Questa cosa delle liste e classifiche dei libri migliori dell’anno è estenuante. Non negativa, non inutile, non superflua. Estenuante, “che stanca molto” secondo il vocabolario Treccani: questo significa ed è l’etimologia a dirlo, che compilare e consultare liste riduce la mente a uno straccio. Sicuramente gli antichi pensatori non l’avrebbero detta così, ma anche la ricerca della forma perfetta produce lo stesso effetto delle liste.
Siamo alla fine dell’anno, l’ultima occasione per redimersi. “I migliori 10 libri del 2023”: titoli allineati uno sotto l’altro, ciascuno preceduto da un numero di cui non si conosce il valore: sta ad indicare quello che ha venduto di più? Quello che ha ricevuto il maggior numero di premi? O è semplicemente in ordine alfabetico, rendendo vana tutta l’aspettativa? In ogni caso, non possono essere ignorati perché a firmarli sono i titani dell’editoria e della critica: New York Times, LitHub, The Atlantic o il Washington Post.
Eccoci allora armati di penna e fogli per trascrivere il nostro elenco della vergogna chiedendoci dove siamo stati negli ultimi 11 mesi e perché quella volta, invece di pescare un classico russo dalla libreria della zia o al posto di comprare quel titolo dimenticato al mercatino dell’usato per soli 2 euro, non siamo corsi in libreria a chiedere al libraio, con il fiatone e gli occhi iniettati di sangue, “Mi dia l’ultimo bestseller americano che le è arrivato!”. Eppure bastava tenersi un po’ informati, no? Bastava aprire Instagram, seguire più profili rispettabili e iscriversi a più newsletter, che fanno ancora più intellettuale. Se trascrivendo quei dieci titoli sentiamo tutto questo, ecco che abbiamo imboccato l’autostrada per la FOMO.
Consultando di nuovo il vocabolario Treccani, con FOMO si intende
“Fear of missing out (’paura di rimanere escluso’), che si riferisce alla sensazione d’ansia provata da chi teme di essere privato di qualcosa di importante se non manifesta assiduamente la sua presenza tramite i mezzi di comunicazione e di partecipazione sociale elettronici interattivi”
In soldoni, se non abbiamo partecipato attivamente sui social all’ultimo anno del mercato editoriale, ci viene l’ansia. Forse non ci sentiamo abbastanza lettori o, peggio, non ci sentiamo lettori abbastanza attivi. Come possiamo dire di amare la letteratura se non consideriamo importante ciò che di nuovo hanno da dire gli autori?
Per rispondere alla domanda, prima di tutto va fatta una distinzione tra i lettori. Ci sono coloro che appartengono alle community social, discutendo di novità, e quelli che invece preferiscono i book-club nella caffetterie in cui si legge Flaubert. Uno non esclude l’altro, ovviamente, ma non sempre convivono congiuntamente nel lettore. Quale dei due ha la ragione? Dipende a chi lo so chiede: il capo redattore del New York Times, che gode nel veder salire le quote del mercato editoriale, risponderà che sono i primi a dover essere considerati. Tuttavia, Dante, Petrarca, Leopardi, Fitzgerald o il Flaubert protagonista dei book-club, avrebbero un’opinione diversa.
Come sopravvivere quindi alle micidiali liste di fine anno? Andiamo in libreria, prendiamo la nuova uscita che tanto ci sta facendo sentire un fallimento e dimentichiamo un attimo la copertina che si sono ingegnati a produrre studiando i nostri gusti e la nostra psicologia. Giriamo il libro. Nell’angolo in basso a destra della quarta di copertina c’è un codice a barre e, al di sotto, una sfilza di numeri. Esatto, quella non è la data di scadenza. Appurato questo, se ci va proseguiamo con l’acquisto. Altrimenti riponiamo la reliquia e andiamo a caccia di ciò che abbiamo davvero voglia di leggere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I migliori libri del 2023: le classifiche servono davvero?
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