Povere creature, il film di Lanthimos vincitore del Leone d’oro al Festival di Venezia e papabile premio Oscar, sta facendo il tutto esaurito al botteghino ipnotizzando gli spettatori con una storia senza eguali e con il fascino provocatorio di Emma Stone.
Nel frattempo il mondo letterario sta riscoprendo la potenza narrativa dell’eclettico scrittore scozzese Alasdair Gray, autore di Poor things, il libro che ha ispirato Yorgos Lanthimos. Sapete che il romanzo, ora edito in Italia da Safarà editore, fu pubblicato per la prima volta nel 1992? Più di trent’anni fa.
Il che rende ancora più incredibile la straordinaria attualità di una storia magnetica che, mescolando temi politici e femministi, sembra parlare direttamente al nostro presente.
Scopriamo tutto quel che c’è da sapere sull’autore, la storia editoriale di “Povere creature” e le differenze principali tra libro e film.
Alasdair Gray, l’autore scozzese che ha ispirato Lanthimos
Ora sorge spontanea una domanda: chi era Alasdair Gray? Lo scrittore, nato a Glasgow il 28 dicembre 1934 e morto a Glasgow il 29 dicembre 2019 (colpisce la specularità delle date di nascita e di morte), è considerato il fautore del “rinascimento letterario” della Scozia per la sua capacità innata di mescolare nelle sue opere i generi più diversi, quali fantasy, gotico, commedia, tragedia, genere erotico e fantascienza, aggiungendo inoltre illustrazioni realizzate di suo pugno e giocando persino con la resa tipografica dei caratteri.
L’estro artistico di Gray ha trovato nella cifra stilistica di Lanthimos il perfetto alleato; non c’è da stupirsi, dunque, che il risultato sia un film perturbante, unico, che continua a stupire e incantare gli spettatori mostrando loro qualcosa che non hanno mai visto prima ricordando il fascino occulto delle prime proiezioni cinematografiche. Avete presente il primo film della storia del cinema proiettato a Parigi, nel 1896, dai Fratelli Lumière? Si intitolava L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat e creò parecchio scalpore nel pubblico che assisteva per la prima volta a una proiezione senza precedenti. Non si verificò la famosa fuga, come leggenda narra, ma gli spettatori rimasero scossi da quel che avevano visto, poiché scoprivano per la prima volta il cinema. Yorgos Lanthimos si propone il medesimo compito - rivelare la potenza cinematografica in tutta la sua magnificenza - suscitando le emozioni più diverse e conturbanti; tutto questo naturalmente non sarebbe mai stato possibile senza il romanzo originale di Alasdair Gray, che ci ricorda che dietro un grande film c’è sempre un grande libro.
Chi era Alasdair Gray, l’autore di “Povere creature”
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Alasdair Gray, dicevamo, è considerato uno dei padri della scrittura cosiddetta postmoderna. Il suo stile modernista, capace di creare una commistione audace, è stato paragonato a quello di Jorge Luis Borges e Italo Calvino poiché, attraverso la scrittura, è in grado di creare veri e propri labirinti della mente, di liberare il potere immaginifico e dischiudere nuovi orizzonti di pensiero. Lo sperimentalismo, in particolare, è ciò che accomuna Alasdair Gray a questi grandi autori: lo scrittore gioca con le parole e con il testo portandolo, di conseguenza, al suo massimo livello di resa semantica ed espressiva. Nei libri di Gray troviamo satira sociale e politica, atmosfere gotiche, illustrazioni e anche una sana dose di realismo. Seguendo le proprie inclinazioni artistiche Gray studiò presso la Glasgow School of Art; in quello stesso periodo iniziò a scrivere il suo primo romanzo, Lanark (1981), oggi considerato una pietra miliare della letteratura scozzese. Il romanzo, tuttavia, non trovò subito degli editori disposti a pubblicarlo, forse anche a causa della sua originalità; per anni Alasdair si arrabattò tra vari lavoretti come insegnante d’arte precario, intanto scriveva e continuava a perfezionare quel suo primo libro, Lanark, certo che sarebbe stato pubblicato primo o poi. Alcune sue opere e racconti furono adattate per la radio e la televisione, poi finalmente il successo venne nel 1981 con la pubblicazione di Lanark. La stesura di quel libro, oggi ritenuto un cult, aveva tenuto impegnato Alasdair Gray per più di trent’anni. La critica impazzì letteralmente per l’opera di Gray, festeggiandola con recensioni entusiaste sulle pagine culturali: Irvine Welsh paragonò Lanark a una versione scozzese dell’Ulisse di Joyce.
“Lanark”, il primo romanzo di Alasdair Gray
La trama di Lanark intrecciava due storie parallele: da un lato la storia tutto sommato realistica di un giovane artista, Duncan Thaw, che cresceva nella Glasgow degli anni Cinquanta; dall’altro una distopia orwelliana in cui troviamo un personaggio di nome Lanark che visita un mondo sconosciuto, l’immaginario universo di Unthank, dove vivono organismi opachi che esercitano un potere assoluto. Il romanzo, seguiva le avventure parallele dei due protagonisti, e infine presentava una morale che in un certo qual modo contrassegna la letteratura scozzese post-industriale:
Il mondo è migliorato solo dalle persone che fanno lavori ordinari e si rifiutano di essere prepotenti.
Il riferimento al lavoro è onnipresente nelle opere di Gray. L’autore scozzese nei suoi libri inseriva spesso l’epigrafe:
Lavorate come se viveste nei primi giorni di una nazione migliore.
La frase divenne uno slogan molto in voga tra gli oppositori del Thatcherismo. Il pensiero politico infatti scorre sempre sottotraccia nei libri di Gray, che era un convinto nazionalista scozzese a favore per l’indipendenza della Scozia dall’Inghilterra.
Il suo esordio, Lanark ,presentava un epilogo singolare, autentico tratto autoriale di Alasdair Gray che sarebbe stato infatti poi ripreso anche in Poor Things: nei quattro capitoli finali l’autore contestava i presunti plagi dell’opera, facendo riferimento a opere letterarie inesistenti.
Interessante notare che la riflessione metaletteraria è presente anche nel film di Lanthimos che anche in questo recupera l’estro intellettuale di Gray.
Dopo la pubblicazione di Lanark, Gray divenne uno scrittore a tutti gli effetti, ma la sua opera di maggiore successo commerciale fu per l’appunto Poor Things (1992), in cui l’autore si proponeva di narrare la storia coloniale scozzese attraverso un dramma ambientato nella Glasgow del XIX secolo in cui inseriva una forte satira sociale e politica. Con un palese omaggio al Frankenstein di Mary Shelley (si osservi che il protagonista maschile si chiama “Godwin”, proprio come William Godwin, il padre filosofo e saggista di Mary, Ndr), Gray compose un’eclettica “narrazione collage”, unendo lettere, note a piè pagina, frammenti di diario, grafici, disegni e mappe.
Nell’opera Alasdair Gray univa il suo talento di scrittore alle sue competenze di artista visivo (era anche autore di illustrazioni e straordinari murales). L’impaginazione artistica e l’uso di tecniche narrative originali sono una costante nella produzione narrativa di Gray.
Il libro Poor Things vinse il Whitbread Award e il Guardian Fiction Prize.
Fu pubblicato per la prima volta in Italia dalla casa editrice Marcos Y Marcos nel 2000 con il titolo di Poveracci!, in seguito come Vita e misteri della prima donna medico d’Inghilterra, sino alla notevole riscoperta di Safarà Editore che nell’agosto 2023 ha riportato il romanzo in libreria con un titolo fedele all’originale Povere creature! e la prefazione di Enrico Terrinoni.
“Povere creature”: le differenze tra libro e film
Quali sono le principali differenze tra il film di Lanthimos e il libro di Alasdair Gray? Innanzitutto la struttura (Gray si serve delle possibilità espressive offerte dall’impaginazione, mentre Lanthimos sfrutta effetti speciali e scenografie metafisiche e surreali) e poi dal punto di vista. Alasdair Gray per narrare la sua storia sceglieva il punto di vista di Archibald McCandless, dunque un uomo, che nelle sue memorie ricostruisce la storia della moglie Bella Baxter (che nel libro parla attraverso le pagine del suo diario e in seguito smentisce persino la veridicità della storia narrata dal marito); mentre Yorgos Lanthimos sceglie di narrare la storia dal punto di vista di Bella (alias la travolgente Emma Stone), rafforzando di fatto la lettura in chiave femminista della storia.
Nel romanzo inoltre è molto presente la voce autoriale di Alasdair Gray che interviene in più punti rivolgendosi direttamente ai suoi lettori - con un coup de théâtre, a ben vedere, molto manzoniano - narrando del ritrovamento del manoscritto di McCandless e criticando la città di Glasgow, così poco attenta al proprio patrimonio culturale. Nella conclusione Gray giocava un altro tiro ad effetto al suo lettore, mettendo in dubbio la veridicità della storia narrata e chiamandosi in causa in prima persona, come autore, nella difesa dei propri personaggi. Tutto questo naturalmente non c’è nel film di Lanthimos che decide di giocare sull’espressività filmica e non con le potenzialità letterarie: ma di certo Yorgos Lanthimos e Alasdair Gray sono due personalità affini che hanno avuto la fortuna di incontrarsi, attraverso le somiglianze tra le loro opere, e questo ha fatto tutta la differenza nella creazione di un duplice capolavoro, romanzesco e cinematografico.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Alasdair Gray, l’autore di “Povere creature” che ha ispirato Lanthimos
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