Lo strano mistero dell’Orient Express
- Autore: Benjamin Monferat
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2015
“ Lo strano mistero dell’Orient Express ” (Newton Compton 2015, titolo originale Welt in Flammen, traduzione di Elvia Nespili) di Benjamin Monferat, pseudonimo di Stephen M. Rother, è il romanzo bestseller in Germania dello scrittore e storico tedesco, il quale per la redazione del volume ha tratto ispirazione dalla vita del nonno, vissuto durante il Terzo Reich, costretto a collaborare con il regime e nello stesso tempo attivo oppositore.
Compiègne, Clairière de l’Armistice - 23 maggio 1940, 02:17.
“
A est il cielo era fuoco liquido. L’intera linea dell’orizzonte vacillava rossastra, ancora più accecante sulle città, dove anche a quell’ora imperversavano i combattimenti
”
François si fermò tra le prime file degli alberi a osservare quello spettacolo inquietante nel cielo notturno sopra la Piccardia. “Scempio. Devastazione. Morte”. Il fuoco d’artiglieria dei tedeschi riecheggiava nella bassa valle dell’Aisne, ma erano ancora lontani. Sì, ma quanto? Non importava, anche se il fronte si faceva sempre più vicino giorno dopo giorno, occorreva agire adesso. François dopo aver lanciato un’ultima occhiata a quello scenario apocalittico, strinse al petto la borsa di cuoio nera e avanzò tra il fitto bosco della foresta di Compiègne, la quale con le sue querce, i faggi e gli occasionali cedri, emanava un profumo intenso e singolare, reso ancora più penetrante da quella calda notte di maggio. La struttura alla quale François era diretto era sorvegliata da due sentinelle, il padiglione era un casermone ingombrante, il portone d’ingresso a tre ante una sagoma alta e rettangolare, con quell’aspetto severo tipico dell’architettura successiva alla Grande Guerra. François si fermò al riparo degli alberi, ecco che a destra del padiglione comparve una guardia, che superò l’angolo dell’edificio, passò davanti ai gradini del portone, svoltò a destra e uscì lentamente dal campo visivo di François. Quest’ultimo trattenne il fiato.
“Già da qualche giorno aveva immaginato che quel compito sarebbe spettato a lui”
perché era l’unico del gruppo guidato dal vecchio Victor a non avere figli. Uscito dal suo nascondiglio, François furtivamente dopo aver aperto la porta, entrò all’interno del padiglione che era buio. Il ragazzo aveva paura: “Non ce la posso fare”. Il messaggio dal quartier generale poteva non essere autentico. I tedeschi potevano aver cambiato i loro piani, lo facevano di continuo. In quel buio totale era difficile capire di essere di fronte al vagone di un treno, eppure François ne conosceva ogni dettaglio. Posò le dita sulla corda spessa che serviva da corrimano e parapetto e sfiorò le cifre dorate in rilievo: n. 2419. Anche se fosse stato insignificante, quel vagone restava pur sempre un gioiellino. Era un monumento nazionale, e non doveva cadere nelle mani dei tedeschi, lui, François, avrebbe mandato a monte i loro piani.
“Non appena avessero tentato di spostare da lì quella carrozza, la carica esplosiva sarebbe saltata e avrebbe sotterrato gli sgherri di Hitler sotto le macerie del padiglione”
È un viaggio fatale quello del protagonista dell’avvincente romanzo di Benjamin Monferat, abile nel saper dosare fiction e realtà storica. Mentre le truppe naziste stanno per entrare a Parigi, l’Orient Express è in viaggio verso Istanbul, all’interno dei vagoni i passeggeri (un principe dei Balcani, la sua amante ebrea, una spia tedesca, un granduca russo, un’attrice famosa e gli agenti di tutte le potenze impegnate in guerra), vivono una febbrile ansia. Tutti non vedono l’ora di arrivare, di allontanarsi il più possibile dall’Europa in fiamme, da quella guerra-lampo (Blitzkrieg) voluta da Hitler che sembrava tenere in scacco un intero continente. Ma sul treno c’è anche qualcosa che nessuno sospettava: qualcosa che i nazisti stavano cercando da tempo...
“No, i tedeschi non erano ancora arrivati. Da qualche parte a Compiègne i francesi opponevano una strenua resistenza e, se le voci che circolavano in città erano fondate, il colonnello de Gaulle stava preparando un ultimo disperato contrattacco. Ma erano vicini e tutti sapevano che nel giro di pochi giorni Parigi sarebbe caduta. Per i francesi si profilavano umiliazioni e oppressione”
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Benjamin Monferat, pseudonimo di uno storico tedesco, rende protagonista del suo romanzo, "Lo strano mistero dell’Orient Express", il vagone nel quale la Germania siglò la sua resa, alla fine della Prima Guerra Mondiale. Simbolo di una cocente sconfitta, diverrà obiettivo del Reich per annientarne il ricordo, ma anche, in una trama dai contorni immaginifici, missione francese per farlo arrivare oltre le linee nemiche.
Da Parigi, nel maggio del 1940, parte l’ultima corsa del Simplon Orient Express, destinazione Instanbul, meta non solo di viaggiatori, ma anche di spie inglesi, attrici sul viale del tramonto, sovrani decaduti, regnanti in fuga, petrolieri in viaggio di nozze. Una corolla di personaggi che si troveranno a condividere i lussuosi locali del più famoso treno della storia, ma anche a inseguire ognuno le proprie personali speranze, nel pieno dell’ascesa al potere di Hitler.
Tutti loro saranno inconsapevolmente coinvolti nella missione di tutelare e difendere il vagone CIWL 2413 D, il vagone dell’Armistizio, non senza inganni, omicidi, trame e accordi di intelligence, che guidarono l’esito della storia, quanto le battaglie in campo aperto.
Sarà pertanto facile seguire le vicende dei personaggi e inserirle nei contesti storici più conosciuti.
La lunghezza del romanzo non diviene un pesante bagaglio, ma da, al contrario, al lettore, l’opportunità di calarsi poco a poco nell’atmosfera, delicatamente, lentamente ma assai piacevolmente.