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Recensioni di libri

Bacia tutti quelli che mi ricorderanno. Una Spoon River (quasi) romagnola di Luca Telò

Giraldi Editore, 2021 - Una lettura che entra nel cuore e che pur partendo da storie di famiglia assume una valenza più ampia, memoria di antichi dialoghi tra viventi e defunti, perché il dolore non è mai del tutto risolto.

Teresa D'Aniello
Teresa D’Aniello Pubblicato il 26-01-2022
Bacia tutti quelli che mi ricorderanno. Una Spoon River (quasi) romagnola

Bacia tutti quelli che mi ricorderanno. Una Spoon River (quasi) romagnola

  • Autore: Luca Telò
  • Categoria: Narrativa Italiana
  • Casa editrice: Giraldi Editore
  • Anno di pubblicazione: 2021

Bacia tutti quelli che mi ricorderanno. Una Spoon River (quasi) romagnola di Luca Telò (Giraldi Editore, 2021) è un libro di racconti ideato e scritto durante la pandemia, in un anno nel quale le notizie attese erano l’evoluzione del virus e dei contagi, sul come potersi difendere, sui medici in prima linea a sacrificare le loro vite e a coloro che non c’erano più. La morte non è mai stata così tanto vicina, indimenticabili le numerose vittime, ascoltare della fatica nel non riuscire a respirare dai degenti dei reparti Covid, e il tempo che faceva aumentare le paure di noi tutti.

Un periodo così tanto particolare nel quale il nostro autore di origine lombarde e romagnolo d’adozione, insegnante, ha raccolto le sue emozioni e i suoi sentimenti, narrandoli in questo suo libro d’esordio: ha voluto scrivere dei morti, di coloro che non possiamo più vedere ma che sono ancora con noi.
Riconosce lui stesso di avere un modo speciale e personale nel parlare con loro, come se li avesse vicini.

“In fondo, vivi lo sono. Non sono morti. È come se li tenessi in vita io, con questo modo che ho, e non me li lasciassi scappare, eh no!, altrimenti sfuggirebbero, svanirebbero, si dileguerebbero dalla realtà e dalla memoria. Per sempre."

Nella chiesetta delle monache di clausura, in una luce bianca soffusa, è seduto su di una panca di fronte all’altare in pietra. Li vede seduti vicini, vestiti bene e sereni. La madre è la prima ad arrivare in chiesa con il suo golfino verde smeraldo, uno dei colori che lei, non vedente, sceglieva proprio come se li vedesse. I suoi occhi sono sorridenti e ha la pettinatura di sempre. Gli è accanto come lo era un tempo. Il suo ricordo va a quando, rimasta sola senza marito, mandava avanti la famiglia con due bambini.

“I soldi non erano fatti per lei e lei non era fatta per loro.”

Altre anime vedrà avvicinarsi nella piccola chiesa: le zie della sua infanzia. Si fa avanti zia Bice, dagli occhi grandi, con la sua gonna consumata e le mani nodose di contadina. Lo rincorreva da piccolo nell’aia. Gli ultimi anni della sua vita rimaneva seduta davanti al camino per ore, “con un bastone in mano con cui scuoteva un po’ la brace, che non voleva andarsene, come lei attaccata alla vita”. Pina, l’altra zia, che gli ricordava spesso di aver avuto dei fidanzati. Portava sempre con sé una foto di quando era ragazza e faceva girare la testa a tutti. Ai quei tempi si stava attenti a far pascolare le pecore, si mangiavano i frutti della terra e si dormiva tutti insieme in una camera.

Il tempo trascorre e il nostro vede arrivare Gerardo, lungo, sottile, con la barba. Girava per le valli aggiustando le sedie: spesso rimaneva lungamente nelle case per terminare il lavoro, e non solo. Orsolina, la sua amorosa, si fa avanti con la sua bellezza triste che veniva dalla sofferenza che aveva patito.

“L’aldilà è una cosa semplice che neanche si riesce ad immaginare.”

Irma la partigiana delle montagne sopra Pavullo, l’unica donna che sapeva sparare e sopravvivere al freddo e alla fame. Con il nome di battaglia Anty era ai comandi del capitano Armando che le ricordava: se vuoi stare con noi devi comportarti come un uomo! Con una scrittura sobria, attenta, Luca Telò ha saputo narrare del ricordo, del rimpianto nei piccoli fatti che “a volte incrinano un destino”. E poi rievocando dal Leopardi delle Operette morali, sul tema della morte, il grande professore scopritore di civiltà, Federico Ruysch, berlinese, in Egitto nella Valle dei Re, che scavando nelle tombe dei faraoni perse l’orientamento e non riusciva più a trovare la via d’uscita: Iside giunse in suo aiuto e lo guidò fuori.

“I morti sono vivi dentro di noi che li abbiamo amati: è un bel posto dove continuare a vivere”, ha dichiarato di recente l’attrice francese Marie-Christine Barrault, e la lettura di Bacia tutti quelli che mi ricorderanno entra nel cuore, pur partendo da storie di famiglia, assume una valenza più ampia, memoria di antichi dialoghi tra viventi e defunti, perché il dolore non è mai del tutto risolto.

“Ogni volta che sperimentiamo la morte così intensamente perché viene meno una persona a noi cara, aumentiamo di un gradino la nostra conoscenza del mondo. Vita e morte vanno di pari passo: non possono fare a meno l’una dell’altra, come due sorelle inseparabili."

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Bacia tutti quelli che mi ricorderanno. Una Spoon River (quasi) romagnola

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