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Storia della letteratura

La salubrità dell’aria di Giuseppe Parini: riassunto e analisi del testo

Per la Giornata mondiale dell'aria pulita, rileggiamo un'ode del 1759 in cui a parlare è il Parini poeta e cittadino, sullo sfondo dell'Illuminismo lombardo. Una profetica denuncia dei danni alla salute pubblica legati alla logica del profitto.

Isabella Fantin
Isabella Fantin Pubblicato il 07-09-2022
La salubrità dell'aria di Giuseppe Parini: riassunto e analisi del testo

Per la Giornata mondiale dell’aria pulita, rileggiamo La salubrità dell’aria, un componimento di carattere sociale e civile che appartiene alla prima fase delle Odi, composte tra il 1757 e il 1770 da Giuseppe Parini. Queste odi dette illuministe sono: La vita rustica, L’impostura, L’innesto del vaiuolo, Il bisogno e La musica. Nel testo in esame, Parini non solo denuncia l’inquinamento dell’aria, ma ne individua cause e responsabilità con un tessuto poetico elaborato.

La strategia è chiara: uno stile alto per argomenti bassi e, in questo caso, disgustosi. Che il suo stile raffinatissimo abbia un effetto boomerang? Infatti, come osserva Foscolo a proposito de Il Giorno, la forza di penetrazione della satira antinobiliare viene indebolita dal classicismo della lingua. Anche voi siete di questo avviso? Oppure ritenete che l’eleganza del dettato sia un valore aggiunto?

La salubrità dell’aria: riassunto

Strofe 1-4

Parini valorizza la salubrità della sua Brianza, in una visita immaginaria nel luogo natio. Si sofferma, trattandosi di un componimento a tema, sull’aria pulita, che infonde energia, rallegrando anima e corpo. Infatti, il versante alpino lombardo protegge la zona da scirocco e tramontana. Il primo porta un fastidioso caldo umido, il secondo il freddo. Inoltre in Brianza non ci sono paludi malsane causa di malaria.

Analisi
Quest’ode fu letta in pubbliche letture a tema all’Accademia dei Trasformati nel 1759, lo stesso anno della sua composizione.

L’insita contrapposizione campagna-città anima anche l’ode La vita rustica. Le paludi sono risaie e marcite, quest’ultima caratteristica della bassa padana. Al tempo di Parini, le risaie erano interne alle mura della città, le marcite nei pressi della periferia ossia fuori, ma sempre troppo vicine al centro abitato.

Perché dei lavoratori nelle risaie viene sottolineato il capo ignudo? Perché l’osservazione empirica aveva dimostrato che a capo scoperto ci si ammalava prima... perché più esposti alle punture.

Strofe 5-7

Maledetti coloro che installarono per primi risaie e marcite: sono un danno per la salute pubblica e fonte di profitto per i privati. A questo punto il poeta immagina una situazione dantesca dal contrappasso analogico: il responsabile delle acque stagnanti, di cui sopra, all’Inferno, impantanato nello Stige limaccioso, intento a maledire il suo operato. Poi Parini invita i milanesi a preoccuparsi della malaria che falcidia i lavoratori nelle risaie per senso civico, poiché la malaria si può diffondere anche in città.

Analisi
Un aspetto significativo di queste strofe è il seguente: Parini individua nella logica del profitto dei proprietari terrieri la causa del clima malsano del Milanese. Perché, per supportare l’incremento produttivo del riso e dell’allevamento del bestiame, era stato necessario allagare i terreni. Cosa c’entra il bestiame con l’allagamento? Il collegamento sono le marcite. Trattasi di una tecnica di coltivazione per cui i terreni, detti marcite, sono immersi sempre nell’acqua. Di conseguenza aumenta la produzione di foraggio

Strofe 8-11

Con un’altra virata, il focus ritorna sulla bontà del clima brianzolo. Clima salubre, abitanti sani, robusti e sereni malgrado la fatica nei campi. Un habitat ideale per coltivare la poesia per omaggiare i fortunati abitanti di quest’area lombarda.

Analisi
La contrapposizione città-campagna tradotta in alcune antitesi che sono la continuazione delle strofe precedenti: clima malsano/salubre; fango/acqua sorgiva; lavoratori malati e indeboliti/sani e vigorosi; visi dal pallore mortale/coloriti e arrossati dal sole; clima mite e ventilato/ freddo e umido; avidità/frugalità; ricchi/poveri; individualismo/senso di collettività.

Strofe 12-14

Un tempo anche il clima di Milano era salutare, ma lusso, avidità e inettitudine della classe dirigente l’hanno inquinato. Prima con le risaie, poi con le marcite. Per soddisfare l’aumento della richiesta di cavalli per le carrozze, che spesso travolgono i passanti, molti dei quali indeboliti dal lavoro o già ammalati

Analisi
Parini critica la nobiltà in quanto ceto improduttivo ed egoista. Ne critica il lusso e la vanità, che spingono a danneggiare la salute pubblica.
Critica inoltre il pericolo reale di essere investiti dalle pariglie dei cavalli delle carrozze, con cui la nobiltà fa inutile sfoggio di sé, mettendo a rischio la vita dei meno fortunati. Motivi, questi, presenti anche ne Il giorno e nell’ode La caduta.

Strofa 15

I contadini della Brianza sentono i profumi di timo, zafferano, menta selvaggia.

Strofe 16-20

Da qui in poi l’alternanza città-campagna cede il passo a una violenta invettiva. Le strade signorili di Milano sono ammorbate dai mucchi di letame, prodotto dai cavalli delle carrozze. Dalle case popolari viene versato in strada il contenuto malsano e maleodorante dei vasi da notte. Inoltre, vengono abbandonate per le vie carogne d’animali. Uno spettacolo orrendo e pericoloso, specie d’estate. Al tramonto, poi, sono attivi i carri addetti alla raccolta dei rifiuti organici dalle abitazioni, senza preoccuparsi di tenere ben chiusi i coperchi. Le leggi a riguardo (che impongono di svolgere questo lavoro di notte, limitando i miasmi) ci sono, ma non vengono rispettate nell’indifferenza generale.

Analisi
Parini sottolinea l’inettitudine delle autorità competenti, perché le grida a riguardo non furono poche, ma sempre disattese. Accantoniamo l’ovvio riferimento con le grida manzoniane. Non è di Cicerone la frase: “uno stato con tante leggi è uno stato che non funziona”?

In filigrana intravedo anche la denuncia di un sistema fognario inefficace, la mancanza di senso civico e l’imperante logica del profitto di imprenditori agricoli senza scrupoli.

Strofa 21-22

La vis poetica dell’autore sceglie strade meno battute dai poeti, perché è soddisfatta solo quando unisce l’utile al dilettevole.

Analisi
La poesia deve unire l’utile al dilettevole. La distanza rispetto al precetto oraziano è la concretezza illuministica dell’utile, che non è un astratto ammaestramento morale

Metrica e retorica

L’ode è composta da 22 sestine di settenari con rime secondo lo schema ababcc.
Ecco alcune figure retoriche presenti elencate in ordine alfabetico:

  • Anastrofe: In ogni strofa compare un’anastrofe, una figura retorica di posizione: e il petto avido inondi, né qui giaccion paludi. In linea di massima i complementi precedono il verbo, il verbo precede il soggetto.
  • Metafora: A sua volta distinta in due sottotipi, in base alla funzione. Possono essere infatti metafore nobilitanti, volte, lo dice il nome, a dare prestigio a un argomento basso come nella strofa 17. Qui l’autore, denunciando l’abitudine popolare di gettare giù dalla finestra il contenuto dei vasi da notte, impreziosisce i versi. Per esempio chiama "Lari plebei" le case popolari; chiama "vasi di creta" i pitali; il puzzo o meglio le esalazioni derivanti dalla fermentazione le chiama "vapor". "Impuro letto" per palude.
    O possono essere metafore enfatizzanti, per intensificare la drammaticità della denuncia, come "bere l’aria", indicante la pericolosità di un automatismo come respirare.
  • Metonimia: "crescente pane" indica il grano, che viene sostituito dal prodotto finale del pane; "Milano" indica gli abitanti.
  • Personificazione: Borea e Temi sono rispettivamente la personificazione della tramontana e della giustizia.

Commento

Sintetizzo una pagina critica di Giuseppe Petronio, tratta dal saggio Parini e l’illuminismo lombardo (Laterza, 1972).

L’ode è costruita sul contrasto, già evidenziato a diversi livelli, tra città e campagna. Il polo positivo della campagna, però, è in parte estraneo alla convenzionalità arcadica e al topos del locus amoenus. Uomini e donne sono tratteggiati con pennellate realistiche mentre lavorano la terra. Un realismo comunque edulcorato dalla presentazione del lavoro come gioia e salute. Però dare un bel taglio alle pastorellerie non è cosa da poco. Tanto più che l’ode nasce in un ambiente tardo arcadico, quello dell’Accademia dei Trasformati.

Il polo negativo è Milano, di cui Parini denuncia sporcizia, olezzo, rischio epidemie, malcostume, egoismo, avidità. La novità del testo, pertanto, non è la denuncia, ma la sua concretezza storica, sociale, economica, giuridica. Parini denuncia una situazione specifica, cause e responsabilità.

La sua posizione fiancheggia quella di Pietro Verri e Cesare Beccaria. Il primo invita i ricchi a un uso civico delle loro ricchezze. Il secondo disprezza i cittadini che non contribuiscono al bene comune, vuoi non lavorando, vuoi non mettendo parte dei loro beni al servizio della collettività. Una bella pagina di denuncia ambientale.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La salubrità dell’aria di Giuseppe Parini: riassunto e analisi del testo

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