Valentina Ciurleo, con L’altalena e le parole (Affiori, 2025), vuole dimostrare che la poesia ha le stesse paure di un testo narrativo. Le parole si guastano se cambiano significato e si passa, appunto, a un’altalena delle stesse. Le parole sono importanti per Valentina Ciurleo, ma a pari merito con i sentimenti.
L’intervista a Valentina Ciurleo
- Perché il titolo “L’altalena e le parole”; è stata una scelta editoriale?
Il titolo ha diversi significati simbolici legati agli stati d’animo e agli eventi della vita, intesi come un febbrile movimento oscillatorio. L’altalena è la metafora calzante di questo movimento, ma è anche un richiamo alla fanciullezza, al bambino che gioca e si diverte.
- Cosa aveva pubblicato prima di questa silloge?
Link affiliato
Rispetto alle mie pubblicazioni, c’è una prima pubblicazione con Poeti e Poesia nell’opera Impronte 67, un’opera letteraria che ha ho ospitato componimenti poetici di vari autori tra cui anche i miei. Successivamente, a maggio del 2017, ho pubblicato con Escamontage (un’associazione culturale) una raccolta poetica, Oltre la linea dell’emozione, dove esterno emozioni e stati d’animo mettendoli in versi in una composizione tutta personale, accompagnata da immagini.
- In un mondo sempre più complesso e pieno di contraddizioni, la poesia come può servire?
Personalmente credo che la poesia sia lo specchio della condizione umana, intrinsecamente complessa, fluida e ambigua. Essa ci offre uno spazio emotivo potente e una libertà espressiva che ci permettono di toccare il senso più profondo dell’esistenza. Il poeta, dando voce alla sua ricerca incessante del sentire, mette in comune l’esperienza più personale (il dolore, il senso di meraviglia, l’amore). La poesia ci riporta al valore del dettaglio e del concreto (la luce riflessa su un fiore, l’incessante movimento delle onde del mare), elementi spesso ignorati.
Dunque, attraverso i versi, possiamo raggiungere ciò che sfugge alla logica razionale, dando voce al senso di meraviglia e a quella ricerca incessante del sentire che risiede in ognuno di noi. Leggere poesia è ancorare l’identità personale e collettiva a qualcosa di permanente, preservando la nostra condizione umana al di là delle mode e delle crisi contingenti.
Personalmente la poesia mi è compagna di vita.
- Nell’Ottocento europeo, il poeta spesso aveva la funzione di allietare la classe aristocratica e i borghesi la sera, prima di andare a letto. Una centralità completamente scomparsa. È d’accordo?
Certamente la poesia ottocentesca aveva la funzione di intrattenimento di stupore dell’altro. Era una specie di guida, la voce assoluta, il poeta era colui che, dotato di una sensibilità superiore, poteva cogliere il mistero della vita, il sublime e la storia (come Manzoni) o il senso del dolore e dell’infinito (come Giacomo Leopardi), ben oltre il semplice svago.
Purtroppo adesso è scomparsa questa centralità poetica, siamo in una frammentazione del pubblico. In un’epoca di comunicazione veloce e superficiale, la scrittura poetica costringe alla riflessione e alla precisione verbale. Oggi la poesia è il genere più adatto per l’esplorazione del disagio esistenziale, della complessità dell’identità e dei temi privati, dando uno “spazio emotivo profondo" per chi la scrive e la legge.
Concludendo, la poesia forse non ha più una sua centralità ma ha trasformato il suo ruolo da pubblico a intimo e personale.
- Il mercato editoriale attuale, in Italia, lascia la poesia come ultima perché non vende. Eppure ci sono persone, penso a Marco Saya, che resistono e pubblicano sillogi.
Secondo me la poesia, pur essendo una forma d’arte profonda e storicamente rilevante, si trova forse in una posizione economicamente marginale. Tuttavia, la resistenza di autori ed editori che continuano a pubblicare sillogi non è solo un atto di passione, ma risponde a dinamiche specifiche del settore e a bisogni culturali radicati.
Forse la poesia è commercialmente marginale, ma non è affatto "morta". È stata relegata in una zona editoriale di resistenza, dove il suo valore è esistenziale e culturale e non monetario. La sua forza sta proprio nel suo disinteresse verso le regole del mercato che la ignorano.
- Le parole sono ciò che distingue l’essere umano dal mondo animale, tutte quelle bestiole che sono ormai parte di una famiglia o di una persona singola. Cosa sono le parole nelle poesie?
Il linguaggio umano è strettamente legato a capacità mentali superiori, che le specie animali non dimostrano allo stesso modo, seppur gli animali esprimono emozioni attraverso il loro silenzio.
La parola è lo strumento attraverso cui l’essere umano tenta di dare forma all’ineffabile, a quell’insieme di emozioni, pensieri profondi e sensazioni che sfuggono alla logica e al linguaggio comune.
Per me le parole nella poesia sono frammenti, immagini che attraversano il momento; rappresentano ognuno nella propria unica forma. Le parole sono uno scavo interiore, un far emergere le zone più profonde.
- Lei ritiene che scrivere una poesia per diletto, senza sapere le figure retoriche, il cambio dei versi, la musicalità può dirsi poesia lo stesso? L’ispirazione ha fatto danni?
Questa domanda mi prende particolarmente, il dibattito tra arte e tecnica è molto particolare.
Perché un testo possa resistere al tempo ed essere universalmente riconosciuto come "Poesia" (con la P maiuscola), è quasi sempre necessaria l’unione indissolubile tra l’ispirazione autentica e la padronanza tecnica (anche solo intuitiva) che permette di trasformare il sentimento personale in forma d’arte
Certamente posso strutturare una poesia utilizzando gli schemi metrici e retorici classici (come l’endecasillabo o la rima obbligata). Credo personalmente che l’ispirazione sia l’unica vera forza; il valore risiede nel processo di scrittura e nell’autenticità del sentimento come forma personale d’arte. Pertanto, per me può ritenersi poesia ciò che attraversa l’altro nei suoi occhi, quanto lo cattura e quanto lo emoziona.
- Negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso dire le poesie ad alta voce divenne importante. I poeti si conoscevano tra loro, avevano un peso. Ora ci sono gli amici di facebook e di Instagram, ma non è la stessa cosa. Cosa ne pensa?
È un’osservazione molto acuta che mette in luce un cambiamento radicale nelle modalità di fruizione, diffusione della poesia. Penso che il paragone evidenzia una differenza fondamentale: il passaggio da una comunità coesa e critica a una rete vasta di persone connesse. In definitiva, sebbene i social abbiano reso la poesia più accessibile a tutti (il che è positivo), hanno anche diluito e spostato il focus dalla forma artistica complessa all’impatto emotivo istantaneo. Certamente è una nuova modalità poetica comunicativa, personalmente ho avuto anche modo di conoscere poeti e scrittori tramite incontri letterari - via social. Dipende sempre dall’utilizzo che se ne fa e dall’importanza che gli diamo.
Credo fermamente nella voce della poesia, la conoscenza poetica procede in un contesto concreto dove le persone “si conoscono e vengono conosciute”; luoghi dove la parola viene non solo letta, ma ascoltata e apprezzata per la sua forza interiore.
- “L’altalena e le parole”, la sua silloge, vuole i lettori o per snobismo deve essere capita solo dagli addetti al lavoro?
Link affiliato
Come si evince dal titolo del mio libro L’altalena e le parole (che trae ispirazione da esperienze di vita e da un movimento oscillatorio di stati d’animo), il desiderio primario è quello di comunicare e di condividere un percorso interiore. Non deve essere necessariamente capita, il tentativo è di rendere universale un sentimento privato, di creare un ponte emotivo tra me e gli altri. Forse quello che mi aspetto da un possibile lettore è uno sforzo interpretativo, ma questo sforzo è ripagato dalla sua “profondità dell’esperienza emotiva”. Ogni scrittore come ogni lettore hanno sguardi che sanno “ricongiungere”.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Valentina Ciurleo, autrice di “L’altalena e le parole”
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia News Libri Ti presento i miei... libri
Lascia il tuo commento