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“Lo sforzo umano” di Jacques Prévert: una poesia dedicata a tutti i lavoratori

In occasione della ricorrenza del 1° maggio ricordiamo una poesia di Jacques Prévert particolarmente significativa dedicata alle lotte operaie. Scopriamo testo e analisi del componimento.

Alice Figini
Alice Figini Pubblicato il 30-04-2022
“Lo sforzo umano” di Jacques Prévert: una poesia dedicata a tutti i lavoratori

Celebriamo la ricorrenza del 1° maggio, la Festa dei Lavoratori, con una significativa poesia di Jacques Prévert dedicata alle lotte operaie.

Lo sforzo umano fu composta nel 1946 ed è contenuta nella raccolta più nota del poeta francese, Paroles, pubblicata nel Secondo dopoguerra. La versione italiana del testo si può trovare nel volume Jacques Prévert . Poesie, edito da Guanda editore.‎
Grazie al suo ritmo scandito e molto musicale la poesia fu in seguito tradotta in una canzone da Serge Reggiani che la inserì nell’album Poètes 2 et 3.

La lirica di Prévert deve essere letta innanzitutto come una denuncia. Nel componimento il poeta lancia il proprio atto d’accusa contro una società iniqua basata su profonde disuguaglianze di classe. Una società che non difende i propri lavoratori ha già perso in partenza, sembra affermare il poeta, facendosi quindi voce per levare il grido di protesta inascoltato di milioni di individui sfruttati, sottopagati, costretti a sacrifici e inenarrabili rinunce per vivere. Nel testo, seguendo l’onda del movimento surrealista, il poeta attacca con veemenza tutto ciò che rappresenta l’autorità.
E lo fa denunciando un metodo di lavoro ingiusto che disumanizza l’uomo anziché nobilitare le sue azioni.

Scopriamo testo e analisi del componimento.

Lo sforzo umano di Jacques Prévert: testo

Lo sforzo umano
non è quel bel giovane sorridente
ritto sulla sua gamba di gesso
o di pietra
e che mostra grazie ai puerili artifici dello scultore
la stupida illusione
della gioia della danza e del giubilo
evocante con l’altra gamba in aria
la dolcezza del ritorno a casa

No
Lo sforzo umano non porta un fanciullo sulla spalla destra
un altro sulla testa
e un terzo sulla spalla sinistra
con gli attrezzi a tracolla
e la giovane moglie felice aggrappata al suo braccio

Lo sforzo umano porta un cinto erniario‎
e le cicatrici delle lotte
intraprese dalla classe operaia
contro un mondo assurdo e senza leggi
Lo sforzo umano non possiede una vera casa
esso ha l’odore del proprio lavoro
ed è intaccato ai polmoni
il suo salario è magro
e così i suoi figli
lavora come un negro
e il negro lavora come lui

Lo sforzo umano non ha il “savoir-vivre”‎
Lo sforzo umano non ha l’età della ragione
lo sforzo umano ha l’età delle caserme
l’età dei bagni penali e delle prigioni
l’età delle chiese e delle officine
l’età dei cannoni
è lui che ha piantato dappertutto i vigneti‎
e accordato tutti i violini
si nutre di cattivi sogni
si ubriaca con il cattivo vino della rassegnazione
e come un grande scoiattolo ebbro
vorticosamente gira senza posa
in un universo ostile
polveroso e dal soffitto basso
e forgia senza fermarsi la catena

la terrificante catena in cui tutto s’incatena
la miseria il profitto il lavoro la carneficina
la tristezza la sventura l’insonnia la noia
la terrificante catena d’oro
di carbone di ferro e d’acciaio
di scoria e polvere di ferro
passata intorno al collo
di un mondo abbandonato

la miserabile catena
sulla quale vengono ad aggrapparsi
i ciondoli divini
le reliquie sacre
le croci al merito le croci uncinate
le scimmiette portafortuna
le medaglie dei vecchi servitori
i ninnoli della sfortuna
e il gran pezzo da museo

il gran ritratto equestre
il gran ritratto in piedi
il gran ritratto di faccia di profilo su un sol piede
il gran ritratto dorato
il gran ritratto del grande indovino‎
il gran ritratto del grande imperatore
il gran ritratto del grande pensatore
del gran camaleonte
del grande moralizzatore
del dignitoso e triste buffone

la testa del grande scocciatore
la testa dell’aggressivo pacificatore
la testa da sbirro del grande liberatore
la testa di Adolf Hitler
la testa del signor Thiers
la testa del dittatore
la testa del fucilatore
di non importa qual paese
di non importa qual colore

la testa odiosa
la testa disgraziata
la faccia da schiaffi‎
la faccia da massacrare
la faccia della paura.‎

(Traduzione italiana di Giandomenico Giagni)

Lo sforzo umano di Jacques Prévert: analisi

Lo sforzo umano è una poesia interamente basata sul ritmo, che nelle intenzioni dell’autore doveva essere quello di una marcia. Non a caso la prima strofa sembra riflettere l’immagine di un enorme corteo che sfila tra le vie cittadine. L’intero componimento si fonda sull’antitesi e il contrasto.
Nella prima parte del poema, la descrizione dello "sforzo umano" viene costruita per negazione: "non è", "non ha", "non sopporta" e la rivelazione di ciò che è la realtà. Tramite questo procedimento Prévert contrappone il bello, immaginario e felice lavoro umano, con aggettivi fortemente connotativi come "sorridente", "bello", "dolcezza", "felice".
Questo netto contrasto mette in luce l’amara realtà della classe operaia che infaticabilmente lotta contro un mondo assurdo e lavora fino alla morte.

La descrizione per contrasto viene rinforzata dalle ripetute anafore. Prévert costruisce le parti successive del poema come una serie di elenchi che contribuiscono a mantenere il ritmo della poesia.
Il lessico gioca sull’abbondanza di sostantivi e aggettivi che mirano a definire lo “sforzo umano” nella sua duplice entità: ecco cosa è e cosa non è. Anche la scelta delle forme verbali non è casuale: il poeta si serve di verbi che indicano un’azione specifica spesso legata al lavoro manuale come “piantare”, “incatenare”, “girare senza posa”.

Nelle prime strofe Prévert intende fornire un ritratto patetico dell’uomo, insistendo sulla sofferenza fisica, cioè sulla magrezza, sulle cicatrici. La ripetizione insistita vuole dare forma e fisionomia al dolore del popolo. Lo “sforzo umano”, quel lavoro tanto osannato, ci appare quindi sotto forma di volti emaciati dalla malattia e dal malessere.
Tramite i suoi operai Prévert vuole dimostrare l’alienazione insita nel lavoro, la sofferenza dell’uomo costretto a tacere, obbedire e faticare.

Dopo aver descritto la “miserabile catena umana” l’autore si fa beffe dell’autorità, denunciando l’elogio sistematico dei potenti che in realtà incatenano e sfruttano l’uomo. In questa sezione del poema cita una figura universalmente odiata, come Hitler, cui associa sempre per contrasto un altro “Adolf” ai tempi ammirato, ovvero Adolphe Thiers, il sindaco di Parigi, che viene descritto tramite l’ossimoro: “aggressivo pacificatore”.

Nella seconda parte del poema si scopre che infatti sono proprio i “grandi”, ovvero i potenti, il vero bersaglio del poeta che accusa ciascuno di loro di amministrare un’autorità fasulla. Accosta quindi l’immagine del “grande moralizzatore” a quella del “grande scocciatore”. La poesia sfocia nella satira, ma in realtà è un solenne atto d’accusa alla società del proprio tempo che non rispetta il popolo lavoratore né il valore del sacrificio.

Prévert, come tanti altri poeti e intellettuali dell’epoca, sceglie di schierarsi dalla parte dei più deboli, mettendosi accanto a coloro che faticano per guadagnarsi un tozzo di pane in nome della dignità umana.

Lo sforzo umano di Jacques Prévert: commento

Attraverso la sua rappresentazione poetica dello “sforzo umano”, il Jacques Prévert celebra l’uomo e lo esorta a liberarsi dal peso impostogli dalla società. Il poeta desacralizza e attacca tutto ciò che rappresenta qualsiasi forma di gerarchia, di cui la metafora della “catena” si fa simbolo evidente. Tramite questo procedimento per contrasto afferma che nessuna forma di supremazia ha valore, e che solo l’essere umano in quanto tale è degno di essere ammirato e onorato.

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Lo sforzo umano” di Jacques Prévert: una poesia dedicata a tutti i lavoratori

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