Le mie poesie più belle
- Autore: Nizar Qabbani
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2016
Nizar Qabbani, siriano, è stato il poeta più notevole della letteratura araba contemporanea. Diplomatico ed artista, ha scelto lui stesso una gruppo di poesie adatte a rappresentarlo. È nato così il bellissimo volumetto Le mie poesie più belle (Jouvence editore, pp.88, 2016) tradotte dall’arabista dott.ssa Silva Moresi e da Nabil Salameh.
Il poeta è certamente rivoluzionario, come sempre è rivoluzionaria la poesia; scrive:
La poesia è la patria delle cose che si ribellano a loro stesse, e delle forme che rifuggono la propria forma.
Molto amato dai giovani nel vicino Oriente, da Damasco a Il Cairo, lontano da ogni dogmatismo e ideologia, pone al centro della sua poetica l’amore appassionato, definito provocatoriamente “selvaggio”:
Spogliati… / e lascia cadere la pioggia sulla mia sete. / Consumati come cera nella mia bocca / e impastati con ogni mia parte…
Ancora:
L’amore non è un romanzo orientale / dove gli eroi si sposano… alla fine. / L’amore è salpare senza una nave / e sentire che non esiste approdo. / L’amore è un fremito che rimane sulle dita, / una domanda sulle labbra sigillate. / L’amore è il fiume di nostalgia nel nostro profondo / dove crescono vigneti e grano.
È una pulsione primitiva senza censura, a cui si accompagnano l’estrema dedizione, la tenerezza, il dolore della possibile perdita, l’estasi dell’appartenenza. Nizar ricorda D.H. Lawrence per il desiderio di liberare Eros dalle convenzioni.
La sua comprensione del mondo femminile descrive anche il lesbismo con toni delicati e senza veli, denuda la donna nel mondo in cui viene totalmente coperta.
“La notte è l’alba di una lupa che allatta la sua lupa. / La mano che fruga… e invade, / il lenzuolo che fugge, / l’una lo avvicina, e l’altra riposa. / È una conversazione tra quattro seni, / un bisbiglio…”
È stato considerato lascivo ingiustamente. Se l’amore non viene liberato, subentra la morte della civiltà, condita di guerra ha profetizzato Freud (vedi il suo Disagio della civiltà). In tal senso la funzione di Qabbani non è relegata nella sua cultura ma assume un valore universale che riguarda il destino dell’intera umanità. O amore o morte.
La biografia dell’artista è stata segnata da un fatto tragico: il suicidio di una sua sorella perché non poteva sposare l’uomo che amava. Questo dolore l’ha condotto alla decisa scelta di campo; la sua opera diventa un riscatto, va a infrangere tabù intoccabili.
L’amore nel mondo arabo è prigioniero e io voglio liberarlo.
L’ultima poesia della raccolta, Il pane, l’hashish e la luna esprime il distacco dal fatalismo musulmano, dal lasciarsi andare alla corrente stabilita dal destino, facendosi portare passivamente dalla sorte, come addormentati:
Essi stendono preziosi tappeti, / si consolano con l’oppio / che noi chiamiamo /destino e fato…
Tale caratteristica di sottomissione è l’altra faccia dell’ardore, della Jihad, che letteralmente e spiritualmente non significa “guerra” ma “sforzo”, tensione verso Dio; è una forma di innamoramento celeste praticato pacificamente dai sufi da secoli.
Nizar è laico eppure mistico, come mistico è stato il Dolce Stilnovo.
Conoscere da vicino l’anima dell’Islam attraverso la poesia contribuisce a creare la comprensione tra culture e costumi differenti. La comprensione è l’inizio della pace, come ha insegnato San Francesco nel XIII secolo (1219).
In Egitto il santo passò il confine dei crociati disarmato e venne ricevuto dal sultano Malik al - kāmil con tutti gli onori. Essi parlarono e dialogarono senza sopraffarsi. Frate Francesco era un poeta.
Da allora i francescani vivono a Gerusalemme, accettati da tutte le religioni.
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