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Aforismi e frasi celebri

Gabriela Mistral: poesie più famose e belle per ricordare la poetessa cilena

Il 7 aprile 1889 nasceva Gabriela Mistral, poetessa cilena tra le più importanti del ‘900. Ecco le sue poesie più famose e belle per ricordare il suo compleanno

Federica Ponza
Federica Ponza Pubblicato il 07-04-2017

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Gabriela Mistral: poesie più famose e belle per ricordare la poetessa cilena

Oggi ricorre l’anniversario del compleanno di Gabriela Mistral, la poetessa cilena tra le più importanti della poesia femminile del Novecento e della poesia Ispano-Americana. E proprio per celebrare la nascita e la vita di questa poetessa vi proponiamo le sue poesie più famose e belle.

Gabriela Mistral, infatti, nasce il 7 aprile 1889 a Vicuña ed è stata la prima (ed unica) donna dell’America del Sud a vincere il Premio Nobel per la Letteratura nel 1945.

Nonostante, dunque, sia stata una tra le più importanti poetesse del ‘900, in Italia è ancora poco conosciuta.

La sua storia personale è quella di una donna forte ed anticonformista, che dovette conciliare i difficili ruoli di insegnante e scrittrice donna in un’epoca in cui il Cile era estremamente conservatore. Vediamo la sua vita e le sue poesie più famose.

Gabriela Mistral: le poesie più famose e belle

Desolazione
 
La bruma spessa, eterna, affinché dimentichi dove
mi ha gettato il mare nella sua onda di salamoia.
La terra nella quale venni non ha primavera:
ha la sua notte lunga che quale madre mi nasconde.
 
Il vento fa alla mia casa la sua ronda di singhiozzi
e di urlo, e spezza, come un cristallo, il mio grido.
E nella pianura bianca, di orizzonte infinito,
guardo morire immensi occasi dolorosi.
 
Chi potrà chiamare colei che sin qui è venuta
se più lontano di lei solo andarono i morti ?
Tanto solo loro contemplano un mare tacito e rigido
crescere tra le sue braccia e le braccia amate!
 
Le navi le cui vele biancheggiano nel porto
vengono da terre in cui non ci sono quelli che sono miei;
i loro uomini dagli occhi chiari non conoscono i miei fiumi
e recano frutti pallidi, senza la luce dei miei orti.
 
E l´interrogazione che sale alla mia gola
al vederli passare, mi riscende, vinta:
parlano strane lingue e non la commossa
lingua che in terre d´oro la mia povera madre canta.
 
Guardo scendere la neve come la polvere nella fossa;
guardo crescere la nebbia come l´agonizzante,
e per non impazzire non conto gli istanti,
perché la notte lunga ora solo comincia.
 
Guardo il piano estasiato e raccolgo il suo lutto,
perché venni per vedere i paesaggi mortali.
La neve è il sembiante che svela i miei cristalli;
sempre sarà il suo biancore che scende dal cielo!
 
Sempre essa, silenziosa, come il grande sguardo
di Dio su di me; sempre la sua zagara sopra la mia casa;
sempre, come il destino che non diminuisce ne passa,
scenderà a coprirmi, terribile e estasiata.
 

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“Desolazione”, la poesia simbolista di Gabriela Mistral: testo e analisi

 
La donna forte
 
Ricordo il tuo viso, fissato nei miei giorni,
donna con gonna azzurra e con fronte abbronzata;
quando nella mia infanzia, in terra mia d’ambrosia,
ti vidi aprire un solco nero in un ardente aprile.
 
Nella fonda taverna, l’impura coppa alzava,
chi un figlio appiccicò al tuo petto di giglio;
sotto questo ricordo, che t’era bruciatura,
cadeva dalla mano, serena, la semente.
 
Io ti vidi in gennaio segare il grano al figlio,
e in te, senza capire, trovai quegli occhi fissi,
ugualmente ingranditi da meraviglia e da pianto.
 
E ancora bacerei il fango dei tuoi piedi,
perché tra cento donne non ho visto il tuo volto,
e l’ombra tua nei solchi,
seguo ancora nel mio canto.
 
Dammi la mano
 
Dammi la mano e danzeremo
dammi la mano e mi amerai
come un solo fior saremo
come un solo fiore e niente più.
 
Lo stesso verso canteremo
con lo stesso passo ballerai.
Come una spiga onduleremo
come una spiga e niente più.
 
Ti chiami Rosa ed io Speranza
però il tuo nome dimenticherai
perché saremo una danza
sulla collina e niente più.
 
Gocce di fiele
 
Non cantare: resta sempre attaccato
sulla tua lingua un canto;
quello che doveva essere trasmesso.
 
Non baciare: resta sempre per una strana maledizione
il bacio che non viene su dal cuore.
 
Prega: pregare è dolce: però sappi
che la tua lingua avara non giunge
a dire il solo Padre Nostro che ti salvi.
 
E non chiamare come clemente la morte,
perché nel corpo di bianchezza immensa
resterà un vivo brandello che sente
la pietra che ti soffoca
ed il vorace verme che ti fora.
 
L’amore che tace
 
Se ti odiassi, il mio odio ti darei
con le parole, rotondo e sicuro;
ma ti amo e il mio amore non si affida
a questa lingua umana, così oscura!
 
Tu lo vorresti mutato in un grido,
e vien così dal fondo che ha disfatto
la sua ardente fiumana, sfinito
prima ancora della gola e del petto.
 
Io sono come uno stagno ricolmo
ed a te sembro una sorgente inerte,
per questo mio silenzio tormentoso
più atroce che entrare nella morte!
 
Intima
 
Non stringere le mie mani.
Verrà il tempo infinito
di riposare con molta polvere
ed ombra tra le dita intrecciate.
 
E tu dirai:
‘Non posso
più amarla; le sue dita
si sgranarono come le spighe’.
 
La mia bocca non baciare.
Verrà l’istante pieno
di spenta luce, senza labbra
starò sotto un umido suolo.
 
E tu dirai: ‘L’amai, ma non posso
amarla più, ora che non aspira
l’odore di ginestre del mio bacio’.
 
E mi rattristerò nell’udirti;
tu parlerai come un cieco ed un pazzo,
perché la mia mano sarà sulla tua fronte
quando le dita si spezzino,
e scenderà sopra il tuo volto
pieno d’ansia, il mio respiro.
 
Non mi toccare dunque. Mentirei
nel dirti che ti dono
il mio amore nelle braccia mie protese,
nella mia bocca, nel mio collo,
e tu, credendo d’averlo esaurito
ti sbaglieresti come un bambino ingenuo.
 
Perché il mio amore non è solo questo
stanco e restio covone del mio corpo,
che trema tutto offeso dal cilicio
e in ogni volo mi resta indietro.
 
È ciò che sta nel bacio e non nel labbro,
ciò che spezza la voce e non il petto:
ma è un vento di Dio, che passa lacerando
nel suo volo, la polpa delle carni.
 
Paradiso
 
Distesa lamina d’oro
e nell’adagiarsi dorato
due corpi come gomitoli d’oro;
un corpo glorioso che
ascolta e un corpo
glorioso che parla nel
prato in cui nulla parla;
 
un respiro che va al respiro e
un volto che trema d’esso, in un prato in cui nulla trema.
Ricordarsi del triste tempo in
cui entrambi avevano
Tempo e da esso vivevano
afflitti,
nell’ora del chiodo d’oro
in cui il Tempo restò alla
soglia
come i cani vagabondi…

Chi è Gabriela Mistral?

Il suo vero nome è Lucila de María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga e, oltre alla sua attività di poetessa, la Mistral era anche un’insegnante, una giornalista e una femminista.

Nasce in una famiglia modesta e si dedica quasi subito alle sue due più grandi passioni: la scrittura e l’insegnamento. Per Gabriela Mistral, infatti, insegnare era una ragione di vita perché attribuiva grande importanza all’educazione.

Non fu facile per lei portare avanti la sua carriera scolastica a causa delle sue idee rivoluzionarie e scomode, rese note con la sua attività giornalistica.

Una donna che, però, non si arrese mai e proprio a causa del suo pensiero anticonformista alcune delle sue opere non diventarono popolari in Cile, tanto che inizialmente furono solo la sua opera per bambini e ragazzi.

Benché il suo volto appare sulla banconota da 5 mila pesos, molti cileni conoscono solo la sua immagine di insegnante di campagna che scrisse filastrocche per bambini.

In realtà, la figura e la personalità della Mistral sono molto più complesse e sfaccettate, tanto che su alcuni temi come i diritti delle donne e dei lavoratori, ma anche dei popoli originari dell’America era molto moderna e all’avanguardia.

La poetessa collaborò alla riforma scolastica e alla creazione di una rete di biblioteche popolari in Messico, invitata dal Ministro dell’Educazione del paese.

La sua considerazione dell’attività dell’insegnante era massima, tanto che la Mistral la considerava allo stesso livello della poesia più alta.

Una donna tenace, indipendente, amante dei viaggi e che visse una vita in costante movimento (che la portarono anche in Italia, terra della quale si innamorò), finché nel 1957 non morì a New York.

Conoscete altre poesie di Gabriela Mistral? Scriveteci le vostre preferite nei commenti all’articolo.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Gabriela Mistral: poesie più famose e belle per ricordare la poetessa cilena

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