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Recensioni di libri

Wittgenstein prigioniero a Cassino di Franz Parak

Armando Editore, 2021 – Una testimonianza dal vero, di un ufficiale austriaco che dopo la sconfitta del 1918 ha condiviso con il filosofo e logico viennese la prigionia di guerra nel campo di concentramento di Caira, a Cassino.

Felice Laudadio
Felice Laudadio Pubblicato il 27-11-2021
Wittgenstein prigioniero a Cassino

Wittgenstein prigioniero a Cassino

  • Autore: Franz Parak
  • Genere: Romanzi e saggi storici
  • Categoria: Saggistica
  • Anno di pubblicazione: 2021

Si sapeva che il filosofo e logico austriaco Ludwig Wittgenstein fosse stato prigioniero di guerra in Italia nel primo conflitto mondiale, ma non che avesse rinunciato alla liberazione anticipata, per continuare a insegnare ai compagni di prigionia. Le ricadute dell’esperienza sulla sua produzione filosofica sono il contenuto di un saggio, redatto a suo tempo da Franz Parak, ufficiale e futuro insegnante internato con lui a Caira (Frosinone) e riproposto ad agosto 2021 da Armando Editore: Wittgestein prigioniero a Cassino (80 pagine).

Parak, giovane ufficiale dei reparti d’assalto austriaci — poi insegnante, pedagogista, filosofo — è stato vicino al grande viennese durante la prigionia di guerra a Cassino, tra la fine del 1918 e l’agosto 1919. Ne ha raccolto la testimonianza, che ha proposto in queste memorie, con ampio spazio iniziale al pensiero logico e al Tractatus, facendo sostenere ai curatori editoriali che sotto l’aspetto del contenuto filosofico “queste pagine sono una testimonianza preziosa della prova che Wittgenstein non è stato un neopositivista”.

Come riferisce il più giovane compagno d’armi, il trentenne Ludwig (1990-1951), già studente d’ingegneria, aveva con sé gli appunti del Tractatus logico-philosophicus che pubblicherà nel dopoguerra, dedicato alla memoria dell’amico David Pinsent e con la prefazione del filosofo e matematico britannico Bertrand Russel. Ma più della logica e della filosofia, in questo spazio ed ai lettori interessa l’aspetto storico della presenza di Wittgestein prima sul fronte dell’Altopiano di Asiago e poi nel campo di concentramento nel Lazio meridionale.

Seguiamo innanzitutto l’arrivo del sottotenente Parak a Cassino, fatto prigioniero con il suo reggimento all’armistizio del 4 novembre 1918.
Dopo il passaggio in campi di prigionia transitori nei pressi di Treviso, separato per il grado dalla truppa, venne avviato verso il Sud Italia, in carri ferroviari merci. Il campo di prigionia per ufficiali di Caira-Cassino era costituito allora da due file di baracche in muratura, con tetti di tegole, in un paesaggio dominato dall’imponente monastero benedettino (che sarà distrutto dal bombardamento alleato nella guerra mondiale successiva). Gli ambienti erano divisi in camerette, che ospitavano più letti di ferro lungo le pareti, con materasso, cuscino e due coperte.

Escluso il pane, razionato dalle autorità del campo, al vitto provvedevano gli stessi prigionieri, che ricevevano una paga secondo il grado. Un loro ufficiale provvedeva all’acquisto degli alimenti con l’aiuto del comando italiano ed erano cuochi austriaci a cucinare i pasti, consumati in due refettori. La giornata veniva riempita con la lettura dei libri di una biblioteca donata da una società svizzera e si partecipava a corsi e lezioni in uno dei refettori, affollati da quasi duemila ufficiali dotati di un certo livello di istruzione. Per fare un po’ di movimento, si passeggiava per le strade del campo o si girava “infinite volte” intorno ad uno spiazzo.

La vita di prigionia era desolante per monotonia e il vitto, complici le “squisitezze” come “l’eccellente mortadella” in vendita allo spaccio, prosciugava la paga: centoquaranta lire al mese per un sottotenente, centosettanta per un tenente. Parak, che come altri ottiene la seconda stelletta nel corso della detenzione, rende atto agli italiani della correttezza nel riconoscere la promozione, compreso il relativo incremento economico.

Con un nuovo gruppo di prigionieri arriva un tenente, di discendenza nobile, col volto scarno e il profilo distinto, di media statura, capelli castani un poco ondulati. Colpiva soprattutto il suo modo di parlare, determinato e risoluto, oltre a un gesto del capo, che alzava di tanto in tanto volgendo lo sguardo in lontananza. “Costui era Ludwig Wittgenstein”.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale si era arruolato volontario nell’esercito austro-ungarico, soldato semplice di fanteria. Per il titolo di studio venne promosso successivamente ufficiale di artiglieria. Combatté sul fronte russo e sull’altopiano de Sette Comuni in Italia, meritando onorificenze e medaglie al valore militare. Da prigioniero di guerra fu internato prima nei pressi di Trento nel 1918 e poi trasferito a Caira-Cassino, tornando in Austria nel 1919.

Importante il no di Wittgenstein al rientro anticipato in Patria. A guerra ampiamente finita, avrebbe potuto godere del rimpatrio, per l’interessamento del Vaticano su richiesta della famiglia, ma respinse quello che considerava un privilegio, un favoritismo. E oltre a tenere lezioni di lettere e cultura continuò a custodire l’elaborato nel campo: una cinquantina di pagine dattiloscritte, rilegate con una copertina marrone.

Una volta firmati in estate i trattati di pace, il 21 agosto del 1919 si aprirono i cancelli. Erano arrivati a Cassino in “carri bestiame, ma l’Italia ci rimandò a casa in vetture di seconda classe”, conclude Parak.

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© Riproduzione riservata SoloLibri.net

Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Wittgenstein prigioniero a Cassino

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