L’espressione milanese Tiremm innanz! è un modo di dire molto comune nel capoluogo meneghino e nei suoi dintorni, ma in molte altre parti d’Italia l’espressione corrispondente, Tiriamo avanti!, è ormai utilizzata comunemente nell’intercalare quotidiano.
Risposta semplice e schietta a una domanda relativa all’andamento generale della situazione o alle condizioni di salute, Tiremm innanz! e il corrispettivo Tiriamo avanti!, al di là del significato letterale, possono indicare condizioni e sensazioni diverse, a seconda del contesto e dell’interlocutore, ma racchiudono in sé un chiaro riferimento a una capacità come la resilienza, di cui molto si parla ai nostri giorni.
Oltre al significato dell’espressione è interessante anche richiamare l’origine di Tiremm innanz!, una vicenda storica che ci riporta alla metà dell’Ottocento, quando la Lombardia era sotto il giogo austriaco e il patriota Amatore Sciesa fu ingiustamente fucilato.
Scopriamo allora insieme il significato e l’origine dell’espressione milanese Tiremm innanz!.
Tiremm innanz!: cosa significa?
Tiremm innanz! è un’espressione del dialetto milanese e lombardo che letteralmente volta in italiano significa tiriamo innanzi o, più liberamente tiriamo avanti o andiamo avanti. È una risposta che generalmente si dà a domande come: Come stai? Come va? Come andiamo? Ciò è ben testimoniato dallo scambio di battute che spesso ricorre nello stesso dialetto:
«Me te stee?» / «Come stai?»
«Eh, tirèmm innànz» / «Eh, tiriamo avanti»
Al di là della sua resa in italiano è più interessante interrogarsi sul significato profondo di questa espressione. Certo, molto dipenderebbe dal contesto in cui è pronunciata, dagli interlocutori che la utilizzano, ma sicuramente non è una frase che trasuda ottimismo. Piuttosto sembra una risposta più calzante per un interlocutore affaticato, stanco, la replica di chi in qualche modo riesce ancora a farcela, a sbarcare il lunario, ad andare avanti, senza però esser nelle condizioni di verbalizzare una totale soddisfazione o un completo appagamento.
Tiriamo avanti indica lo sforzo quotidiano che chiunque potrebbe sostenere nella vita di tutti i giorni, la resilienza di fronte agli eventi avversi, la voglia di farcela nonostante tutto, la capacità di sopportare quella fatica di vivere che, invece, aveva sopraffatto Pavese.
Quelli che tirano avanti sono la gran parte degli italiani e, probabilmente, la maggior parte degli uomini: sono quelli che faticano ad arrivare alla fine del mese, chi non ha nessuno accanto, chi è costretto ad accontentarsi e lo fa senza lamentarsi troppo, evitando di abbattersi, sforzandosi di guardare avanti e prendendo atto del fatto che, in un modo o nell’altro, si continua a procedere.
Possiamo considerare tiremm innanz! anche come un’esortazione che invita alla tenacia, o una dichiarazione di intenti che esplicita la volontà di perseguire i propri obiettivi, tirando dritto, senza cambiare strada, senza ripensamenti, percorrendo la strada intrapresa fino alla fine, fino al raggiungimento del proprio obiettivo.
Dietro questa risposta sibillina c’è dunque un atteggiamento nobile, chi dice tiremm innanz!, tiriamo avanti sdrammatizza e con quelle due parole, apparentemente banali e scontate, dimostra una forza d’animo riservata, ma non rassegnata.
L’origine della frase tiremm innanz!
E che tiremm innanz! sia il motto di chi combatte ed è animato dalla forza d’animo lo dimostra bene la vicenda in cui questa frase trova la sua origine.
Siamo a Milano, nel 1851, tre anni dopo quel fallimentare ’48 che aveva scosso da capo a piedi le città di mezza Europa con sommosse e ribellioni, tre anni dopo le gloriose Cinque giornate di Milano che, almeno per un momento, avevano lasciato intravedere la possibilità di vivere senza il pesante giogo austriaco. Vana speranza perché anche nel caso del capoluogo meneghino l’insurrezione ebbe vita breve ed esiti ancor più infausti: nel 1849 il feldmaresciallo Josef Radetzky assume il governo militare e civile del Lombardo-Veneto e inizia una repressione verso quelli che ormai erano considerati cattivi sudditi dell’impero di Francesco Giuseppe I.
In questo scenario opprimente, dove dovunque serpeggia il malcontento, si muove Amatore Sciesa (12 febbraio 1814 - 2 agosto 1851), tappezziere milanese di umili origini, uomo del popolo, conosciuto anche col nome di Antonio, che entra in contatto con alcune cellule di repubblicani che non si erano dati per vinti, e che erano relegati nella più totale clandestinità dalla feroce politica repressiva degli austriaci. Sciesa è soprattutto un patriota che, incurante della patibolo o dell’esilio ai quali sapeva di essere destinato, se scoperto, si impegna in prima persona nella diffusione di manifesti rivoluzionari. La notte del 30 luglio 1851 viene fermato e, trovato in possesso di alcuni stampati, è accusato di averli effettivamente affissi e viene arrestato.
Il processo è una farsa e la sentenza, dove il nostro è chiamato Antonio anziché Amatore, creando un equivoco riguardo al nome, ci mette poco ad arrivare, sottolineando che
"in considerazione della aumentata pericolosità di sette e di movimenti fanatici, che tentano di contrastare l’autorità dell’Imperial-Regio Governo [...] chiunque sarà colto nell’atto di svolgere attività sovversiva in qualunque forma sarà consegnato alla Gendarmeria e immediatamente impiccato"
Diceria vuole che Amatore Sciesa avrebbe pronunciato la frase tiremm innanz! mentre si avviava davanti al plotone d’esecuzione, quando, sotto le finestre della sua casa in Via Cesare Cantù, non lontano dal Duomo, gli ufficiali che lo accompagnavano gli proponevano con insistenza di rivelare i nomi dei suoi complici, in cambio della libertà.
Lo scrittore e patriota Giovanni Visconti Venosta, in uno dei testi più interessanti sul Risorgimento lombardo,Ricordi di Gioventù. Cose vedute e sapute (Cogliati, 1904) offre della vicenda un resoconto lievemente diverso. Lo storico, infatti, tenendo conto della testimonianza di Gian Battista Carta, ritiene che Sciesa avrebbe pronunciato la frase tiremm innanz! non mentre camminava verso il cortile del Castello Sforzesco, dove poco dopo si sarebbe tenuta l’esecuzione, ma prima che il corteo partisse, quando Giuseppe Negri, il sacerdote che lo accompagnava, gli chiedeva di rendere l’estrema confessione, come generalmente avveniva in occasione delle condanne militari, emanate in virtù dello stato d’assedio.
Comunque sia, se dalla sentenza emerge l’intento di comminare una punizione esemplare, che avrebbe dovuto impressionare i rivoluzionari e portarli a più miti consigli, dalla vicenda appare evidente che Amatore Sciesa aveva della libertà un concetto senza dubbio più alto di quello dei suoi aguzzini: il suo tiremm innanz! una dichiarazione di coraggio di fronte alla morte certa, ma soprattutto di lealtà alla causa italiana.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Tiremm innanz!: significato e origine della frase milanese
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