“E se non puoi la vita che desideri”: inizia con queste parole una delle più celebri poesie del greco Costantino Kavafis, sancendo il contrasto ineludibile tra vita ideale, sognata, e vita reale. Ciò che ci rende insoddisfatti, lamentosi, scontenti è tutto concentrato nel primo verso di Per quanto sta in te; questo il vero titolo della poesia che spesso viene confuso con il celebre incipit. Kavafis pone da subito il lettore dinnanzi a un dato di fatto, con una sentenza implacabile: “non puoi la vita che desideri” che sembra essere l’emblema del nostro scontento, la diapositiva fermo-immagine di una felicità sempre in fuga. Perché la famosa “vita desiderata” appare sempre a un passo da noi, ci scivola continuamente tra le dita, e non esiste uno stato di pura gioia che sia costante e duraturo. Per quale motivo non riusciamo a essere felici mai? Qual è la ragione del nostro eterno vagare?
Costantino Kavafis in questa poesia non ci offre risposte a domande universali e sempiterne, si limita a metterci in mano una bussola e chiuderci le dita attorno alla sua superficie liscia, rotonda, levigata, sino a farcene sentire il peso e poi dice due parole, solamente due parole, che però racchiudono il senso di ogni cosa.
Per quanto sta in te è tratta dalla raccolta Settantacinque poesie edita dalla casa editrice Einaudi.
Scopriamone testo, analisi e commento.
Per quanto sta in te di Costantino Kavafis: testo
E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.Non sciuparla portandola in giro
in balia del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.
Per quanto sta in te di Costantino Kavafis: analisi e commento
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Per quanto sta in te di Costantino Kavafis è una poesia quasi oracolare, intrisa della saggezza antica dei vecchi, usurata come una brocca sbeccata ma ancora buona a contenere l’acqua e a offrire da bere. Il consiglio che il poeta dà, in fondo, non è diverso da quello iscritto sul frontone del tempio di Apollo di Delfi: Nosci te ipsum, conosci te stesso, scruta dentro di te.
I versi del poeta greco appaiono come le parole di un vecchio che guarda con pacatezza melliflua l’agitarsi tumultuoso di un giovane tra i flutti della vita, in un via vai frenetico, alla costante ricerca di...di cosa esattamente?
Un vecchio saggio, immaginiamo sia un nonno amorevole o forse un rabdomante vagabondo che pronuncia parole dal peso eterno: “Per quanto sta in te, non sciuparla”. La chiave di volta di questa poesia, situata all’estrema intersezione tra mito, storia, realtà, pare situarsi in due semplici parole: “non sciuparla”, da ripetere all’infinito.
Questa la lezione oracolare pronunciata dall’Io lirico e il significato profondo della lirica di Kavafis che sembra provenire da un tempo remoto, eppure eternamente presente. Non ci sono domande esistenziali e neppure grandi risposte, ma un unico inderogabile imperativo: “Non sciuparla”, che equivale a non perderti, non smarrirti, non ti disunire, tieni ben salda la bussola che ti indica la strada, perché la strada sei tu.
L’invito di Kavafis è all’introspezione, al concentrarci su noi stessi e le nostre capacità. Sono parole che, a ben vedere, sembrano anticipare gran parte della psicologia moderna. Il poeta greco, come l’oracolo, rimette il destino nelle nostre mani: nosci te ipsum. Ci fa sentire il peso della vita che scorre, come l’acqua, e che spesso noi non afferriamo perché troppo impegnati a inseguire vane promesse di felicità.
La vita sei tu, sembra dire Costantino Kavafis in questi versi, è il tuo respiro, è tutta concentrata in te dunque prendila in mano, non sciuparla.
Guardarsi dentro serve a capire che spesso siamo assillati dal tentativo di ottenere cose che non ci servono davvero, la frenesia del quotidiano, delle chiacchiere, degli incontri, degli inviti ci fa perdere di vista la realtà più autentica che - come sottolinea il poeta - è quella interiore.
La seconda strofa e il riferimento al gioco balordo degli inviti ricorda la meravigliosa Ho sceso dandoti il braccio di Montale, che il poeta genovese dedicò alla moglie scomparsa Drusilla Tanzi.
Si illude chi crede che “la realtà sia solo quella che si vede”, concludeva Eugenio Montale. E lo stesso ci dice Costantino Kavafis in Per quanto sta in te : non cadere nella trappola dell’inganno delle apparenze, non smarrirti nell’inseguimento di promesse vane, di coincidenze, prenotazioni, che infine ti rendono estraneo persino a te stesso.
Questo insegnamento è, in fondo, l’essenza della poesia di ogni tempo e luogo, della poesia scritta in ogni lingua e diffusa a ogni latitudine: l’invito a guardare oltre la superficie, a una realtà eterna che è quella dell’essere - e davvero non merita di essere sprecata.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Per quanto sta in te”: la poesia sulla vita di Costantino Kavafis
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