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Fantasmi in Val d’Orcia di Gianluca Cinelli

Un diario e un racconto collegano la vita di un nipote, ormai adulto, a quella del nonno - soprattutto durante la guerra partigiana in Toscana meridionale - dal quale si è sempre ritenuto trascurato e abbandonato...

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 02-04-2015

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Fantasmi in Val d'Orcia

Fantasmi in Val d’Orcia

  • Autore: Gianluca Cinelli
  • Anno di pubblicazione: 2012

I guasti della guerra: Terra di Siena in chiaroscuro, paradiso e inferno

Se c’è un angolo d’Italia che somiglia a un paradiso è la Val d’Orcia. Toscana meridionale, provincia di Siena, tra il Monte Amiata, la Val di Chiana, le Crete a Nord, il Lazio a Sud.
Paradiso, ma anche inferno, una terra di contraddizioni: è così che la vede Gianluca Cinelli, nel romanzo “Fantasmi in Val d’Orcia”, per le edizioni Nerosubianco di Cuneo (130 pagine, 10 euro). Ricercatore di storia, esperto della spedizione italiana in Russia nel 1941-43 e di vicende della lotta partigiana, ha collocato in quell’area una storia di introspezione e di rivelazione, di scoperta delle radici di un uomo e di ricostruzione di un’identità, in un periodo tra l’esaltante e il controverso nel cuore dell’Italia centrale, dall’armistizio dell’8 settembre 1943 al passaggio del fronte nel luglio-agosto 1944. Un anno segnato dal valore militare e popolare della lotta partigiana contro tedeschi e fascisti, ma anche da viltà e prepotenze nei confronti della popolazione contadina, ad opera di gruppi di sbandati e bande di veri fuorilegge, non legati alla resistenza ufficiale, anzi, chiaramente in contrasto.

In chiaroscuro, è così che la Val d’Orcia appare oggi al nipote-protagonista del romanzo (un docente universitario di storia) e appariva settant’anni fa al nonno-protagonista del diario e del racconto ereditati insieme a villa La Forra. Un paesaggio tra il bellissimo e l’orrido: borghi antichi con pochi abitanti; poderi poveri e isolati, aggraziati dal cipresso svettante piantato dal contadino; colline morbide da un lato, straziate dall’altro da calanchi spigolosi, fenditure scavate dall’erosione come cicatrici. Ed anche patria di santi e di briganti, della mistica Caterina da Siena e di Ghino di Tacco, il falco di Radicofani, entrambi figli di questa terra, Terra di opposti, che già nei colli, ora aridi e aspri ora fertili e dolci, annunciano drammi intensi e violenti, che sprofondano silenziosi nel tempo come l’acqua sparisce nell’argilla.
Insieme a una somma considerevole, il nonno gli ha lasciato Villa La Forra, un cancello, un piazzale bianco, un grande edificio rosso. Il nonno che aveva di fatto causato la morte del figlio e padre, il nonno che lo aveva ignorato da bambino e che era stato da lui ricambiato con lo stesso disinteresse, mentre ormai era consumato dalla vecchiaia e dalla pazzia. Invece il notaio informa Edoardo Malastella che il nonno era stato sempre presente nella sua vita, aveva finanziato in incognito i suoi studi, seguito con soddisfazione la sua carriera accademica, raccolto tutte le sue pubblicazioni e articoli. Era orgoglioso di lui, quell’anziano che si era sepolto vivo nella campagna d’Orcia: se non fosse per questo ragazzo il mio nome sarebbe una macchia da cancellare.
In quel luogo d’una quiete mortuaria, non si riesce a non avvertire l’ombra inquieta del vecchio uomo chiuso, tenebroso, capace di improvvisi scoppi d’ira e di interminabili silenzi. Ora quella villa è sua e quel tempo e questo possono incontrarsi, quello del nonno e il suo. Ma le pagine brevi del diario e più lunghe dell’altro manoscritto, gli svelano una verità dissonante con un passato che gli avevano raccontato solo per sommi capi e senza particolari: un uomo diverso, una famiglia di origine del tutto differente, marchigiana e non toscana. Una storia imprevista.
Era un sergente della divisione Ravenna. Molti commilitoni resistettero in zona alla Wehrmacht l’8 settembre, ufficiali e soldati che avevano poi costituito le formazioni partigiane locali. Ma lui non aveva creduto a quella possibilità, sapeva bene di cosa fossero capaci i tedeschi. Aveva combattuto in Russia e l’esperienza lo aveva piegato, rompendo qualcosa dentro.
L’ex militare avverte un senso di colpa che stenta a ricacciare e non si perdona per quello che si è ritrovato a fare alla macchia, durante l’occupazione, stando dalla parte dello “scuro”, la storia buia dei codardi, e non del “chiaro”, le vicende coraggiose dei partigiani.
Si odia e cambia la sua identità e la sua vita, in attesa che figlio e nipote conoscano a denti stretti la verità.

Fantasmi in Val d'Orcia. Un diario e un racconto

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Fantasmi in Val d’Orcia

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