

Il Trattato di pace per tutta la Cristianità, voluto da Giorgio di Poděbrady, Re di Boemia, l’attuale Repubblica Ceca, è l’antesignano di un progetto intellettuale che prefigura il sogno di un’Europa unita.
Salito al trono nel 1458, Re Giorgio di Boemia si trovò un regno diviso tra cattolici e hussiti, seguaci del teologo, filosofo e riformatore protestante boemo Jan Hus ( 1370-1415).
Il suddetto sovrano ebbe contrasti con l’imperatore Federico III d’Asburgo e papa Pio II, che considerandolo un eretico, tentarono di indebolirne il potere in diverse maniere. Dopo diverse fasi che culminarono persino con una crociata, Re Giorgio consolidò il suo potere e si oppose valorosamente, dimostrando notevoli abilità militari.
Per tali motivi il sovrano, denominato "il re hussita” o “il re dei due popoli” per il suo tentativo di conciliare cattolici e utraquisti, oggigiorno nella Repubblica Ceca viene celebrato come un simbolo dell’indipendenza nazionale e di resistenza alle aggressioni esterne.


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La sua visione politica lo rende una figura precorritrice del principio di cooperazione internazionale, in specie su base volontaria. E questo per il Tractatus pacis toti Christianitati fiendae: il testo, nell’originale latino con lingua italiana a fronte, tratto da The universal peace organization of King George of Bohemia, è disponibile nel saggio Ideazione per una Confederazione Europea. Trattato di pace per tutta la Cristianità (cultureliteEdizioni, 2025). Il curatore, Antonino Sala, ingegnere, docente di Fisica, già componente del Senato Accademico dell’Università degli studi di Palermo, ha scritto svariate pubblicazioni e coltiva molteplici interessi tra Storia, metapolitica e Scienze sociali. In questo suo recente volume di interesse, concentra la sua attenzione su Giorgio di Boemia, la sua azione politica e la storia del “Trattato di pace per tutta la Cristianità”
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Cos’era il “Trattato di pace per tutta la Cristianità”
Il “Tractatus pacis toti Christianitati fiendae” (“Trattato di pace per tutta la Cristianità”) di Re Giorgio mirava a unire, non a dividere, anticipando le idee di integrazione che si ritroveranno secoli dopo nella Pace di Westfalia (1648) e successivamente nei trattati dell’Unione Europea.
Rispetto alla Pace di Cateau-Cambrésis (1559), che stabiliva un equilibrio temporaneo, il Tractatus si spingeva oltre, con una visione profetica auspicando un’organizzazione permanente con meccanismi per una comune difesa, specie contro la sempre incombente minaccia ottomana. Antonino Sala osserva come sebbene il progetto del sovrano boemo non sia mai stato portato a compimento, il suo fallimento non ne sminuisce affatto il valore storico; al contrario testimonia la difficoltà di implementare un’idea così avanzata in un contesto di divisioni religiose e politiche. In questo senso, il Tractatus non è solamente un tentativo non riuscito, ma è da ritenere, secondo l’Autore, un
“progetto intellettuale che prefigura il sogno di un’Europa unita, rendendolo un precursore unico nel mondo e un punto di riferimento per comprendere l’evoluzione del pensiero politico europeo.”
Una visione innovativa in un contesto storico preciso, con un’interessante visione anticipatrice per quei tempi, in cui si prevedeva un’assemblea di Stati sovrani, che avrebbero collaborato per il bene comune senza sottomettersi a un’autorità centrale assoluta, quindi né al Papa e né all’Imperatore. Il Tractatus immaginava invece un sistema in cui l’unità non derivava dalla sottomissione, ma dalla partecipazione paritaria e volontaria. Una visione confederale che si manifestava nei dettagli pratici del progetto che si basava su un’organizzazione strutturata con rappresentanti delle nazioni e con regole per la gestione delle dispute e una strategia comune contro minacce esterne.
Il “Tractatus” si proponeva di bilanciare l’indipendenza nazionale con un senso di appartenenza a una comunità più ampia. Una natura forse troppo innovativa per quei tempi che determinò la sua disapplicazione. Nel XV secolo, l’Europa era ancora un mosaico di regni, ducati e città-stato, gelosi delle proprie prerogative, spesso divisi da conflitti religiosi. Trattati come quello di Parigi (1259) andavano a compimento in quanto si limitavano a regolare rapporti feudali tra monarchie, senza richiedere un cambiamento strutturale; il Tractatus, invece, chiedeva un salto concettuale notevole che l’epoca non era ancora pronta a compiere. Una proposta troppo audace per un sistema ancora ancorato a una visione bipolare e gerarchizzata del mondo sotto l’influenza dominante del Papa e dell’Imperatore.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Trattato di pace per tutta la Cristianità” di Giorgio di Poděbrady: cos’era e perché prefigurava l’Europa unita
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