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“Carnevale, ogni scherzo vale”: una filastrocca di Gianni Rodari

Carnevale è la festa delle maschere. E nessuno lo dice meglio di Gianni Rodari che sfrutta la ricorrenza per ribadire un messaggio importante: in un mondo di maschere e apparenze dovremmo ricordarci di essere noi stessi.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 21-02-2023
“Carnevale, ogni scherzo vale”: una filastrocca di Gianni Rodari

Del Carnevale ci piace celebrare l’aspetto goliardico e ridanciano: i coriandoli colorati, le stelle filanti, le frappe e le chiacchiere ricoperte da uno strato impalpabile di zucchero a velo. Ma è soprattutto la festa delle maschere.
E Gianni Rodari si premura di ricordarcelo nella sua filastrocca che inizia proprio celebrando il mai usurato detto: Carnevale, ogni scherzo vale.

Il moderno Carnevale è una festa di origine pagana che trae probabilmente le proprie radici dagli antichi Saturnali romani e dalle Feste dei folli dei tempi medievali.
Nella celebrazione di un mondo rovesciato, in cui vengono invertiti i tradizionali ruoli sociali, ecco che il tema della maschera assume un significato fondamentale: il conflitto tra apparenza e realtà.
Proprio su questo aspetto si concentra il maestro e pedagogista Gianni Rodari, che riesce così a trasformare la ricorrenza in un’interessante lezione di vita.

Il Carnevale secondo Gianni Rodari

L’apparente celebrazione della sfilata delle belle mascherine si trasforma, in ultimo, in una riflessione profonda: in un mondo di maschere e finte apparenze, ricordati di essere te stesso.
Il messaggio del maestro di Omegna appare ancor più attuale oggi che il Carnevale non sembra più essere limitato a un periodo ristretto, ma pare proseguire ogni giorno in una perenne sfilata attraverso le immagini, i filtri e i ritocchi forniti dai social network. Viviamo contemporaneamente - quasi senza accorgercene - in una realtà altra, in una realtà digitale alterata. Il culto stesso dell’apparenza, la perenne necessità (indotta dalle nuove tecnologie) di mostrarsi e mostrare al mondo, ci sta trasformando in maschere viventi - e non solo nel periodo del Carnevale.

Gianni Rodari ribalta le carte in tavola e ci dice, con un chiaro fine provocatorio: il Carnevale più bello sarebbe poter vedere la faccia “vera” di tanta gente. Una tagliente battuta di spirito che però nasconde un fondo di verità, capace in ultimo di svanire rapita dallo strascico di una risata.

Scopriamo testo, analisi e significato della filastrocca di Rodari dedicata al Carnevale.

Carnevale di Gianni Rodari: il testo della filastrocca

Mi metterò una maschera
da Pulcinella
e dirò che ho inventato
la mozzarella.
Mi metterò una maschera
da Pantalone,
dirò che ogni mio sternuto
vale un milione.
Mi metterò una maschera
da pagliaccio,
per far credere a tutti
che il sole è di ghiaccio.
Mi metterò una maschera
da imperatore,
avrò un impero
per un paio d’ore:
per volere mio dovranno
levarsi la maschera
quelli che la portano
ogni giorno dell’anno…
E sarà il Carnevale
più divertente
veder la faccia vera
di tanta gente.

Carnevale di Gianni Rodari: commento della filastrocca

Nella sua filastrocca in rima Rodari riprende lo stesso tema caro a Pirandello: nel lungo tragitto della vita si incontrano molte maschere e pochi volti, come è citato nel celebre capolavoro pirandelliano Uno, nessuno e centomila.

L’antitesi tra maschera e volto diventa critica di una società ipocrita che preferisce un’apparenza finta e vacua alla sostanza, all’anima messa a nudo.
Rodari lo ribadisce giocando proprio a travestirsi: indossa una maschera dopo l’altra, possiamo vederlo trasformarsi sotto i nostri occhi come un novello prestigiatore. Un attimo prima è Pulcinella, un attimo dopo è il ricco imperatore. Diventa un pagliaccio capace di imbrogliare la gente con i suoi trucchi e poi è Pantalone, il celebre personaggio della Commedia dell’arte.
Alla fine, però, decide di dare un ordine perentorio: mentre lui cambia per l’ennesima volta maschera e diventa Re, gli altri in quanto suoi sudditi saranno chiamati a togliersi le maschere e a mostrare i loro veri volti.
Un gesto audace che mira a svelare le ipocrisie, le bugie, i sottili sotterfugi e segreti che sono parte della vita di ciascuno di noi. Perché tutti recitiamo una parte, come diceva Pirandello: in famiglia, nella società, sul lavoro, ma come siamo davvero quando ci ritroviamo soli con noi stessi?

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Ecco, se a Carnevale ogni scherzo vale, afferma Rodari, allora state al gioco. E il divertimento carnacialesco del maestro di Omegna consiste nel rivelare la realtà per quello che è. Sarebbe davvero un bel gioco da fare, anche una volta cresciuti: provare ad essere autentici in primis con noi stessi, che è la sfida più difficile.
Il Carnevale di Rodari è un processo di smascheramento, l’abolizione di ogni filtro, di ogni caricatura.
Provate a immaginare se ciascuno si mostrasse per ciò che è veramente: sarebbe il vero paradosso, un mondo alla rovescia, perché anche la persona più ricca del mondo potrebbe rivelarsi povera, e il povero sarebbe il vero ricco. Se fossero le anime a mostrarsi e soltanto gli occhi a parlare, non le perenni orazioni e i falsi sorrisi. Questo è il Carnevale di Rodari: la scelta di essere autentico in un mondo abituato a nascondersi sotto false sembianze. Anziché costruire giganti di cartapesta lui li abbatte, ce ne svela il cuore e infine lo prende in mano, lo mostra e ci dice: e se fosse questa la realtà?

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