Prosegue il nostro viaggio letterario nei tormentoni estivi della musica italiana con uno dei classici dell’estate: Tintarella di luna, il brano che lanciò Mina nel lontano 1959. Il ritmo rock’n roll unito al testo sognante e romantico fecero brillare come una stella la cantante, oggi conosciuta come una delle voci italiane più potenti e riconoscibili. Nessuno avrebbe potuto cantare quella canzone tranne lei, che seppe darle la giusta vivacità unita a uno stile personalissimo: la sentiamo ondeggiare al ritmo del suono persino mentre canta e non può fare a meno di contagiare gli ascoltatori tenendo alta l’attenzione.
Il brano fu subito un successo e salì al vertice delle classifiche musicali. Forse non tutti sanno che l’autore del testo Tintarella di luna era il paroliere Franco Migliacci, lo stesso che scrisse Nel blu dipinto di blu, la canzone che consegnò Modugno all’immortalità.
Il miracolo di Migliacci agì anche sulla diciannovenne Mina, che all’epoca era pressoché sconosciuta e si era limitata a cantare rifacimenti di successi americani. Al ritmo di Tintarella di luna la ragazza di Busto Arsizio avrebbe stravolto con una nuova vivacità le classiche ballate lente che impazzavano al Festival di Sanremo.
Il testo di Franco Migliacci fu confezionato su misura per lei, colei che sarebbe diventata la Tigre di Cremona; ma non era affatto un brano scontato. Tintarella di luna inizia come un testo in prosa, poi si evolve in una filastrocca al ritmo di gingle; ma è soprattutto un testo che ribalta tutte le nostre certezze sull’abbronzatura inaugurando una nuova moda.
Vediamo più nel dettaglio testo e analisi della canzone.
“Tintarella di luna”: un’analisi linguistica della canzone di Mina
Abbronzate, tutte chiazze,
Pellirosse un po’ paonazze
Son le ragazze che prendono il sol
Ma ce n’è una
Che prende la luna
Tintarella di luna,
Tintarella color latte
Tutta notte stai sul tetto
Sopra al tetto come i gatti
E se c’è la luna piena
Tu diventi candida
Tintarella di luna,
Tintarella color latte
Che fa bianca la tua pelle
Ti fa bella tra le belle
E se c’è la luna piena
Tu diventi candida
Tin tin tin raggi di luna
Tin tin tin baciano te
Al mondo nessuna è candida come te
Tintarella di luna,
Tintarella color latte
Tutta notte stai sul tetto
Sopra al tetto come i gatti
E se c’è la luna piena
Tu diventi candida
Tin tin tin raggi di luna
Tin tin tin baciano te
Al mondo nessuna è candida come te
Tintarella di luna,
Tintarella color latte
Tutta notte stai sul tetto
Sopra al tetto come i gatti
E se c’è la luna piena
Tu diventi candida
E se c’è la luna piena
Tu diventi candida
E se c’è la luna piena
Tu diventi candida, candida, candida.
“Tintarella di luna”: la canzone
“Tintarella di luna”: un’analisi del testo
La “tintarella color latte” avrebbe fatto scandalo e sarebbe diventata il brano rivoluzionario di un’epoca soggetta alle trasformazioni, i mitici anni Sessanta. Lanciata proprio nel 1959 agli albori del nuovo decennio, Tintarella di luna era l’emblema del cambiamento, del rock’n roll, dello shake, del corpo che si muove e agita al ritmo del ballo.
La voce di Mina diede un apporto fondamentale alla canzone e la rese il capolavoro che conosciamo; ma il testo di Franco Migliacci, di per sé, era una straordinaria opera di genio. Tintarella di luna, il cui arrangiamento fu composto da Bruno De Filippi, inizia come un’opera in prosa, ha il ritmo lento con il sottofondo del piano poi si trasforma, nel ritornello, in uno scatenato rock’n roll sottolineato dal ritmo onomatopeico del “tin tin” scritto da Migliacci.
In questo brano il geniale paroliere ribaltava tutte le convenzioni tradizionali sull’abbronzatura, immaginando una ragazza che si abbronza alla luce lattea della luna ed è felice se la sua pelle diventa candida. Il mitico “tin tin” che scandisce il testo non è casuale, voleva essere imitazione onomatopeica dei raggi gentili e miti della luce lunare. La tensione del brano non veniva mai meno, veniva tenuta sempre alta dall’effetto delle parole che sembravano intessere la ballata della luna. Le sensazioni offerte dalla luce lunare appaiono più meravigliose e appaganti di quelle date dai raggi del sole che scaldano la pelle: l’intento è parodico, un rovesciamento voluto, ma perfettamente riuscito. Il lato tradizionalmente “oscuro e buio” della luna qui diventa brioso e vivace: la luna si anima e fa invidia al sole, il tutto grazie a una costruzione testuale impeccabile. Il fascino della notte prende vita e diventa un inno alla libertà, all’allegria e, soprattutto, al rovesciamento delle convenzioni.
A leggerla bene, tra le righe, Tintarella di luna era una canzone sovversiva che anticipava di quasi un decennio i movimenti giovanili del ’68.
L’intenzione di Migliacci era convertire il “melodramma al ritmo del twist” e senz’altro vi è riuscito, creando una sorta di filastrocca divenuta un fenomeno di costume. La pelle lattea di Mina ha fatto il resto, rendendosi perfetta testimonial di una specie di messaggio pubblicitario occultato sotto forma di canzone: la “tintarella color latte” avrebbe fatto tendenza, altroché.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Tintarella di luna”: un’analisi linguistica della canzone di Mina
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