Uno dei filosofi che forse hanno capito di più l’anima umana è Blaise Pascal (1623-1662), il cui pensiero merita senz’altro di essere ricordato, proprio in virtù degli agganci che presenta con il mondo contemporaneo. Per esempio, molto spesso ci si interroga sul perché i giovani sentano l’esigenza di ricorrere alle sostanze stupefacenti, di stordirsi, di cercare un divertimento effimero. La risposta a tali quesiti non può risiedere solo nella crisi economica e sociale che sta attraversando il nostro Paese. Forse, tale risposta l’ha fornita proprio Blaise Pascal.
Nonostante fosse un brillante matematico, noto per aver inventato l’antenata della moderna calcolatrice, ossia la “pascalina”, Blaise Pascal spese gran parte del suo pensiero nel tentativo di comprendere la natura dell’essere umano, arrivando a conclusioni che sembrano di un’attualità sbalorditiva.
Partiamo dalla premessa. L’essere umano, per Pascal, ha come unica grandezza il suo pensiero, che lo porta ad essere consapevole di esistere. E, attraverso tale consapevolezza, può arrivare ad ammettere anche il proprio stato di miseria, la propria caducità, nel senso che l’esistenza umana è fragile, e basta veramente poco per comprometterla. Inoltre, la nostra conoscenza si arresta di fronte all’infinito, che non possiamo comprendere, essendo noi creature finite:
“Come parte della natura, l’uomo è situato fra due infiniti, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo, ed è incapace di comprendere sia l’uno che l’altro. Egli è un niente in confronto dell’infinito, un tutto in confronto del niente, un mezzo fra il tutto e il niente” (Nicola Abbagnano).
È solo il riconoscimento della propria miseria, che avviene proprio attraverso pensiero, a distinguere l’essere umano dalle altre specie, e a renderlo “grande”. Solo chi ammette la propria miseria raggiunge uno stato beatifico e assapora la grandezza che contraddistingue la vita umana rispetto a quella delle altre forme di vita che, oltre ad essere misere e caduche, non hanno la consapevolezza di esserlo.
Tuttavia, non sempre l’uomo sa riconoscere e soprattutto accettare la propria miseria. Molto spesso, preferisce non pensarci, e rifugiarsi in quello che Blaise Pascal chiama divertissement. Cos’è questo divertissement? È il divertimento fine a se stesso, che non porta a nulla, che non fa crescere e che, per paradosso, non fa divertire. È quello svago che viene vissuto con il solo fine di “non pensare troppo”.
Rifiutandosi di pensare alla propria condizione, di elaborarla e di accertarla, l’essere umano ricorre a superficiali escamotage, fra i quali io inserisco anche le moderne droghe, oppure tutte quelle occupazioni affannose che si ricercano nell’attuale società postindustriali, come le attività senza sosta dopo il lavoro, la palestra, l’aperitivo, la chiacchiera, dopo le quali si va a letto, senza aver mai pensato a se stessi.
Sia le droghe, sia le attività frenetiche hanno un unico fine: quello di “stordirsi”, di non pensare ai propri limiti, alla propria congenita incapacità di comprendere l’universo, percepito come troppo grande e misterioso. A questo si aggiunge la non accettazione della morte, ossia il limite dei limiti:
“La morte è più facile da sopportare senza che vi si pensi, che il pensiero della morte senza pericolo”.
Come sottolinea lo storico della filosofia Giovanni Reale,
“il divertimento di-verte, ossia svia dal retto pensiero”.
E per dirla con Nicola Abbagnano, un altro grande storico della filosofia:
“Il pregio fondamentale di tutte le occupazioni è che esse distraggono l’uomo dalla considerazione di sé e dalla sua condizione. Di qui deriva che il gioco, la conversazione, la guerra, le cariche elevate siano così ricercate”.
Nei suoi famosi “Pensieri”, che costituiscono una delle sue opere maggiormente rappresentative, Blaise Pascal tocca più volte questo punto:
“Ed è per questo che, dopo aver preparato loro (agli esseri umani) tanti affari, se hanno qualche momento di tregua li si consiglia di impiegarlo a divertirsi, a giocare...Quanto vuoto è il cuore dell’uomo e pieno di ordura...”
Secondo Blaise Pascal l’unico appagamento reale per l’essere umano può giungere solo con la fede in Dio. Questa conclusione non è sicuramente estendibile a coloro che non credono; tuttavia, la forza del pensiero pascaliano sta proprio nell’aver identificato i motivi che stanno alla base dello stordimento, attualmente compiuto con le droghe, con il cellulare oppure con la frenesia degli impegni. Insomma Blaise Pascal è un filosofo da leggere e da approfondire perché ci aiuta a capire meglio noi stessi, fornendo risposte a molte domande contemporanee.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Blaise Pascal, un pensatore attuale: ecco perché
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