Comprendere cos’è la resilienza è essenziale per afferrare il significato di un termine che, negli ultimi anni, è stato utilizzato sempre più frequentemente ed è entrato via via nel linguaggio comune, tanto da diventare un ottimo soggetto anche per un tatuaggio.
Al di là di una definizione teorica e asettica è possibile capire meglio cos’è la resilienza scoprendo come si configura concretamente questa condizione psicologica e, quindi, chiarendo quali sono le caratteristiche delle persone resilienti, ovvero dei soggetti che incarnano questa caratteristica.
Consideriamo però, prima, il significato della parola resilienza e le possibili sfumature che questo termine può assumere anche in contesti molto differenti dalla psicologia, per considerare, poi, i tratti distintivi dei soggetti resilienti, un’analisi sarà utile per ciascun lettore dal momento che la resilienza è una caratteristica da sviluppare e da praticare soprattutto in tempi di incertezza come quelli attuali.
Che cos’è la resilienza?
Come apprendiamo dai principali dizionari della lingua italiana resilienza è la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, situazioni avverse di varia natura. Oltre a questo significato psicologico, che è senz’altro quello più comune e utilizzato, la parola resilienza viene utilizzata anche nelle scienze dei materiali per indicare la resistenza a rotture provocate da sollecitazioni dinamiche, una resistenza che, in questa seconda accezione si intende misurata con una apposita prova d’urto definita, appunto, prova di resilienza, attraverso la quale si misura il valore di resilienza.
Un ulteriore significato del termine resilienza si ritrova nella tecnologia dei filati e dei tessuti: si tratta, in questo caso, dell’attitudine propria dei tessuti, di assumere di nuovo il loro aspetto originale, dopo una deformazione.
Anche se meno degni di attenzione, in questa sede, i significati tecnici e scientifici del termine resilienza ci aiutano comunque a comprendere questa capacità e il suo valore in sede psicologica e sociologica.
La resilienza è, infatti, non solo resistenza di fronte a un urto, a un danno, a una situazione avversa, ma anche e soprattutto la capacità di riuscire ad autoripararsi dopo questo evento critico e di sapersi riorganizzare in modo positivo, produttivo ed efficace, dopo aver vissuto e affrontato la situazione difficile.
Resistere, dunque, far fronte alle avversità e, poi, ricostruirsi, riorganizzarsi, riconfigurarsi (per quanto l’espressione possa essere infelice, in termini professionali si potrebbe dire anche “riciclarsi”) in modo positivo, nonostante la difficoltà faccia pensare che tutto possa avere un esito negativo.
Al di là della moda che ha visto il termine resilienza spopolare negli ultimi anni, forse a causa della prolungata crisi economica che affligge il nostro continente, l’uomo è stato in realtà (costretto ad essere) resiliente fin dagli albori della storia: calamità naturali, pestilenze, guerre, sono solo alcuni degli eventi più incontrollabili che hanno messo a dura prova la capacità di resistenza allo stress del genere umano obbligato a superare le sventure per sopravvivere e rialzarsi rafforzato.
Nella storia individuale, più che collettiva, altrettanto inevitabili sono eventi destabilizzanti di natura differente e altrettanto drammatica: la fine di un amore, la perdita di una persona cara, il tradimento, la delusione o la violenza subìta sono situazioni nelle quali, prima o poi, ciascuno di noi si trova. In questi casi ci interroghiamo, ci poniamo domande, ci guardiamo indietro e ci domandiamo se non potevano fare diversamente, se quel dolore non poteva forse essere evitato, se quell’errore non era per caso preventivabile ed evitabile. Al di là delle domande e delle anamnesi, lo sconvolgimento, il vuoto, il dolore rimangono lì: l’equilibrio è spezzato, spetta al singolo trovare risorse per ridefinire quella sofferenza, per distanziarsene faticosamente, nel tentativo di non lasciarsi sopraffare, per ricominciare a guardare alla vita e al futuro con occhi nuovi, ancora pieni di speranza e di progettualità.
Non si tratta di azioni semplici, non si tratta di movimenti meccanici, non è lo sforzo che può fare alzando una ostacolo che ci sbarra la strada, si tratta, però, di una capacità insita nella specie umana, non solo a livello psicologico ma anche a livello corporeo come ben dimostra il sistema immunitario che, in una continua dimostrazione di resilienza, mette in atto le difese necessarie per difenderci dalle aggressioni esterne e per renderci più capaci di fronteggiarle in un momento successivo, quando esse si ripresenteranno e noi saremo di nuovo lì, arricchiti degli anticorpi che abbiamo sviluppato prima.
È proprio questo secondo aspetto della resilienza ad essere quello più pregnante e interessante: non si tratta, infatti, solo di resistere allo stress provocato da un evento avverso ma anche, e soprattutto, di riuscire a riorganizzare la propria vita e la propria quotidianità anche quando tutti gli elementi della situazione che stiamo vivendo sembrano configurare un esito negativo.
Questa vera e propria forza che alcuni individui hanno in misura maggiore rispetto ad altri consente di trovare in se stessi, nella rete di relazioni sociali e in altri contesti della vita, le risorse i cosiddetti fattori di protezione, ovvero gli elementi che consentono di superare le avversità, come, ad esempio:
- fattori protettivi individuali (essere un primogenito, un buon temperamento, la sensibilità, l’autonomia, la competenza sociale e comunicativa, l’autocontrollo, la consapevolezza e fiducia che le proprie conquiste dipendono dai propri sforzi, il comportamenti seduttivo ovvero la capacità di farsi ben volere e di accettare gli aiuti che ci vengono offerti dall’esterno);
- fattori protettivi familiari (elevata attenzione riservata al bambino nel primo anno di vita, la qualità delle relazioni tra genitori, il sostegno alla madre nell’accudimento del piccolo, la coerenza nelle regole, il supporto di parenti e vicini di casa, o comunque di figure affettivamente vicine);
ai fattori di protezione si oppongono i fattori di rischio, ovvero quegli elementi che diminuiscono la capacità di sopportare il dolore:
- fattori emozionali (abuso, bassa autostima, scarso controllo emozionale);
- fattori interpersonali (rifiuto dei pari, isolamento, chiusura);
- fattori familiari (bassa classe sociale, conflitti, scarso legame con i genitori, disturbi nella comunicazione);
- fattori di sviluppo (ritardo mentale, disabilità nella lettura, deficit attentivi, incompetenza sociale).
Caratteristiche delle persone resilienti
Aver considerato i fattori di rischio e i fattori di protezione ci ha già permesso di individuare alcune delle caratteristiche delle persone resilienti; riflettendo sui fattori di protezione è, però, possibile fare un ulteriore passo in questa direzione e individuare alcune componenti o attitudini o atteggiamenti che facilitano lo sviluppo di una capacità complessa come la resilienza:
- l’ottimismo ovvero la capacità di cogliere il lato buono di ogni cosa, capacità che favorisce il benessere individuale e mette al riparo da molti generi di sofferenza perché dona lucidità;
- l’autostima è indice di una congrua considerazione di se e consente di sopportare meglio le critiche, senza subirne eccessivo dolore e amarezza e, quindi, riducendo la possibilità sviluppare sintomi depressivi;
- la Robustezza psicologica (Hardiness), una capacità complessa in cui confluiscono il controllo, l’impegno e la sfida, ovvero la predispone a considerare i cambiamenti come opportunità piuttosto che come minacce;
- le emozioni positive, ovvero la capacità di concentrarsi su ciò che si possiede anziché su quel che ci manca;
- il supporto sociale, ovvero la percezione (che abbiamo confrontandoci con l’ambiente esterno) di essere oggetto di amore e di cure, di essere stimati e apprezzati. In questa attitudine confluisce anche la presenza di persone disponibili ad ascoltarci e la capacità, propria dell’individuo resiliente, di sapersi raccontare e, quindi, il sapersi liberare dal peso della sofferenza, che se accolta in modo garbato e privo di stigma da parte dei nostri interlocutori, diverrà facilmente una condivisione partecipata.
La resilienza è, quindi, determinata in gran parte dalla qualità delle risorse personali sviluppate prima e dopo l’evento destabilizzante e può essere intesa anche come la prospettiva con la quale si guarda ai fatti e alle conseguenze che da essi possono derivare.
La persona resiliente è, quindi, una persona:
capace di sopportare il dolore e di affrontare le difficoltà senza eccessivi lamenti e senza giungere alla disperazione;
- capace di intraprendere una via della cui difficoltà è consapevole (quella della condivisione del dolore, dello sguardo positivo al futuro), preferendola comunque alla soluzione più semplice (lasciarsi andare alle difficoltà);
- capace di amare la propria vita attuale, il proprio presente;
- capace di curare una propria dimensione spirituale (anche del tutto laica) che gli consente di moderare il timore per la morte;
- consapevole di essere esposta al pericolo e alle avversità, in quanto mortale ma capace, al contempo, di affrontare gli ostacoli, per superarli con ponderatezza e audacia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Cos’è la resilienza? Caratteristiche delle persone resilienti
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