La libbertà de pensiero è un componimento esemplare nell’opera di Trilussa: canta un tema molto caro all’autore, oltre che ricchissimo di implicazioni profonde, con l’aria scanzonata del narratore di favole che, per parlare a tutti e in particolare al popolo, ricorre al vernacolo romanesco.
Che la libertà di pensiero fosse una questione che assillò molto Carlo Alberto Salustri nelle sue riflessioni, lo dimostrano bene altri suoi componimenti famosi, come quello dedicato a Giordano Bruno, ma anche le tante poesie che, come questa, usano l’espediente della favola e il dialogo tra animali per alludere a questioni che vanno ben oltre la lettera del testo.
Nel caso de La libbertà di pensiero, poi, il componimento si fa abbastanza didascalico e mostra chiaramente il destino che spetta a chi decide di non sottostare ai dettami dei superiori o alle regole imposte dalla società in cui vive.
La libbertà de pensiero: il testo della poesia di Trilussa
Un Gatto bianco, ch’era presidente
der circolo der Libbero Pensiero,
sentì che un Gatto nero,
libbero pensatore come lui,
je faceva la critica
riguardo a la politica
ch’era contraria a li principi sui.
― Giacché num badi a li fattacci tui,
― je disse er Gatto bianco inviperito ―
rassegnerai le propie dimissione
e uscirai da le file der partito:
ché qui la pôi pensà libberamente
come te pare a te, ma a condizzione
che t’associ a l’idee der presidente
e a le proposte de la commissione!
― È vero, ho torto, ho aggito malamente... ―
rispose er Gatto nero.
E pe’ restà ner Libbero Pensiero
da quela vorta nun pensò più gnente.
Analisi e significato de La libbertà de pensiero di Trilussa
Pubblicata nella raccolta Favole moderne (1922) La libbertà de pensiero ci racconta di un gatto nero che muove una critica alle posizioni politiche di gatto bianco, presidente di un circolo del libero pensiero del quale entrambi fanno parte. Sin da subito è chiaro, e lo sarà ancor di più nel seguito del componimento, che la favola è solo un pretesto per alludere a una situazione che, probabilmente, in quegli era molto frequente nel contesto politico italiano.
Qual è la colpa del gatto nero? Quella di insubordinazione, di non pensare ai fatti suoi e di manifestare liberamente la propria opinione e il fio che deve pagare per la sua colpa è proprio quello, paradossale e quasi grottesco, di dover lasciare l’associazione del libero pensiero perché lì, in realtà, pensare liberamente significa associarsi all’opinione che gode di maggior consenso, quella del presidente appunto, e di avallare le proposte della commissione.
Ancor più paradossale è l’esito del componimento dove il povero gatto nero riconosce il proprio errore e, per non condannarsi all’isolamento e diventare un reietto, sceglie di non pensare più a nulla, di non prendere più posizione per quieto vivere.
Si tratta, come abbiamo già notato, di versi didascalici ed esemplificativi con i quali Trilussa fa il verso a gran parte della politica del suo tempo. Anche se fascista non lo fu mai, Trilussa venne lasciato libero di scrivere anche dal Regime perché con i suoi versi ironici e sbarazzini riusciva a suscitare il riso anche di alcuni gerarchi fascisti; non per questo dobbiamo credere che questa divertente rampogna in versi sia indirizzata solo al Partito Nazionale Fascista.
Certo, nel partito del Duce, che nel 1922 si apprestava a compiere la marcia su Roma, il dissenso non doveva essere cosa tollerata e gradita ma potremmo affermare che anche nel Partito Socialista, già di per sé diviso tra riformisti e rivoluzionari, le idee troppo estreme non dovessero essere troppo apprezzate: lo dimostra bene la storia del giovane Mussolini, anche lui socialista massimalista, rivoluzionario e interventista, che per le sue idee anticonformiste e non allineate al libero pensiero del partito, fu costretto a consegnare la tessera.
Non dobbiamo, però, pensare che la critica politica, tanto ricorrente in Trilussa avesse un bersaglio preciso: egli riservò le sue gaudenti sferzate, oltre che a fascisti e socialisti, a certi rivoluzionari che volevano stravolgere il mondo ma più a parole che a fatti, alle velleità degli anarchici, ai repubblicani che pur facendo opposizione erano sempre molto attenti a non dare eccessivi dispiaceri alla Corona. La satira nei confronti della politica in Trilussa, oltre a rivolgersi a tutti e a nessuno in particolare, è in fondo bonaria e lo dimostra bene il fatto che, poco prima di morire, nel 1950, Carlo Alberto Salustri (vero nome di Trilussa) fu nominato senatore a vita e aderì a quel Partito Repubblicano i cui adepti non aveva faticato a descrivere come dei salami imbambolati di fronte all’immagine di Giuseppe Mazzini.
I veri bersagli polemici di Trilussa in realtà furono altri: il militarismo, soprattutto, nei confronti del quale usò toni più accesi e contro cui mosse una critica che aveva il sapore di una netta e inappellabile condanna morale, piuttosto che di uno sfottò. Lo dimostra bene la sua toccante Ninna nanna, scritta in occasione della prima Guerra mondiale.
La libertà di pensiero, invece, fu la vera fede politica di Trilussa, una fede che non mancò ami di praticare sagacemente e che poté professare senza troppe pastoie, proprio perché sapeva cantarla velandola dietro le innocenti vicende dei suoi buffi animali. Ciò lo rese l’unica voce davvero libera del Ventennio, insieme a quel Benedetto Croce che nonostante il suo Manifesto non fu mai silenziato dal Regime, per la caratura e il prestigio internazionali che aveva già raggiunto in vita, quando Mussolini ottenne i pieni poteri.
“La libbertà de pensiero” di Trilussa: analisi metrica e stilistica della poesia
La libbertà de pensiero di Trilussa si compone di un’unica strofa che consta di 19 versi liberi, tra endecasillabi, decenari, ottonari e settenari. Lo schema rimico è il seguente: ABbCddCCEFEAFAFAbBA (si indicano con le maiuscole endecasillabi e decenari e con le minuscole settenari e ottonari).
Per quanto riguarda la lingua è nota la preferenza di Trilussa per il romanesco che gli consentiva di interloquire direttamente con le classi popolari, alle quali, in questo caso, è rivolto anche il messaggio didascalico contenuto nella poesia.
Per quanto riguarda lo stile è da sottolineare la presenza del discorso diretto e il frequente ricorso alla figura retorica dell’enjambement che, prolungando il significato di un verso anche in quelli successivi, conferisce al componimento un ritmo pacato, che ben si confà al suo andamento narrativo e dialogico.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La libbertà de pensiero”: la poesia di Trilussa che fa il verso alla politica
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