Il seme di picche di Aldo Vetere

“Tutti gli uomini ricchi e potenti hanno un segreto nascosto e inconfessabile, nessuno escluso”.

Questa frase è l’antefatto de Il seme di picche (Ad est dell’equatore, 2018) terzo romanzo di una serie che Aldo Vetere ha ambientato all’inizio dell’Ottocento. La vicenda si svolge tra il regno di Napoli e la Francia. Un avvincente intreccio di trame e intrighi che partono da una singolare scommessa e culminano, tra colpi di scena e delitti, con lo svelamento delle vere motivazioni che hanno mosso i personaggi e che affondano le loro radici in un drammatico passato: perché la verità non è quella che appare.

La “scommessa” vede protagonisti due gentiluomini amici di lunga data: un aristocratico francese, il conte di Saint-Saison, uomo potente, colto e affascinante e un ricchissimo banchiere napoletano, Davide Levi. Essa nasconde un diabolico piano di vendetta postuma, in cui è coinvolta una misteriosa confraternita di nobili cavalieri francesi che opera nell’ombra.

Due sono i motori dell’azione: da una parte l’irrinunciabile riabilitazione dell’onore di un gentiluomo vittima della rivoluzione napoletana del ’99; dall’altra la più potente e banale delle motivazioni: il desiderio di possesso di un ingente patrimonio.

Ma c’è una terza componente: il bisogno di verità e di giustizia che anima un ufficiale della Gendarmeria Borbonica, Camillo del Giudice (filo rosso che lega questo romanzo ai precedenti) che spariglierà le carte e porterà con abili strategie e avventurose vicissitudini a una conclusione che nasconde un ennesimo colpo di scena.