costante e continuo lavoro sulla forma.
“Petrolio” di Pier Paolo Pasolini: la trama
Appunto per le ragioni appena descritte è difficile definire la trama di Petrolio o, se non altro, un filo conduttore “ideale” che governa il libro.
In sintesi, di cosa parla l’ultimo romanzo visionario di Pasolini? Molti critici preferiscono privilegiarne la trama ritenuta più avvincente, ovvero la parte politica, che si configura come una serie di inchieste giornalistiche legate all’omicidio di Enrico Mattei e alla mafia catanese dipanandosi in una sorta di spy story o, anche, come un’indagine sul Male e sulle relazioni tra Male e Potere.
Tuttavia non è da trascurare la parte identitaria, legata cioè allo “sdoppiamento identitario” dello stesso protagonista che si divide tra l’angelico Carlo di Polis e il diabolico Carlo di Tetis e, a un certo punto, guardandosi allo specchio - lo rivela l’Appunto 51 - scopre di essere diventato donna. Legata all’identità del protagonista si sviluppa anche la parte erotica e dell’ossessione sessuale con scene crude e apertamente pornografiche. Infine non è da trascurare la riflessione metaletteraria - alcuni episodi del romanzo sembrano ispirati a Dostoevskij, soprattutto a I Demoni, dei veri e propri pastiche letterari - che forse ci mettono davvero al centro della verità e degli intenti autoriali.
L’ultima opera di Pasolini è, in definitiva, un romanzo visionario, un tentativo di portare la letteratura alla sua massima potenza espressiva e di significato. L’autore voleva scrivere un’opera atemporale, proiettata nel presente nel momento stesso in cui accade. Forse dobbiamo leggere Petrolio anzitutto come un esercizio supremo di libertà - la libertà è la cifra stilistica predominante della sua scrittura. Il libro è anche una sintesi magistrale di pensiero creativo e, dunque, il tentativo di creare dal nulla “qualcosa di scritto”. Per il resto la sua incompletezza - probabilmente in parte voluta dallo stesso autore - custodisce intatto il suo mistero.
Come confessava Pasolini a Moravia, nella famosa lettera in cui annunciava la stesura del manoscritto, si trattava di un “romanzo antinarrativo”:
È un romanzo, ma non è scritto come sono scritti i romanzi veri...
Lo scrittore corsaro era consapevole di lasciarsi alle spalle un “romanzo rompicapo”, una scrittura insidiosa e labirintica che avrebbe dato del filo da torcere agli studiosi e anche ai lettori più temerari. Un romanzo “non romanzo”, una storia sbagliata, “da non raccontare”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Petrolio”: perché l’ultimo libro di Pier Paolo Pasolini è visionario
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