Nella terza raccolta di poesie di Eugenio Montale, La Bufera e altro (1956), troviamo un curioso componimento dal titolo Se ti hanno assomigliato, in cui il poeta paragona la donna amata alla volpe. La Volpe in questione, citata già nell’epigrafe della sesta sezione dal titolo “Madrigali privati”, era la poetessa Marialuisa Spaziani.
Se t’hanno assomigliato
alla volpe sarà per la falcata
prodigiosa, pel volo del tuo passo
che unisce e che divide, che sconvolge
e rinfranca il selciato (il tuo terrazzo,
le strade presso il Cottolengo, il prato,
l’albero che ha il mio nome ne vibravano
felici, umidi e vinti) – o forse solo
per l’onda luminosa che diffondi
dalle mandorle tenere degli occhi,
per l’astuzia dei tuoi pronti stupori.
Nella poesia Montale ne celebra la “falcata prodigiosa”, il passo sfrontato e incalzante che sembra divorare il terreno su cui cammina, poi lo sguardo dolce (le mandorle tenere degli occhi, Ndr) che diffonde un’onda luminosa, la “mano infante” a sottolinearne la giovinezza. Ecco Maria Luisa Spaziani ritratta tra le strade di Torino (non sfugge infatti nella poesia il riferimento al Cottolengo) proprio dove Montale la conobbe, al Teatro Carignano, il 14 gennaio 1949.
Il sodalizio tra i due non è certo un mistero, del resto è stato raccontato dalla stessa Spaziani nel libro Montale e la volpe, edito da Mondadori nel 2011. I due poeti inoltre intrattennero un fitto scambio epistolare, di oltre 360 lettere, sino alla morte di lui. In calce a ogni lettera erano soliti firmarsi con i rispettivi nomignoli: lei “Volpe”, lui “Orso”. Ma Montale per la sua “Volpe”, nella loro corrispondenza privata di nomi ne aveva mille, la chiamava anche: my Angel Fox; my honey; girasole; mia adorata fucsia. Perché non bastava un solo nome per racchiuderla, per definirla, lei, Maria Luisa.
Chi era la poetessa Maria Luisa Spaziani
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Maria Luisa Spaziani era nata a Torino il 7 dicembre 1922 in un’agiata famiglia borghese. Il padre era proprietario di un’importante azienda che produceva macchinari destinati all’industria chimica e dolciaria.
Era una studentessa modello e, già nella prima gioventù, una poetessa ispirata. A soli diciannove anni fondò e diresse una rivista letteraria, chiamata dapprima Il girasole, poi Il dado. In quelle pagine ospitava i contributi di grandi personalità della cultura letteraria dell’epoca, da Umberto Saba a Leonardo Sinisgalli, da Vasco Pratolini al poeta Sandro Penna. Si narra che la scrittrice Virginia Woolf, un anno prima di morire, le inviò il suo libro Le onde con una dedica autografa: “Alla piccola direttrice”.
Terminati gli studi liceali, Maria Luisa si laureò in Lingue e letterature straniere presso l’Università degli Studi di Torino con il francesista Ferdinando Neri, scrisse una tesi sullo scrittore francese Marcel Proust.
Un avvenimento cruciale nella sua vita fu l’incontro con il poeta Eugenio Montale. Avvenne nel 1949, durante una presentazione dell’autore Premio Nobel presso il Teatro Carignano di Torino. Li presentarono amici comuni; Maria Luisa all’epoca non aveva ancora pubblicato nulla, ma aveva talento da vendere. Come lei stessa racconta nel suo libro autobiografico: aveva venticinque anni e moriva dalla voglia di incontrarlo, conosceva a memoria le poesie di Ossi di seppia e Le occasioni. Lui in quel momento la guardò con un’intensità così forte che lei “ne rimase turbata”. Poco tempo dopo fu lei a invitarlo a pranzo, nella casa di famiglia; i genitori accolsero l’illustre ospite con cordialità e senza scomporsi, solo la madre di Maria Luisa, a fine pranzo, commentò ironicamente: “Meno male che Proust è già morto”.
Tra i due si stabilì un profondo sodalizio intellettuale, iniziarono a frequentarsi assiduamente, a scambiarsi lettere, poesie e consigli. Il loro rapporto si riflette soprattutto nella loro poesia, che sembra rispondersi e corrispondersi in una continua eco: la presenza giovane e luminosa della Spaziani illuminò la poesia di Montale e, viceversa, i toni profondi e meditativi del poeta si insinuavano nelle parole di lei. Come scrive il poeta nei Madrigali, lei diede persino a un albero - un ciliegio nel giardino della sua casa torinese - il nome di “Montale”: Hai dato il mio nome a un albero? scrive il poeta in questo gioco di corrispondenze letterarie. Lei, in seguito, a quel ciliegio dedicherà un’altra poesia intitolata Morte dell’albero Montale, ne L’incrocio delle Mediane (2009).
Fu estirpato il ciliegio con la gru / come un dente cariato. /
Solo gli alberi possono morire / dentro la terra che li ha visti nascere. / Quel ciliegio non ebbe sepoltura / se non in sé con scaglie di radici.
Nel 1954 Maria Luisa Spaziani esordì con la sua prima raccolta poetica, Le acque del Sabato, edita da Mondadori nella prestigiosa collana “Lo Specchio”.
Dopo il tracollo finanziario della fabbrica del padre, la giovane poetessa iniziò a lavorare come insegnante per aiutare la famiglia, professione che mantenne per tutta la vita.
Continuava, parallelamente, a scrivere versi che furono poi raccolti nel volume complessivo Utilità della memoria (1960). Divenne una tra le maggiori poetesse italiane, nel 1981 la sua raccolta Geometria del disordine vinse il Premio Viareggio.
Alla sua produzione poetica, di indubbio valore, furono dedicate diverse antologie e persino un Meridiano Mondadori nel 2012. Tra le sue ultime opere un lungo poema in ottave dedicato a Giovanna d’Arco, colei che per Spaziani era la più perfetta rappresentante di un “femminismo riuscito”.
L’aspetto più interessante della sua vita, al di fuori della produzione letteraria, è tuttavia da ricercare in quell’incontro fortuito - e raro - che sembra sfidare la realtà e trasformarla in poesia. L’incontro tra Maria Luisa Spaziani ed Eugenio Montale è la prova che la grande letteratura si nutre anche di speciali affinità elettive.
La poesie di Montale dedicate alla Volpe
Tra le principali poesie di Montale dedicate a Maria Luisa Spaziani, la sua Volpe, ricordiamo la luminosa Anniversario, in cui il poeta ricorda l’incredibile influenza che la nuova musa ebbe sulla sua poesia:
Dal tempo della tua nascita / sono in ginocchio, mia volpe. / È da quel giorno che sento / vinto il male, espiate le mie colpe.
La poesia montaliana fu indubbiamente mutata dall’incontro con Maria Luisa, come l’autore stesso dichiarò nell’epigrafe di La Bufera e altro (1957):
Alla Volpe, che non soltanto mi regala la luce della sua giovinezza, quanto mi restituisce la mia che non ho mai avuta.
Tra le più curiose opere della produzione dell’autore Premio Nobel troviamo Da un lago svizzero che compone un acrostico del nome di Maria Luisa Spaziani.
Il componimento inizia così:
Mia volpe, un giorno fui anch’io il “poeta
assassinato”
Ogni lettera iniziale della lirica, se letta l’una di seguito all’altra forma per intero il vero nome della sua musa. L’ultima segreta corrispondenza tra le righe dedicata a colei che per Montale possedeva tutta “l’illuminazione mentale che può avere un grand’uomo”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Maria Luisa Spaziani, la Volpe di Eugenio Montale
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