

Ricorre oggi, 25 aprile, l’anniversario della morte dell’architetto e letterato Leon Battista Alberti: nelle sue opere convivono temi e motivi estremamente distanti tra loro, che fanno di questa mente poliedrica una delle personalità più interessanti dell’Umanesimo italiano.
Nella sua vita Leon Battista Alberti servì grandi signori rinascimentali, oltre che i papi, e impose un nuovo stile architettonico, molto valorizzato nei secoli successivi, e di cui si ritrovano felici esempi a Firenze, a Rimini e a Mantova.
Architetto e teorico dell’architettura, letterato appassionato alla questione della lingua, matematico ed esperto di crittografia, Leon Battista Alberti lascia, nei suoi tanti scritti, anche fecondi spunti di natura filosofica che illustrano sapientemente lo spirito del Rinascimento.
Nell’anniversario della sua morte riscopriamo, allora, la vita, le opere e il pensiero di Leon Battista Alberti.
La vita e le opere di Leon Battista Alberti
Discendente da una famiglia di banchieri fiorentini in esilio, Leon Battista Alberti (Genova, 14 febbraio 1404 – Roma, 25 aprile 1472) studiò il latino e altre materie umanistiche, tra cui forse anche il greco, prima a Venezia e poi a Padova. In seguito fu a Bologna dove si laureò in Diritto canonico, coltivando parallelamente l’amore per varie altre discipline quali la musica, la scultura, la pittura, la matematica e l’astronomia.
Divenuto segretario di un alto prelato, si spostò a Roma per seguirlo e qui fu nominato abbreviatore apostolico e, poi, ordinato sacerdote: questi incarichi lo fecero entrare nel rinomato ambiente della curia pontificia dove guadagnò l’apprezzamento di papa Eugenio IV che, anche con appositi provvedimenti, gli fece ottenere notevoli benefici economici. Le sue fortune continuarono anche sotto Niccolò V e Pio II, papi umanisti che lo stimarono incondizionatamente. Leon Battista Alberti visse soprattutto a Roma dove maturò la sua passione per la cultura e l’architettura classiche ma frequenti furono i soggiorni a Firenze, Bologna, Napoli, Ferrara, Rimini, Mantova e Venezia.
La vastità degli interessi di Leon Battista Alberti è ben testimoniata dalle sue numerose opere che possiamo suddividere per tematiche:
- tra le opere letterarie (tutte in latino) ricordiamo la Philodoxeos fabula (1424), una commedia dal messaggio morale; le Intercoenales (1440), dei dialoghi satirici sulla convivenza umana; il Pontifex (1437), un dialogo che difende la scelta del sacerdozio; il Momus o De principe (1443), un romanzo satirico sui vizi delle corti quattrocentesche e la Grammatica della lingua toscana (1437-1441, conosciuta anche come Grammatichetta vaticana), la prima trattazione (in volgare) della nuova lingua volgare.
- Tra le opere a tematica civile, morale e politica, le più importanti dell’Alberti letterato (tutte scritte in volgare) segnaliamo: il Teogenio (1440 ca), un dialogo dedicato ai temi della virtù e della fortuna; il trattato Della famiglia (1433-41), scritto in forma dialogica e il De Iciarchia (1468), che riprende il tema del governo della casa, intesa qui come un ambito separato dalla vita pubblica, che l’uomo, nella sua autonomia, modella a sua misura;
- infine non possiamo non citare le principali opere teoriche sull’architettura e le altre arti: il De pictura (1435), composto in latino e poi tradotto in volgare; la Descriptio urbis Romae (1450 ca); il De re aedificatoria (1450 ca); il De statua (1450 ca).
Leon Battista Alberti letterato e la questione del volgare


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Al di là delle opere satiriche che si inseriscono in un filone propriamente rinascimentale, il contributo ancora oggi più degno di nota di Leon Battista Alberti è la sua promozione della lingua volgare. Alberti non disdegnava il latino, che considerava la lingua dei dotti, e alla quale riconosceva un elevato valore culturale e una peculiare capacità espressiva ma sostenne l’uso della nuova lingua volgare non solo nelle opere letterarie ma anche nella trattatistica, come dimostra la traduzione del suo De pictura.
Nel 1434 Alberti è a Firenze, al seguito del papa, qui partecipa a un diffuso fermento culturale che lo porta a riallacciare i rapporti con molti artisti, umanisti e intellettuali fiorentini, e a prendere parte a un dibattito avvenuto in seno alla curia, sulla possibilità di usare il volgare in ogni disciplina. In questo frangente, con grande acume filologico egli dimostra la tesi dell’umanista Flavio Biondo, che sosteneva la diretta discendenza del volgare dal latino parlato e compone la prima Grammatica del volgare, identificato col dialetto toscano.
Da questa disputa colta deriva anche l’esperienza del Certame coronario, una competizione poetica organizzata dallo stesso Alberti (nel 1441), alla quale parteciperà anche Piero de’ Medici, che avrebbe dovuto favorire l’uso del volgare anche nella produzione poetica. Fu in questa occasione che Leon Battista Alberti compose degli esametri dove, forse per la prima volta, le forme metriche greche e latine sono applicate alla lingua volgare, dando vita a quella metrica barbara resa poi celebre da Carducci.
La filosofia civile e politica di Leon Battista Alberti


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Anche se Leon Battista Alberti non fu un filosofo e non tematizzò una filosofia che possa considerarsi tale, si ritrovano nei suoi scritti molte riflessioni di carattere morale, civile e politico che hanno un indiscutibile spessore filosofico.
Appartenente alla seconda generazione degli Umanisti quattrocenteschi (dopo quella di Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini) Alberti era pienamente consapevole della diversità del suo secolo da quelli precedenti, per questo criticò le dispute teologiche e metafisiche che tanta parte avevano avuto nel Medioevo e gli contrappose una più fattiva e pragmatica riflessione morale. A questa si legano strettamente alcune considerazioni di carattere gnoseologico: per Alberti gli uomini possono conoscere solo ciò di cui fanno esperienza mentre è inutile ricercare le cause prime delle cose, che gli sono precluse.
Proprio questa preminenza dell’esperienza porta Alberti ad esaltare l’homo faber, l’uomo che vive una vita attiva, che edifica, che costruisce, che in tutte le sue attività ricerca l’utile, non tanto e non solo per sé stesso, quanto, piuttosto per la comunità e la Città (ovvero per lo Stato, quindi l’utile di tutti, il bene comune).
Questa visione vitale e dinamica di un uomo tutto inserito nel suo tempo e nel suo mondo, tipicamente rinascimentale, lo porta a rifiutare l’otium epicureo, che persegue una contemplazione priva di azione, e, di contro, a preferire gli Stoici che ritenevano l’uomo un essere intrinsecamente operoso, che poteva servirsi della natura a suo beneficio e aveva il compito precipuo di conseguire e conservare la collaborazione e la pace.
Al tema dell’homo faber si collega un altro degli argomenti più dibattuti nelle dispute rinascimentali: il rapporto tra virtù e fortuna e il loro peso nella vita dell’uomo. Mentre la fortuna è intesa, classicamente, come la sorte, buona o cattiva che sia, per Leon Battista Alberti la virtù non è la virtus cristiana quanto, piuttosto la areté greca, e soprattutto aristotelica, ossia la particolare capacità che contraddistingue ogni uomo e che, se realizzata e praticata, gli garantisce la felicità e la perfezione. Alberti, pur con uno sguardo abbastanza disincantato, ritiene che la virtù, se esercitata in modo realistico, vince sempre sulla fortuna. In altri termini, anche per Leon Battista Alberti, come per molti altri autori del Rinascimento, l’uomo è padrone del suo destino e può essere protagonista del suo percorso terreno; lo testimoniano bene questi due passi:
“Pertanto così mi pare da credere sia l’uomo nato, certo non per marcire giacendo, ma per stare facendo […]; l’uomo nacque non per attristarsi in ozio, ma per adoprarsi in cose magnifiche e ample, colle quali e’ possa piacere e onorare Iddio in prima, et per avere in se stesso come uso di perfecta virtù, così fructo di felicità”
“Come confesseremo noi non essere più nostro che della fortuna quel che noi con sollecitudine e diligentia delibereremo mantenere o conservare? Non è potere della fortuna, non è, come alcuni sciocchi credono, così facile vincere chi non voglia esser vinto. Tiene giogo la fortuna solo a chi li si sottomette”
La teoria dell’arte e dell’architettura di Leon Battista Alberti


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La fama di Leon Battista Alberti tra i posteri è legata anche alla sua pregevole opera di architetto, soprattutto nelle città di Firenze, Rimini e Mantova: suoi sono la facciata di Santa Maria Novella e Palazzo Rucellai nel capoluogo toscano; il tempio malatestiano di Rimini e le chiese di Sant’Andrea e di San Sebastiano nella città che diede i natali a Virgilio.
Diversamente da tanti artisti rinascimentali, come Brunelleschi, che potevano vantare una grande perizia tecnica, sebbene fossero sprovvisti di conoscenze teoriche, Leon Battista Alberti giunse alla pratica architettonica a seguito di uno studio approfondito delle arti classiche e sottolineò quanto per l’artista fosse importante avere una solida preparazione teorica di natura trasversale: non doveva essere digiuno né di lettere, né di matematica e di scienze.
Alcuni critici ritrovano in lui i prodromi di una filosofia urbanistica: Alberti credeva, infatti, che l’architettura fosse l’arte più vicina all’opera della natura e che per l’uomo edificare, costruire, fosse un’attività naturale perché si trattava di stabilire nella città un ordine che manifestasse plasticamente la sua virtù. In questa concezione una città ordinata, ossia ben progettata, è allo stesso tempo umana e naturale e diviene il luogo più adeguato per realizzare una vita moralmente degna e anche felice.
Come fecero altri con la letteratura e la filosofia, Alberti si impegnò in un recupero dei principi dell’arte classica: con lui – ebbe a dire Philippe Daverio – “l’antico diventa moderno e il moderno obsoleto”, e lo dimostra bene il fatto che i suoi principi architettonici furono ripresi soprattutto nei secoli successivi.
Leon Battista Alberti, infine, fissò anche le tre regole cardine della pittura: la prospettiva, la composizione e il colore, che non tardarono a essere applicate da grandi artisti suoi contemporanei come Piero della Francesca.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Leon Battista Alberti: vita, opere e pensiero dell’architetto umanista
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