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In libreria “Giorni di mafia” di Piero Melati, un libro di soli fatti

Per l'editore Laterza Piero Melati scrive un rigoroso elenco degli avvenimenti di e sulla mafia dal 1950 a oggi; un saggio senza opinioni personali, né odi alla patria ferita. Solo fatti.

Vincenzo Mazzaccaro
Vincenzo Mazzaccaro Pubblicato il 09-06-2017

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In libreria “Giorni di mafia” di Piero Melati, un libro di soli fatti

I fatti descritti da Piero Melati nel suo nuovo libro, “Giorni di mafia”, proprio perché spogli e avulsi da ogni retorica lasciano il segno: fanno più male così che se fossero stati avvenimenti romanzati.

La parte più interessante del saggio descrive i primi anni di mafia, mattanze dimenticate nell’ordito smemorato della storia. Il 1950, anno con cui si apre il libro, è però famoso per l’assassino del bandito Salvatore Giuliano, non peraltro il sottotitolo è “Dal 1950 a oggi: quando, chi, come”.

Giuliano era stato ritenuto il responsabile della strage di Portella della Ginestra, con più di venti feriti, dove erano stati falciati a colpi di mitra nove adulti, due bambini e altri tre uomini che, feriti, poi non ce la fecero.
Piero Melati ammette che di Giuliano sappiamo ben poco, nonostante film importanti, leggende metropolitane; diciamo che diede inizio alla mafia per convenzione.
Nel 1951 finisce anche il sogno del separatismo siciliano.
Nel 1954 a Raimondo Lanza di Trabia Domenico Modugno dedicò una canzone, L’uomo in frac. Gaudente e ricco sposò una attrice ed era di casa a Hollywood. Omicidio di mafia il suo: pochi giorni prima di essere ucciso, infatti:

“fu costretto a cedere i suoi feudi ai capimafia Don Calò Vizzini e Genco Russo”.

Un evento importante avviene nel 1956, la nascita di Gladio, i servizi deviati in contatto con la CIA americana, per fronteggiare una ipotetica invasione straniera, in buona sostanza quella Sovietica.

I vecchi clan mafiosi diventano altro con il passare degli anni: gli uomini e le donne mafiose divennero imprenditori, politici, funzionari; poi diventarono miliardari con lo spaccio e la preparazione dell’eroina. La droga portò i mafiosi a essere delle belve senza più morale, senza più quei precetti mafiosi che erano durati per anni. I drogati erano solo dei senza anima che rubavano in casa per comprare una fetta di “paradiso chimico”.
A dirlo cosa era diventato il mondo mafioso, composto da narcotrafficanti, il pentito forse più famoso nel mondo, di sicuro più famoso nel mondo europeo e americano, ovvero Tommaso Buscetta.

“è il bing bang. Presto a Buscetta si accoderanno altri pentiti: Salvatore Contorno, Vincenzo Sinagra (...) aprendo la frana al pentitismo che alla lunga contribuirà a distruggere Cosa Nostra. Le rivelazioni dei pentiti saranno alla base del Maxiprocesso dell’86”.

Quello che succede intorno al Maxiprocesso Piero Melati lo racconta con dovizia di particolari, scrivendo pure di quanti, tra giornalisti e scrittori suoi colleghi, pagarono con il prezzo della vita la voglia di raccontare.

Arriva nel 1991 un personaggio controverso e a suo modo affascinante, la cui particolarità era una inguaribile ferocia: è il tempo di Matteo Messina Denaro, nomen omen. Per uscire fuori dall’orrore due note di colore: era un modaiolo e uno sciupafemmine ma se sui vestiti si hanno le foto, per l’altra capacità dobbiamo fidarci di racconti spesso molto coloriti. Tutti i mafiosi di quel periodo si dichiaravano playboy, uomini con gli “attributi”, la sola parola “omosessuale” poteva essere motivo di morte improvvisa. Un vieto maschilismo che fortunatamente ha lasciato l’isola di Sicilia dopo troppi anni.

Poi le date più famose: 23 maggio del 1992, la strage di Capaci: Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, morti, e l’autista Giuseppe Costanza, sorprendentemente illeso. Non avvenne lo stesso per la Croma marrone della scorta: a Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo toccò la stessa triste sorte del giudice.
19 luglio 1992: 90 chili di esplosivo deflagrano nel palazzo dove vive la madre di Paolo Borsellino, dilaniato con la sua scorta di cinque agenti: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina e Claudio Traina.

Il resto è l’oggi.
Scrive Piero Melati il 13 luglio 2016, sulla morte di Bernardo Provenzano:

“Tutte le ipotesi che si fanno sul post-Provenzano sono bifocali, schizofreniche. Si parla a briglia sciolta, come al bar o nei social. Senza supporti o dati di realtà. la strada per ricominciare resta quella di Falcone: segui i soldi. Gli enormi capitali accumulati viaggiano. E il denaro non è mai invisibile. Lo sterco del demonio lascia sempre qualche traccia”.

Un libro, questo di Piero Melati, da tenere in casa. Non chiedetemi il perché.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: In libreria “Giorni di mafia” di Piero Melati, un libro di soli fatti

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