Come gli scrittori hanno cercato di risolvere la spinosa questione della diversità di lingue e dialetti nelle loro opere letterarie?
Da Manzoni a Camilleri
I promessi sposi di Alessandro Manzoni sono andati incontro a una nota evoluzione linguistica. Se il Fermo e Lucia, prima stesura del romanzo, era caratterizzato da un impasto di lingua letteraria e lingua d’uso e presentava numerosi costrutti lombardi, milanesi e francesi, nelle fasi successive di lavorazione Manzoni sceglie di "sciacquare in Arno" il suo testo, togliendo qualsiasi influenza dialettale e scegliendo di usare una lingua unitaria, il fiorentino parlato colto.
Diversamente Giovanni Verga scrive i suoi romanzi veristi in un registro linguistico a metà tra italiano e siciliano. Ancora diversa è la scelta di Camilleri, che inventa un curioso dialetto siciliano per i suoi romanzi dal ciclo del commissario Montalbano a quelli del ciclo della Vigata postunitaria.
I romanzi di Hemingway e le loro trasposizioni cinematografiche
Nel Novecento lo scrittore americano Hemingway, nei suoi romanzi ambientati in Italia e Spagna Addio alle armi e Per chi suona la campana, fa pronunciare ai suoi personaggi poche scarne frasi nelle lingue dei non anglosassoni.
Nelle trasposizioni filmiche dei romanzi di Hemingway si è seguita la falsariga dello scrittore, ingaggiando attori madrelingua italiani (versione anni Cinquanta con tra i protagonisti Rock Hudson e Alberto Sordi), destinati a parlare nella versione originale un inglese sporcato dalla pronuncia italiana. Negli anni Sessanta invece, Sordi nel suo Fumo di Londra sceglie di far parlare gli inglesi, nella versione destinata al nostro paese, in un italiano maccheronico che ricorda molto il doppiaggio del duo comico Laurel e Hardy.
Lolita Lobosco
In epoca recentissima, nella fiction tratta dai romanzi della scrittrice pugliese Gabriella Genisi dedicati a Lolita Lobosco, viene scelta per gli attori assolutamente non pugliesi (addirittura spicca un bergamasco nel ruolo di un ambulante della zona antica di Bari) una pronuncia che per un profano somiglia al barese, ma per un locale è assolutamente falsa e falsata.
È possibile riuscire a far combinare la verosimiglianza linguistica nella narrazione e nelle opere filmiche o televisive o si deve sempre usare quella specie di grammelot che vorrebbe ma non assomiglia a un vero dialetto o a una vera lingua?
Per i linguisti il quesito è croce e delizia, ma non sarà facilmente risolvibile anche se negli ultimi anni sempre più pellicole sono girate in varie lingue, un esempio: Taxisti di notte (1991).
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Lingue e dialetti tra romanzi, film e fiction
Lascia il tuo commento