Caravaggio assassino
- Autore: Roberto Ciai Marco Lazzeri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2023
In genere, gli scrittori scrivono i libri da soli, non di rado c’è chi crea in collaborazione con un altro/a, a quattro mani, anche di più, a firme multiple. I coautori associano i nomi sulle copertine con le virgole o con la congiunzione “e”.
Due ex compagni di liceo ad Ostia firmano, invece, Roberto Ciai con Marco Lazzeri - alla maniera anglosassone - il nuovo romanzo storico Caravaggio assassino, edito a novembre da Newton Compton (Roma, 2023, 320 pagine).
Roberto Ciai, avvocato romano, vanta numerosi historical ambientati nel Rinascimento e nella seconda guerra mondiale. Insieme a Lazzeri, ingegnere di Castel Gandolfo con la passione della ricerca storica, ha già pubblicato con la casa editrice romana La guerra dei papi nel 2020 e La profezia perduta di Giordano Bruno nel 2021.
Se il primo era ambientato a metà Cinquecento e il secondo alla fine dello stesso XVI secolo, questo si sposta poco avanti nel tempo, all’inizio del 1600. Fa convivere personaggi reali e immaginari, assicurano Ciaia e Lazzeri, racconta fatti accaduti ed altri:
Che nessuno troverà nei libri di storia, Tutto può essere scritto e iscritto, Roma invece è semplicemente Roma.
Sempre efficace l’intesa di vecchia data tra i due professionisti, che decenni fa sedevano sugli stessi banchi, Sempre valida la tecnica narrativa, frutto anche di valide ricerche per collocare le loro opere d’immaginazione in un passato storicamente accurato, attendibile. In questo caso, nella Roma barocca, dopo uno studio molto accurato, a giudicare dalle puntualizzazioni storiche nelle note finali e dalla copiosa bibliografia in appendice delle opere consultate.
L’Urbe del 1606 descritta in questo lavoro brucia di fiaccole, nottetempo. Dovunque, tanto vino nei boccali e nelle gole, eccessi e ferocia. È un crogiolo di contraddizioni, “bella e cadavere”, incanto e lordura, cantiere di splendori e “fabbrica dell’ozio”. Campo Marzio è il polmone, respira profumi e miasmi, bello nei palazzi e nelle chiese, laido nelle baracche e nei bordelli, mercati della carne “data e presa per soldi o per disperazione”.
Strade strette e sudice sono il teatro di spadaccini da osteria e di disgraziati che si guadagnavano da vivere barando o borseggiando.
Vi si muove un uomo altrettanto tormentato, pittore straordinario, attaccabrighe perditempo, mani che possono creare capolavori o ferire brutalmente.
Negli ultimi anni, sono frequenti i romanzi italiani e stranieri che vedono all’opera l’avventuriero più che l’artista Michelangelo Merisi, cresciuto nella Bergamasca, a Caravaggio. Una figura quanto mai adatta alle fantasie narrative, un cuore nero saettato da lampi violenti, come i suoi capolavori. Maestro dalla grande arte italiana, allo stesso tempo pessimo soggetto, un noto, finanche famigerato, protagonista delle peggiori cronache della Città Eterna, raggiunta dal giovane artista lombardo nell’ultimo decennio del 1500.
Per i due autori, Caravaggio è “genio e canaglia”. Pittore tra i più apprezzati del suo secolo, si macchiò di gravi crimini che lo condussero più volte in carcere. L’episodio più famoso è proprio quello al centro di questo thriller storico, che racconta uno strano omicidio e si districa in un groviglio di bugie.
Abbiamo visto che luci e oscurità si mescolano nella sua arte e nella sua vita, ma fin dove si può spingere il buio? C’è una tempesta di ombre nel mio animo, lamenta una donna nel romanzo.
“Le ombre sono parte di noi”
Così riflette Lucifero Bencivenne, consapevole di racchiuderne tante dentro di sé. Solo il rabbino sa ch’è un ebreo e tiene ad esserlo, nel profondo di sé, anche se gli hanno cambiato la vita e il nome. Da Aaron che era, lo hanno fatto adottare da un notaio cristiano, un buon vedovo, sottraendolo così alle pesanti discriminazioni subìte dagli israeliti e alla clausura notturna dietro le sbarre del Ghetto a Roma.
Tutti ignorano cosa nasconda il razionale, misurato, affidabile, colto Lucifero. Lavora per i Tomassoni: il ferino Gian Francesco è il capo indiscusso del rione Campo Marzio e il capace Bencivenne gli è indispensabile quando serve ragionare più che menare fendenti.
Tomassoni, detto “l’Orso”, sembra più animalesco che mai nel piangere il fratello Ranuccio, imprecando, maledicendo e chiedendo vendetta contro “quel Giuda” del Caravaggio che l’ha ammazzato “a tradimento”. Parlano di un duello nel campo della Pallacorda, per una questione nata al tavolo da gioco. Il lombardo urlava contro chi bara, “sterco del diavolo” e Ranuccio non ci sapeva fare con le lame, al contrario del pittore, sempre pronto a duellare e a far baruffe, in giro da un campo all’altro.
Merisi si presenta e si spiega, in prima persona, nei capitoli in corsivo. Gli altri sono in tondo e raccontano gli eventi in terza persona.
Caravaggio è protetto dai Colonna, Tomassoni legato ai Farnese. Entrambe le famiglie nobili vantano principi della Chiesa, come il cardinale Ascanio, che difende la causa del pittore davanti al papa. Paolo V - un Borghese, altro potentato romano - risponde stizzito di mandare via quel “pazzo pericoloso”.
Lucifero, Aaron il giudio in incognito, conduce una solerte indagine nella città. Ranuccio è morto dissanguato, per una ferita all’inguine, erano in tanti al campo, tra le due fazioni. Si affaccia l’ipotesi, sconveniente, che Merisi potrebbe anche non essere colpevole.
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