

I Romantici videro in lei una novella Saffo per l’attività poetica ispirata a un amore tormentato e un’esistenza che non conobbe l’insulto della vecchiaia, conclusasi ad appena 32 anni. Stelio Effrena, protagonista del Fuoco di Gabriele D’Annunzio, ne parla così:
Io so di lei un verso magnifico: “vivere ardendo e non sentire il male”.
Parliamo della poetessa Gaspara Stampa (1523-1554), autrice di un Canzoniere di 311 componimenti pubblicato postumo dalla sorella e dedicato a un uomo che non la ricambiò con la stessa intensità, suo signore d’Amore anche in senso feudale, vista la distanza sociale che li separava come vedremo più avanti.
Gaspara Stampa, cortigiana onesta del Rinascimento
La sua parabola esistenziale e letteraria va collocata nel quadro della vita mondana del Rinascimento, dove le relazioni sociali seguivano la grammatica di regole e convenzioni teorizzata da Baldassar Castiglione nel trattato Il Cortegiano.
Di nobile famiglia milanese, nacque a Padova intorno al 1523; alla morte del padre si trasferì a Venezia con la famiglia - il fratello era un poeta, la sorella una cantatrice e musicista come lei - dove partecipò alla vita colta e mondana della città in veste di escort d’alto bordo. Allora si usava l’espressione cortigiana “onesta” o “honorata”, perché nel variegato settore del sesso a pagamento solo le prostitute dotate di bellezza, grazia, eleganza, una certa istruzione e il dono di intrattenere l’interlocutore con brio durante un corteggiamento codificato assurgevano al rango di cortigiane. Infatti l’aggettivo “onesta” non qualifica la rettitudine morale, quanto la dignità, il fatto di essere rispettata, socialmente riconosciuta come donna sola, uno status che – malgrado i contro che da sempre comporta – regalava una libertà impensabile per una donna, tra cui quella dell’istruzione e del poetare. Meglio non calcare la mano attribuendo anche l’indipendenza a una femmina come lei che, per sopravvivere, ha comunque bisogno dell’appoggio maschile.
A proposito occorre precisare che il termine "cortigiana" nasce con il significato di "donna attiva nella vita cortese", ma già nel Cinquecento assume quella sfumatura negativa di cui sopra, tanto che lo stesso Castiglione preferisce la perifrasi "donna di palazzo".
Il “Canzoniere” di Gaspara Stampa, iter esemplare di un amore


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Tornando alla Stampa, fu proprio la lirica, genere soggettivo per eccellenza, a consentirle di far affiorare il suo mondo interiore. Il tratto saliente della sua vita, anche sotto il profilo letterario, è la relazione triennale con un uomo d’arme, il conte Collaltino di Collalto signore della Marca Trevigiana, la totalità delle conquiste veneziane in terraferma corrispondente alla provincia di Treviso.
Risale al Natale 1548 il loro incontro galeotto nel salotto di Domenico Venier, un poeta proveniente dal patriziato. La relazione si protrasse tra alti e bassi dal 1548 al 1551 ispirando un Canzoniere di ascendenza petrarchesca.
Osservando il sonetto in apertura e quello in chiusura, si avverte l’ambizione di scrivere l’iter esemplare del proprio amore, che la critica definisce petrarchismo macro-testuale, con tanto di giorno dell’innamoramento, luoghi, incontri e distacchi. Pertanto il Canzoniere si presenta come diario autobiografico di una donna innamorata che si abbandona al sentimento con una sincerità insolita per l’epoca. Questo aspetto ne rappresenta la forza e il limite per l’assenza della rielaborazione tecnico-formale del discorso poetico, estranea alla sua formazione.
A titolo esemplificativo diamo un’occhiata al primo e all’ultimo sonetto della raccolta: “Voi, ch’ascoltate in queste meste rime” e “ Mesta e pentita de’ miei gravi errori”.
“Voi, ch’ascoltate in queste meste rime”: sonetto proemiale del “Canzoniere”
Voi, ch’ascoltate in queste meste rime,
in questi mesti, in questi oscuri accenti
il suon degli amorosi miei lamenti
e de le pene mie tra l’altre prime,
ove fia chi valor apprezzi e stime,
gloria, non che perdon, de’ miei lamenti
spero trovar fra le ben nate genti,
poi che la lor cagione è sì sublime.
E spero ancor che debba dir qualcuna:
– Felicissima lei, da che sostenne
per sì chiara cagion danno sì chiaro!
Deh, perché tant’amor, tanta fortuna
per sì nobil signor a me non venne,
ch’anch’io n’andrei con tanta donna a paro?
Nel sonetto proemiale, cosa chiede Gaspara Stampa ai suoi lettori? Auspica di essere apprezzata come poetessa e come donna.
Sintetizziamo il senso: Tra voi lettori che ascoltate le mie pene d’amore in queste poesie tristi, spero che qualcuno ne apprezzi il valore letterario e la profondità del mio sentimento, perché fu Amore a spingermi a scrivere. E mi auguro che qualche donna non solo ammiri il mio esempio, ma desideri di trovarsi in una simile situazione emotiva per potermi eguagliare nella versificazione.
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È vero che dal punto di vista strutturale il modello petrarchesco è così palese da sfiorare il calco, quello che la critica chiama micro-petrarchismo. È altrettanto vero che alcune differenze contenutistico-tematiche fanno di Gaspara Stampa una voce originale, diversa rispetto al poeta di Valchiusa.
• Petrarca riflette sul passato di cui si vergogna perché impiegato a cercare la gloria e l’amore terreno. La Stampa è estranea a vergogna e senso di colpa, anzi rivendica orgogliosa la dignità di poter esprimere i suoi sentimenti.
• Petrarca cerca l’empatia tra chi ha provato la sua stessa esperienza esistenziale compressa tra desiderio e morale. La Stampa auspica il riconoscimento della propria attività letteraria di cui marca la componente autobiografica con l’espressione “nobil signor” al verso 13.
• Petrarca si rivolge al “popol tutto”, tutta la gente. Il pubblico della poetessa è circoscritto alla nobiltà che gravita intorno alle corti, eletta per nascita, sensibilità, preparazione culturale.
• Quello per Laura è un amore impossibile presentato in assenza o nella dimensione compensativa di una fantasia consolatoria post mortem (ricordate la canzone Chiare, fresche et dolci acque?). Quello per il conte di Collalto è un amore vissuto nella concretezza di una relazione asimmetrica sul piano affettivo e sociale, e pertanto dolorosa.
In parole povere, questo sonetto perde la molteplicità dei piani, la ricchezza e profondità di sfumature del modello, specie quelle religiose, per privilegiare l’espressione della propria interiorità.
“Mesta e pentita de’ miei gravi errori”: i versi conclusivi del “Canzoniere”
Mesta e pentita de’ miei gravi errori
E del mio vaneggiar tanto e sì lieve,
E d’aver speso questo tempo breve
Della vita fugace in vani amori,
A te, Signor, che intenerisci i cori,
E rendi calda la gelata neve,
E fai soave ogni aspro peso e greve
A chiunque accendi de’ tuoi santi ardori,
Ricorro, e prego che mi porghi mano
A trarmi fuor del pelago, onde uscire,
S’io tentassi da me, sarebbe vano.
Tu volesti per noi, Signor, morire,
Tu ricomprasti tutto il seme umano;
Dolce Signor, non mi lasciar perire.
Qual è la posizione di Gaspara Stampa nel sonetto conclusivo? È quella di una donna pentita di avere inseguito una passione intensa e inconsistente, che chiede a Dio un aiuto per redimersi e alleggerire la sua sofferenza.
Il sonetto è ricco di echi petrarcheschi: l’ispirazione religiosa ricorda Padre del ciel, dopo i perduti giorni; così come sono petrarcheschi il tema della brevità del tempo, della fugacità della vita, della vanità della passione amorosa, mentre il “pelago” degli affanni è dantesco.
A conti fatti, però, la profonda sofferenza per le contraddizioni psicologico-esistenziali proprie del cantore di Laura viene sostituita da una lotta interiore ancora in corso, perché la lusinga dei piaceri terreni sembra forte e tentatrice. Di conseguenza la preghiera e il desiderio di redenzione non sono immuni da quella convenzionalità decorativa di tanto petrarchismo cinquecentesco. Niente a che vedere con la tensione spirituale che anima Vergine bella, che di sol vestita, la canzone in chiusura del Canzoniere petrarchesco in cui il poeta chiede alla Madonna di liberarlo dal suo amore per Laura e di intercedere presso Dio affinché accolga il suo spirito in pace.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Gaspara Stampa: vita e opera della poetessa del Rinascimento
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