Messalina di Daniela Musini

Messalina (Piemme 2025, pp. 352, 18,90 euro), romanzo storico di Daniela Musini, è una lettura perfetta per chi ama la storia, e rende giustizia a una figura femminile a lungo discussa e vituperata.
Daniela Musini è scrittrice, pianista, attrice e autrice teatrale ed è conosciuta come una delle più acclamate interpreti dell’opera di Gabriele D’Annunzio. Ha allestito i suoi spettacoli e i suoi monologhi dedicati a Eleonora Duse e Maria Callas in tutto il mondo. Con Piemme ha pubblicato Le Magnifiche. 33 vite di donne che hanno fatto la storia d’Italia; Le Indomabili. 33 donne che hanno stupito il mondo; Le Incantatrici. 33 donne che hanno sedotto il mondo; e Vite incendiarie, Amori proibiti e anime dannate. Per la sua versatile attività artistica le sono stati conferiti 40 premi letterari nazionali e internazionali e 20 premi alla carriera.

Tra verità e finzione, l’autrice rivisita la vita di Valeria Messalina (Roma, 25 – Roma, 48), imperatrice consorte dell’imperatore Claudio, che aveva sposato quattordicenne per volere dell’imperatore Caligola, donna acuta, intelligente e dal grande fascino.
Messalina fu una delle donne più temerarie e discusse dell’Antica Roma, ricordata dagli antichi per la sua lussuria sfrenata. In italiano il nome “messalina” indica per antonomasia una donna dal comportamento sessuale libero e sfrenato, un uso linguistico derivato dal ritratto a tinte fosche che la tradizione antica ci ha consegnato della moglie dell’imperatore Claudio. Siamo nella Roma caotica e smodata del I secolo d.C., sotto gli imperi di Tiberio, Caligola e infine di Claudio. Musini ritrae questa donna eccezionale dall’infanzia all’età adulta, nel lampo in cui si è risolta la sua breve vita, con gli aspetti di volta in volta gloriosi e dissoluti del suo temperamento, insieme all’intelligenza politica che la fama da meretrix augusta ha ingiustamente nascosto.
La narrazione scorre a ritroso, attraverso i ricordi e lo sguardo silenzioso e protettivo dell’ormai anziana ancella Lavinia, muta a causa di un trauma infantile, che restituisce uno spessore intimo e struggente alla vicenda umana della sua domina, poco prima che l’eruzione del Vesuvio seppellisca tutto sotto una coltre di censura e oblio.

Valeria Messalina pagò la propria ambizione con la morte. La damnatio memoriae cui fu condannata dopo la sua prematura e violenta morte fece sì che fosse distrutta la maggior parte di documenti, iscrizioni e statue a lei inerenti, con l’intento di cancellarla dalla memoria collettiva.