Dopo il successo di pubblico e di critica ricevuto con il suo romanzo d’esordio, La stazione (Giunti, 2022), Jacopo De Michelis ritorna nel panorama letterario con un nuovo e avvincente thriller dalle tinte gotico-noir, La montagna nel lago (Giunti, 2024).
La sua passione per la Storia e il suo talento innato ancora una volta si riflettono magistralmente in quest’opera corposa e tumultuosa, dalla trama coinvolgente e magnetica, fitta di risvolti inaspettati e colpi di scena, densa di richiami ed echi storici, di atmosfere misteriose e suggestioni cupe, proprie di un lontano passato ma che si ripercuotono inevitabilmente in un presente inquietante, che sembra porgere la mano al lettore per invitarlo a fare i conti proprio con quel trascorso seppellito nelle acque del lago e nei profondi meandri dell’anima.
In questa mia intervista l’autore ci racconta da vicino quanto il potere della Memoria e della verità riesca ad avere il sopravvento sui nostri fantasmi e scheletri nascosti, e alla fine a presentarti un conto amaro.
- Parliamo di dimensioni spazio-temporali. Da sempre mi affascina la contrapposizione e sovrapposizione fra passato e presente, e la rappresentazione che lei ne propone qui è emblematica. Dinamiche storiche, sociali e personali si intrecciano e fondono più volte all’interno di una trama complessa, rendendola avvincente. Quanto la affascina comprendere e dimostrare come il passato fornisca sempre una chiave di lettura per capire e affrontare il presente? Rendersi conto che il suo riflesso potrebbe un giorno rivelare sorprese inaspettate e fornire nuove prospettive, consapevolezze?
Sia a livello individuale che collettivo, noi siamo il nostro passato, la somma delle scelte ed esperienze che abbiamo fatto nel corso del tempo. Comprenderlo meglio e più a fondo è vitale per acquisire una piena consapevolezza di sé, tanto come individui che come società, ed evitare di ripetere gli stessi errori. È una cosa di cui il protagonista de La montagna nel lago si renderà conto, anche dolorosamente, nel corso del romanzo.
- Quali peculiarità ed echi riflette il contesto paesaggistico del lago, da lei descritto attraverso immagini dettagliate e atmosfere piuttosto suggestive? Di quale identità e simbologia si rende portavoce secondo lei, al di là della trama scelta da un autore?
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La montagna nel lago è un romanzo che, come già il mio precedente thriller La stazione, nasce dalla fascinazione per un luogo - in questo caso Montisola sul lago d’Iseo - e oltre a raccontare un’indagine poliziesca piena di suspense e colpi di scena porta il lettore alla scoperta di quel posti tanto affascinanti e suggestivi quanto poco noti, che nelle pagine del romanzo, più che semplice sfondo, diventano essi stessi protagonisti. A me insomma interessa rappresentare, evocandolo davanti agli occhi di chi legge, il luogo reale, concreto. Per quanto riguarda i significati simbolici, oscilla tra i due poli dell’ambivalenza che prova nei suoi confronti il protagonista, Pietro, il quale da giovane considerava Montisola una prigione da cui fuggire a ogni costo e da adulto comincia a vederla come un paradiso perduto nel quale non gli dispiacerebbe venire riammesso.
Perché a Montisola il tempo passa in modo diverso che altrove: le cose non cambiano, si consumano lentamente.
- La ricostruzione storica che ha proposto nella sua storia è certamente frutto di una lunga ricerca. Com’è nato in lei il desiderio di raccontare determinati fatti storici e quali sono i messaggi che ha voluto veicolare mediante questa sua scelta?
Il primo embrione della storia narrata nel romanzo si è sviluppato in me proprio quando ho scoperto alcuni sorprendenti fatti storici accaduti a Montisola. Mi affascinava l’idea di mettere in scena l’indagine su un delitto che ha radici lontane nel tempo, elaborando una trama articolata che si si struttura su molteplici piani temporali. Quanto al messaggio, credo sia meglio lasciare che siano i lettori a scoprirlo, immergendosi nelle tumultuose pagine del romanzo.
- Sono interessanti gli spunti riflessivi derivanti dal tratteggio particolareggiato dei singoli personaggi, soprattutto quello inerente ai tre protagonisti, Pietro Rota, Betta e Cristian Bonetti. Il loro legame subisce più volte, fra passato e presente, diversi contraccolpi, generando profonde fratture. La loro rappresentazione psicologica, emotiva è molto accurata e coinvolgente. Quali aspetti, valori e riflessi che le appartengono ritroviamo in ciascuno di loro?
In tutti i miei personaggi c’è qualcosa di me, ma nessuno è basato su spunti autobiografici. Quello che mi interessava era renderli il più possibile umani e palpitanti di vita, in modo che i lettori potessero emozionarsi, gioire e soffrire insieme a loro. E ne avranno parecchie occasioni, dato che Pietro a livello di relazioni e sentimenti umani viene sollecitato su molteplici fronti, quello del rapporto padre-figlio, quello dell’amicizia e anche quello dell’amore.
Per quanto intimamente siamo legati a qualcuno, non possiamo mai dire di conoscerlo fino in fondo. Che ne sappiamo di quali pensieri vengono a visitarlo nelle ore più buie della notte, del magma di istinti e pulsioni che gli si agita nel subconscio.
- Ci racconti quale è stato il personaggio più complesso da raccontare e perché, oltre al protagonista, fra i tre precedentemente citati, a cui si sente maggiormente legato.
Sono particolarmente legato alla sfortunata Adua, la "matta del villaggio" a cui nessuno presta attenzione e invece nasconde profondità insospettate. Le sue sofferenze, trascurate da tutti, mi commuovono. Il più difficile da scrivere credo sia invece stato il padre di Pietro, Nevio, l’anziano pescatore taciturno e burbero, che tende a non lasciar trapelare le sue emozioni. Risulta piuttosto complesso rendere empatico un personaggio del genere, ma alla fine credo di esserci riuscito.
- Ponendo La montagna nel lago a confronto con La stazione, il suo romanzo d’esordio che ha riscosso un notevole successo, quali differenze ha riscontrato durante la loro stesura? Quale impatto emotivo ha avuto su di lei, come uomo e come scrittore, scrivere queste due opere? Con quali sentimenti, sensazioni e impressioni si convive dopo aver messo nero su bianco una storia fortemente sentita?
Terminato un romanzo mi sento insieme sollevato e svuotato, oltre che in ansia riguardo a come verrà accolto. Ho bisogno di ricaricare le pile per un po’ prima che mi riafferri l’urgenza di scrivere. Ho scritto il mio primo romanzo La stazione come una scommessa e una sfida con me stesso, con grande libertà ma anche tante incertezze, senza sapere se ne sarebbe venuto fuori qualcosa di valido o no. Durante la stesura de La montagna nel lago ero più determinato e consapevole, ma non nego di aver avvertito la pressione che deriva dal dover mantenere le aspettative suscitate dal successo del libro precedente.
Comincia a piovere, Pietro affretta il passo. Ѐ solo colpa di quel fastidioso granello che non vuole andarsene se sulle sue guance alcune lacrime si mescolano alle gocce di pioggia.
- Devo ammettere che la copertina dedicata al suo libro è molto rappresentativa e suggestiva. Osservandola meglio, ogni elemento raffigurato si rende portavoce di echi e richiami alquanto significativi. Se dovesse sceglierne uno in particolare, che sente maggiormente “suo”, per quale opterebbe? Si rivede nell’immagine della montagna, dell’acqua o della rosa? Dove la conduce all’istante lo Jacopo più vero e profondo, e perché?
La copertina del libro è indubbiamente bella e ne sono soddisfatto, ma confesso che non la sento del tutto "mia". Io avevo in mente e avrei voluto in copertina un’immagine in cui fossero evocate sia le luci che le ombre della storia e del luogo d’ambientazione, invece in quell’illustrazione prevalgono decisamente le ombre.
- Oggi si assiste sempre più a una sorta di “osmosi” fra parole e immagini, fra l’universo letterario e quello cinematografico, ovvero alla tendenza a riprodurre sul piccolo o grande schermo le storie narrate nei molti libri letti da noi lettori. Ritiene o desidera che la sua opera possa diventare oggetto di interesse per un’eventuale trasposizione?
Oltre che di letteratura sono un grande appassionato di film e serie tv, che credo abbiano anch’esse sotto certi aspetti influenzato il mio modo di scrivere. Da una parte sì, sarei molto felice che i miei romanzi venissero trasposti sul piccolo o grande schermo, dall’altra temo che poi potrei non riconoscermici, di vedere tradite e stravolte le mie storie.
- Esistono già progetti futuri su cui vorrebbe lavorare? Possiede il seme di una nuova storia a cui vorrebbe dare voce?
Ci sono alcuni semi. Al momento sto ancora cercando di capire quale potrebbe essere il più vicino a germogliare.
Recensione del libro
La montagna nel lago
di Jacopo De Michelis
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Jacopo De Michelis, in libreria con “La montagna nel lago”
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