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Storia della letteratura

Supplica a mia madre: testo e analisi della poesia di Pasolini

Leggiamo e analizziamo insieme una delle poesie più intense di Pier Paolo Pasolini, "Supplica a mia madre", scritta nel 1962.

Federica Privitera
Federica Privitera Pubblicato il 06-05-2022
Supplica a mia madre: testo e analisi della poesia di Pasolini

Il legame tra una madre e il proprio figlio è un’essenza unica, impossibile quasi da descrivere a parole. In questo viene in aiuto l’arte, la poesia nello specifico, che con la grandezza di ciò che comunica riesce a dar voce a qualcosa che le persone comuni non riescono a esprimere.

Tra le poesie più belle dedicate alla mamma, ritroviamo la poesia di Pier Paolo Pasolini, Supplica a mia madre. Scritto da Pasolini il 24 aprile 1962, il componimento fu inserito nella prima edizione del libro Poesia in forma di rosa pubblicato nel 1964, all’interno della prima sezione (La Realtà) della quale è la quarta poesia. I dati bibliografici non servono solo a dare informazioni, ma sono cruciali per comprendere il contesto storico entro cui questo splendido testo si inserisce: nei primi anni Sessanta parlare in Italia di omosessualità era considerato, nelle migliori delle ipotesi, un tabù, nelle peggiori una violazione scandalosa del pubblico decoro.

Fatte queste premesse, vediamo insieme la poesia Supplica a mia madre di Pasolini.

Supplica a mia madre: il testo della poesia

È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.

Tu sei sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.

Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.

Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.

E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.

Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:

ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.

Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.

Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.

Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…

Supplica a mia madre: parafrasi

Trovo difficile esprimere, con le parole con cui un figlio parla alla madre, la mia condizione sociale che non riesco a ritrovare nell’immagine che ho di me nel mio cuore. Tu sei la sola persona al mondo che conosce il mio cuore, ciò che è sempre stato e ciò che era prima di aprirsi ad altri amori. Per questo sono costretto a confessarti l’orrenda verità: la mia angoscia è causata dal tuo affetto per me. Nonostante ciò, sei insostituibile, e per questo la mia vita, che tu mi hai dato, è condannata alla solitudine. Ma io non voglio restare solo, perché ho una vorace fame d’amore, di quell’amore fisico e carnale. Mentre, invece, la mia anima è tutta in te, sei tu, ma tu sei mia madre e il tuo amore mi schiavizza: ho passato la mia infanzia schiacciato da questo sentimento alto, irrimediabile, di un impegno d’amore immenso. Il tuo amore era l’unico modo per appassionarmi alla vita, era l’unica forma per amarla: ma ora ho perso questa modalità di relazione con l’esistenza. Quello che facciamo è, semplicemente, di sopravvivere: e ciò che adesso rimane è la confusione di una vita rinata che non si spiega con la ragione. Ti supplico, ah ti supplico: non morire. Sono qui, da solo, insieme a te sperando in un futuro aprile.

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Supplica a mia madre: analisi del testo e commento

Possiamo immaginare il componimento come animato da due forze contrarie ed opposte che, al contrario di quanto succede nella fisica, non si annullano ma si completano. Inoltre, è possibile ravvisare all’interno del testo un forte messaggio di libertà, veicolato tuttavia dal triano potentissimo dell’amore.

Vedendo nel dettaglio il primo aspetto, infatti, tra i versi di Supplica a mia madre Pasolini è indissolubilmente legato alla figura materna, perno di molti altri suoi componimenti poetici e personaggio centrale nella sua arte (nel 1964, lo stesso anno di uscita della raccolta in cui la poesia è contenuta, Pasolini girava Il vangelo secondo Matteo affidando la parte di Maria proprio alla madre). Lei è la sola al mondo (v. 3), è la persona con cui si identifica l’anima del poeta (l’anima è in te, sei tu – v. 11) ed era l’unico modo per sentire la vita (v. 15). La madre, quindi, è quasi l’esemplificazione dell’identità del poeta, come se, senza, lui non potesse esistere: solo la donna è in grado di comprenderlo nel profondo; nessuno tra tutti gli amori che il poeta va inseguendo riuscirebbe mai a colmare l’assenza della madre: sei insostituibile (v. 7), le dice senza mezzi termini.

Abbiamo quindi una profonda, dolce e delicata dichiarazione d’amore per l’unicità della figura materna, ma come abbaimo detto ad apertura dell’analisi, in questo componimento si sente forte l’azione di due movimenti opposti e quello contrario all’amore materno è generato proprio dall’amore materno stesso. Pasolini, sin dall’infanzia immerso in questo senso alto […] di un impegno immenso (vv. 13-14) è diventato schiavo del sentimento materno, invischiato in una relazione che ne ha piegato la vita fino a trasformarla in una condizione di angoscia (v. 6). Proprio il profondo affetto della mamma è causa del turbamento del poeta, della sua inadeguatezza sociale e dell’impossibilità di riconoscersi come individuo: non arriva ad accusarla della sua omosessualità, certo, ma le dichiara apertamente che i suoi tormenti nascono da lei.

Fatta tale dichiarazione, ecco giungere la libertà, quel secondo aspetto di cui accennavamo all’inizio: con la sua confessione al verso 5 il poeta si libera finalmente del giogo amoroso materno per provare a sentirsi meno solo nel mondo e a vivere quella ricerca di contatto e fisicità che tanto brama. E fa questa confessione certo che nulla cambierà nel rapporto con la mamma: solo una mamma può accogliere qualunque pensiero e sentimento di un figlio senza giudicare o recriminare alcunché. La mamma è il traghetto che dà vita al disagio e allo stesso e la scialuppa di salvataggio che non deve mai mancare. Finalmente Pasolini è libero e in tale libertà non vuol essere solo: supplica, appunto, la madre di non morire mai (v. 19) per poter vivere insieme la rinascita primaverile (v. 20) di una nuova vita.

Supplica a mia madre: metrica e retorica

La poesia è composta da 20 versi in 10 strofe da 2 versi ciascuna, quasi tutti in rima baciata tranne che per i vv. 5-6, 9-10 in cui la rima è libera e i vv. 19-20 in cui le parole finali dei versi morire/aprile sono in assonanza.

Contraddistingue il componimento la figura retorica dell’ellissi, cioè della mancata esplosione delle proposizioni in favore di non detti o pronomi che condensano i pensieri; vediamo infatti ripetuto il pronome ciò (in anafora ai vv. 2, 4, 5).
Altre figure retoriche:

  • enjambement: vv. 7-8 Per questo è dannata/alla solitudine, vv. 9-10 Ho un’infinita fame/d’amore, vv. 11-12 ma tu/sei mia madre, vv. 13-14 questo senso/alto.
  • metafora: v. 20 futuro aprile (per intendere la primavera, la rinascita).
  • anafora: vv. 3, 11 tu, v. 19 supplico, vv. 9, 20 solo, vv. 15, 18 vita, v. 10, 4 amore.
  • figura etimologica: vv.12-13 (schiavitù/schiavo), vv. 8-9 (solitudine/solo)
  • allitterazione: v. 1 f (difficle/figlio), v. 3 s (sei - sola - sa).
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