AbBRASSENS
- Autore: Alberto Patrucco e Laurent Valois
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
“Brassens per me è stato un mito, come artista e come uomo. Per me equivaleva a leggere Socrate: insegnava come comportarsi o, al minimo, come non comportarsi”.
(Fabrizio De André)
E a questo punto, trovo giusto sia George Brassens a spiegare Brassens:
“Il mio è un impegno totale! Dall’inizio nelle mie canzoni mantengo lo stesso comportamento nei confronti della vita., del denaro, del successo, dalle persone illustri ai più umili. In effetti sono tra quelli maggiormente impegnati nel campo della canzone. Però, se si intende per impegno l’adesione ad un partito politico, io non riconosco a nessun partito il diritto di avere la mia adesione […] Il mio individualismo d’anarchico è una lotta per conservare il mio pensiero libero”.
Va da sé che lo chansonnier non stravedesse per il genere umano, meno che mai per il potere che lo governa: la sua opera omnia ne è la riprova, espressione di una comedie humaine con dentro in (pessima) mostra i tipici caratteri del benpensantismo borghese (mogli e mariti devoti, casti curati, giudici e capi di stato integerrimi, perbenisti di facciata) e una manciata di deandreiane anime salve (dropout, scansafatiche, furbastri, beoni, puttane) esposte a un’ironia che morde e attraversa la linfa autoriale del cantautore francese.
Parafrasarsi in incipit non è certo il massimo, ma così scrivevo riferendomi a un disco di Patrucco & Mirò consacrato a Brassens (Segni (e) Particolari, 2014), la cui traslazione ideale è ora un libro di spesse e ulteriori divagazioni sull’argomento a firma di Alberto Patrucco e Laurent Valois, AbBRASSENS (Edizioni Paginauno, 2021). Per dirla in altro modo: se in Segni (e) particolari Patrucco si misurava con traduzione e rivisitazioni del francese (“parole che suonano e musica che parla”) qui se la vede (con pari brillantezza) col riepilogo analitico delle sue significanze, tese e sottese.
Nel saggio si evidenzia insomma, in tutta la sua straordinarietà, lo spessore di un padre della patria cantautorale tra i più frequentabili, in quanto libertario e dunque a-precettistico e disalienante.
Con maggiore o minore fortuna, a lui ha attinto l’Italia che non cantava a vuoto, malgrado le arditezze della sua lingua: a parte le traduzioni in milanese di Nanni Svampa, e in piemontese di Gipo Farassino, le restituzioni sardonico-poetiche di Fabrizio De Andrè (Morire per delle idee, Il Gorilla, Le Passanti, Marcia nuziale, La morte, Nell’acqua della chiara fontana, Delitto di paese) sono gioielli germinati da gioielli.
Qualcuno, sbagliandosi di grosso, associa la canzone d’autore ai temi esclusivi della denuncia e dell’impegno politico: la statura artistica di George Brassens rivela piuttosto come, nelle sue espressioni più significative, la canzone d’autore sia stata capace certo di impegno civile ma anche (soprattutto) di lirismo non dolciastro, e in alcuni casi (fra questi Brassens) portatrice di un’ironia non conformista.
Come spiega Patrucco, introducendo fra l’altro al senso ultimo del suo nuovo lavoro con Laurent Valois:
“Questo manufatto cartaceo non è un omaggio né tanto meno un tributo a George Brassens, un atto d’amore e di giustizia sì, per un artista che, senza alcun dubbio, è stato e continua a essere un fenomeno culturale e musicale degno di nota per il suo modo di scrivere musica e parole (La Canzone), di essere anarchico (Questo non è un anarchico), agnostico (Se Lui esiste), di pensare all’amore (Cherchez la femme), come la morte (Morire con delle idee)”.
AbBRASSENS non è una biografia: si concentra invece, non senza perizia, sul tocco stilistico e sulle tematiche del cantautore, tematiche ancora puntute, ancora attuali, causa l’appiattimento sociale in cui si sopravvive senza rendersene conto. Un tratto espressivo, quello di Brassens, che riconosci tra mille: ricercato ma non scolastico, affilato ma non comiziante, beffardo ma mai fine a se stesso.
“Non di rado George Brassens, con stoccate che non sono mai fini a se stesse, per far passare alcune idee senza voler sembrare professorale, fa leva sull’ironia. Brassens è contenuto satirico profuso a piene mani, è la pernacchia rivolta al comune modo di pensare, è quello che sa contrastare la protervia con colte argomentazioni, che sa ridimensionare l’autoritarismo con la sapiente invettiva, ben consapevole che nulla ferisce di più dello sberleffo”. (pag. 96)
Nell’attribuzione dei meriti al medium-canzone, forma e contenuto risultano inscindibili fra loro: gli stessi che si sbagliano, associando in automatico la canzone d’autore alla denuncia politica, si stupiscono del fatto che mi rifiuti di ascoltare i dischi degli attuali cantautori (sedicenti e cosiddetti). Mi stupisco del loro stupore, e se mi avete seguito sin qui vi sarete fatta un’idea sul perché.
AbBRASSENS racconta (senza perniciosa apologia) di un gigante della canzone di contenuto, e motiva le ragioni del suo giganteggiare. Un saggio intelligente, pertinente, minuzioso, oltre che fitto di spunti. Arrivo a scrivere che esula dalla stretta materia musicale, e lo aggiungo come merito ulteriore dell’opera.
AbBRASSENS
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