Un codice illustrato del XV secolo, scritto in una lingua ignota e corredato da disegni di piante inesistenti e misteriose figure femminili, continua a sfidare i massimi esperti mondiali di storia. Il Manoscritto Voynich non è solo un tesoro bibliografico, ma il rompicapo crittografico più sconcertante della storia.
Catalogato come MS 408 presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library dell’Università di Yale, non è un mistero d’accademia, ma un enigma vivo che incarna il fascino inesausto dell’ignoto. Datato con precisione scientifica (mediante il carbonio-14) tra il 1404 e il 1438 — ovvero la prima metà del XV secolo — questo codex illustrato su pergamena di vitello resiste a ogni tentativo di decifrazione, alimentando ipotesi che spaziano dalla lingua perduta alla crittografia complessa, fino all’elaborata mistificazione.
Datazione e origine: un prodotto del primo Rinascimento
Contrariamente alle prime speculazioni che lo collocavano al XIII secolo, la datazione al radiocarbonio, eseguita nel 2009 sui fogli di pergamena dell’Università dell’Arizona, ha ristretto la finestra di creazione del manoscritto al periodo 1404-1438, indicando un’origine nel primo Rinascimento.
L’analisi dei pigmenti, condotta dai ricercatori di Yale, ha confermato che i colori utilizzati (come l’azzurrite e il rame) sono coerenti con quelli impiegati negli scritti medievali e del primo Rinascimento europeo. È un dato cruciale: sebbene il testo possa essere una copia di un originale più antico, il manoscritto che possediamo è un’opera autentica di quel periodo storico. L’analisi stilistica suggerisce che potrebbe essere stato composto nell’Italia Settentrionale o in una regione adiacente alle Alpi. Da chi e per quale motivo è un affare piuttosto misterioso.
Struttura e contenuto illustrato del Manoscritto Voynich
Il manoscritto, composto da circa 240 pagine (sebbene si ritenga ne manchino almeno una trentina, andate perse nel tempo), è suddiviso in sezioni tematiche, definite esclusivamente dalle loro bizzarre illustrazioni, poiché il testo rimane inaccessibile:
- Sezione Erboristica (Botanica): la più estesa, contiene 113 disegni di piante. La maggior parte di queste specie vegetali è irriconoscibile, non corrispondente a flora nota, il che ha generato il dibattito se si tratti di specie estinte, di invenzioni fantastiche o di rappresentazioni simboliche;
- Sezione Astronomica/Astrologica: presenta diagrammi circolari, simboli zodiacali (spesso con figure femminili nude che li circondano), e rappresentazioni cosmologiche non correlate a mappe celesti conosciute:
- Sezione Biologica (o Balneologica): forse la più enigmatica, mostra decine di figure femminili nude, spesso immerse in vasche e sistemi idraulici complessi che sembrano pompe o tubature interconnesse contenenti un liquido scuro. L’ipotesi più logica è quella che ritiene che questa sezione riguardi l’igiene, la ginecologia o i rituali termali;
- Sezione Farmaceutica: contiene disegni di radici e bulbi (appartenenti a possibili erbe officinali sebbene sia solo un’ipotesi) affiancati a fiale e vasi che ricordano gli antichi contenitori delle farmacie;
- Sezione Ricettario (o di Testo Continuo): l’ultima parte è composta da brevi paragrafi, marcati da stelle o margini rientranti, in un formato che ricorda le ricette o i brevi testi alchemici.
Il "Voynichese": il linguaggio del mistero
Ma gli aspetti più strani non si fermano qui. La lingua stessa in cui è redatto è particolare.
Il testo è vergato in una grafia unica e fluida, non riscontrabile in nessun altro documento conosciuto, ribattezzata "Voynichese". Nonostante i caratteri assomiglino vagamente a lettere latine o a simboli alchemici/numerici, la loro combinazione non segue le regole fonetiche o grammaticali di nessuna lingua naturale nota, né moderna né estinta.
Studi di linguistica computazionale hanno rivelato alcune proprietà affascinanti e contraddittorie:
- Conformità alla Legge di Zipf: la frequenza delle parole nel Voynichese segue una distribuzione molto simile a quella riscontrabile nelle lingue naturali umane (la cosiddetta Legge di Zipf). Questo suggerisce che il testo non è un mero insieme casuale di caratteri e che potrebbe contenere un significato;
- Struttura anomala: al contrario, il Voynichese presenta un’autocorrelazione positiva insolita: le parole tendono a ripetersi più frequentemente in sequenze brevi, e le parole corte/lunghe si raggruppano, al contrario della tendenza tipica delle lingue umane a un’alternanza più varia. Questo ha portato alcuni studiosi, come Gordon Rugg, a ipotizzare che il testo possa essere stato generato utilizzando una tabella di codifica o un algoritmo semplice, come la griglia Cardano o sistemi crittografici molto basilari, rendendolo un linguaggio artificiale o un elaborato hoax (scherzo/falso);
- Mancanza di correzioni: nonostante la lunghezza e la complessità, il manoscritto presenta una sorprendente assenza di errori, cancellature o esitazioni nella scrittura. Ciò suggerisce che l’autore stesse copiando un testo esistente o scrivendo in modo meccanico e ben praticato, forse utilizzando una griglia o un sistema sillabico per comporre le "parole".
Fatti noti e peculiarità del codex
Il Manoscritto di Voynich però negli anni ha mostrato alcune curiosità che sono state meno divulgate o a cui pochi hanno davvero prestato attenzione ma che ne arricchiscono il mistero:
- La paternità multipla sospetta: attribuire a un’opera una mano specifica è uno degli aspetti più interessanti e in questo caso non priva di sorprese. Un’analisi paleografica condotta da esperti ha suggerito che la calligrafia del manoscritto potrebbe non essere opera di un’unica mano, ma di due o addirittura cinque diversi scrivani, sebbene con uno stile generale uniforme. Questo complica l’ipotesi dell’autore solitario che abbia creato il manoscritto come scherzo o cifrario personale;
- Le "impiccagioni" (Gallows Characters): una caratteristica unica e riconoscibile della grafia sono i cosiddetti gallows characters (ovvero i caratteri a forca), simboli che si elevano sopra il rigo delle altre lettere, che ricordano le forche o un cappio. Questi caratteri si trovano spesso all’inizio dei paragrafi o delle "parole", ma la loro funzione linguistica o crittografica rimane sconosciuta. Alcuni li hanno paragonati a segni di abbreviazione, comuni nei manoscritti latini medievali, ma sono stati utilizzati in modo anomalo;
- I pieghevoli e le dimensioni: il codice non è composto solo da fogli semplici. Contiene diversi fogli pieghevoli (in gergo tecnico, foldouts), alcuni doppi o tripli, ma uno eccezionale è un foglio pieghevole sestuplo. Questi diagrammi estesi si trovano per lo più nella sezione astronomica e cosmologica e indicano uno sforzo notevole nella sua produzione e un’importanza data a queste particolari illustrazioni;
- La pista mesoamericana (non verificata): una teoria insolita e ampiamente discussa da alcuni ricercatori, sebbene non convalidata, è che alcune delle piante illustrate assomiglierebbero a specie botaniche endemiche del Messico coloniale/Azteco, come il girasole (che era ancora sconosciuto in Europa nel XV secolo) e la Borrago officinalis. Questa ipotesi implicherebbe una datazione successiva, ma in forte contrasto con la datazione al carbonio della pergamena, suggerendo forse che il manoscritto sia una copia europea di un testo azteco tradotto in cifrario.
Storia e provenienza: viaggio tra alchimisti e imperatori
La storia del manoscritto è stata ricostruita a ritroso a partire dal XVII secolo grazie a un documento trovato al suo interno: la " Lettera di Marci".
- Rodolfo II d’Asburgo (fine XVI secolo): la lettera, scritta dal rettore dell’Università di Praga, Jan Marek Marci, al gesuita Athanasius Kircher, suggerisce che il manoscritto sia appartenuto all’imperatore Rodolfo II, appassionato di alchimia e occultismo, che lo avrebbe acquistato per la notevole somma di 600 ducati d’oro, credendo erroneamente che fosse opera di Ruggero Bacone. Dopo aver fatto parte della collezione del gesuita Kircher a Roma, il manoscritto scomparve dagli archivi per circa due secoli.
- Wilfrid Voynich (1912): il manoscritto deve il suo nome all’antiquario polacco-lituano Wilfrid Voynich che lo acquistò nel 1912 dal Collegio Gesuita di Villa Mondragone, a Frascati, vicino Roma, dove era rimasto dimenticato. Fu Voynich a portarlo all’attenzione del mondo accademico, promettendo, invano, una clamorosa rivelazione.
Il Manoscritto Voynich, ancora oggi un’opera misteriosa
Nonostante i tentativi di decifrazione da parte di alcuni dei migliori crittografi del XX secolo — tra cui William e Elizebeth Friedman, e persino, secondo alcune fonti non ufficiali ma insistenti, il coinvolgimento indiretto dei servizi segreti americani e britannici durante le Guerre Mondiali — il manoscritto rimane inespugnabile. La sua aura di mistero rimane imperturbata, sebbene le teorie che lo riguardano si susseguano portando studiosi e appassionati a diversi principalmente tra:
- Lingua Naturale Codificata: scritta in un codice (cifrario polialfabetico, crittografia con omofoni, ecc.) che nasconde una lingua europea;
- Lingua Artificiale: una lingua inventata, forse a scopo esoterico o di gioco, senza equivalenti diretti in lingue reali;
- Hoax: una burla medievale o rinascimentale, dove il testo sarebbe solo un gibberish, cioè un non-senso linguisticamente strutturato per ingannare, o un sistema mnemonico.
Fino ad oggi, il Manoscritto Voynich rimane, secondo le parole di molti esperti, " il Santo Graal della crittografia", un capolavoro di mistero che continua a promettere una verità nascosta, in attesa del codice che ne sveli il silenzio secolare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il Manoscritto Voynich: l’enigma indecifrabile che sconvolge la crittografia da oltre un secolo
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