Luigi Pirandello non è solo il Premio Nobel italiano per la Letteratura del 1934, il professore di letteratura latina, il siciliano delle Novelle o l’uomo del subconscio del Novecento italiano, o ancora l’immagine nascosta dietro i 6 personaggi in cerca d’autore. Pirandello è anche uno scrittore di piccoli racconti, 9 per l’esattezza, scritti tra il 1896 e il 1935 e pubblicati in una piccola raccolta. Tra queste piccole perle si nasconde anche Sogno di Natale che mostra un Luigi Pirandello diverso da come lo conosciamo, che racconta una storia su più livelli giocando con il tema del sogno e con quello delle festività natalizie. Ecco cosa si nasconde dietro Sogno di Natale di Luigi Pirandello.
“Sogno di Natale”: trama del racconto di Pirandello
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Il protagonista di “Sogno di Natale” si sta incamminando al buio, di notte, mentre le luci di Natale sono tutte intorno a lui. D’un tratto, l’uomo si addormenta e gli compare Gesù sotto forma di spirito. Lo spirito chiede un’"anima dove rivivere" e pensa di trovarla nell’uomo. Gli promette che gli restituirà "cento volte quel che perderai" seguendolo e, per convincerlo, lo porta in alcuni luoghi, come una ricca chiesa e una casa dove non si sente l’atmosfera delle Feste per via della miseria.
Alla fine, Gesù chiede all’uomo di seguirlo una volta per tutte, abbandonando le sue certezze, ma il protagonista si rifiuta: preferisce le sue miserie, pur di avere con sé i suoi affetti, ed entrambe le cose lo rendono un essere umano.
Sogno di Natale: analisi e commento del racconto di Luigi Pirandello
La prima parte del racconto estranea immediatamente il protagonista da quello che lo circonda. Nonostante avverta una presenza, il protagonista si concentra sugli elementi delle Feste (la chiesa, il presepe, ecc.) in contrasto con l’assenza di persone in quel momento lungo il suo cammino.
“Era festa dovunque: in ogni chiesa, in ogni casa: intorno al ceppo, lassù; innanzi a un Presepe, laggiù; noti volti tra ignoti riuniti in lieta cena; eran canti sacri, suoni di zampogne, gridi di fanciulli esultanti, contese di giocatori… E le vie delle città grandi e piccole, dei villaggi, dei borghi alpestri o marini, eran deserte nella rigida notte. E mi pareva di andar frettoloso per quelle vie, da questa casa a quella, per godere della raccolta festa degli altri; mi trattenevo un poco in ognuna, poi auguravo:
– Buon Natale – e sparivo…”
Poi il racconto ha la sua svolta nell’immagine del "sogno", utilizzata dall’epoca di Dante Alighieri per passare da un mondo all’altro (infatti Dante usa questa soluzione di svenire o di addormentarsi per passare da un regno all’altro della Divina Commedia).
“Ero già entrato così, inavvertitamente, nel sonno e sognavo. E nel sogno, per quelle vie deserte, mi parve a un tratto d’incontrar Gesù errante in quella stessa notte, in cui il mondo per uso festeggia ancora il suo natale."
Il Gesù che il protagonista del racconto pirandelliano incontra sulla sua strada è ben diverso da quello della Natalità.
“Egli andava quasi furtivo, pallido, raccolto in sé, con una mano chiusa sul mento e gli occhi profondi e chiari intenti nel vuoto: pareva pieno d’un cordoglio intenso, in preda a una tristezza infinita.”.
Dopo aver sorvolato una pianura di rovi e il mare, Gesù e il protagonista si ritrovano in un’altra città, diversa da quella dove il personaggio principale - che parla in prima persona per il flusso dell’inconscio, come se ci stesse raccontando cosa gli è successo - si trovava fino a quel momento.
Gesù si ferma davanti a una casa misera, dove non c’è nulla e non sembra sia arrivato nemmeno il Natale, ascoltando:
“Egli adesso a quando a quando sostava a origliare alle porte delle case più umili, ove il Natale, non per sincera divozione, ma per manco di denari non dava pretesto a gozzoviglie.
- Non dormono... - mormorava Gesù, e sorprendendo alcune rauche parole d’odio e d’invidia pronunziate nell’interno, si stringeva in sé come per acuto spasimo, e mentre l’impronta delle unghie restavagli sul dorso delle pure mani intrecciate, gemeva: - Anche per costoro io son morto...”
Dopo essere passati da una sontuosa chiesa a tre navate, Gesù offre di nuovo all’uomo la possibilità di rinascere in lui.
- Alzati, e accoglimi in te. Voglio entrare in questa chiesa e vedere.
Era una chiesa magnifica, un’immensa basilica a tre navate, ricca di splendidi marmi e d’oro alla volta, piena d’una turba di fedeli intenti alla funzione, che si rappresentava su l’altar maggiore pomposamente parato, con gli officianti tra una nuvola d’incenso. Al caldo lume dei cento candelieri d’argento splendevano a ogni gesto le brusche d’oro delle pianete tra la spuma dei preziosi merletti del mensale.
- E per costoro - disse Gesù entro di me - sarei contento, se per la prima volta io nascessi veramente questa notte.
Nasce quindi così la proposta di Gesù:
“- Cerco un’anima, in cui rivivere. Tu vedi ch’ìo son morto per questo mondo, che pure ha il coraggio di festeggiare ancora la notte della mia nascita. Non sarebbe forse troppo angusta per me l’anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi: questa città, i tuoi sogni, i comodi con cui invano cerchi allettare il tuo stolto soffrire per il mondo... Cerco un’anima, in cui rivivere: potrebbe esser la tua come quella d’ogn’altro di buona volontà.
- La città, Gesù? - io risposi sgomento. - E la casa e i miei cari e i miei sogni?
- Otterresti da me cento volte quel che perderai”
Ma la proposta non viene accettata:
- Ah! io non posso, Gesù... - feci, dopo un momento di perplessità, vergognoso e avvilito, lasciandomi cader le braccia sulla persona.
Ecco che il protagonista decide di svegliarsi e di tornare alla sua vita.
“E qui, è qui, Gesù, il mio tormento! Qui, senza requie e senza posa, debbo da mane a sera rompermi la testa!”
Così si conclude il racconto, con il protagonista che si sveglia. Un tocco da notare qui è l’utilizzo della E - prima congiunzione, poi come verbo - e la ripetizione di "senza", che indica l’assenza per l’Uomo di momenti di totale pace nella sua vita.
In questo racconto, Pirandello evidenzia alcuni temi che sono validi anche oggi. Il primo è come si vive il Natale, solo per uso e non per vera fede, mostrando anche il contrasto netto tra l’opulenza dei luoghi di culto e dei ricchi (evidenziati all’inizio dell’opera) e dei poveri. Poi si prende in considerazione il Gesù pasquale, che viene quasi dimenticato nelle festività natalizie, con accanto il vero senso del Natale cattolico, ovvero che Gesù è nato per portare agli uomini la Salvezza. Gesù bambino che nasce trova i cuori aridi degli uomini, "strade deserte" riempite di "tante cose" inutili "che dovresti buttar via". Non può nascere né dove c’è opulenza, né dove c’è miseria, perché anche i poveri vivono il Natale senza "devozione" e senza speranza nella Provvidenza. La mancanza di fede in un Dio vivo e vero che viene a salvare non lascia nient’altro che una vita arida con un Dio "morto".
La tradizione cattolica è forte in questo racconto, anche per via delle origini siciliane dell’autore, in una realtà dove la vita è scandita dalla Fede. Il flusso di coscienza si interrompe con l’uomo che si ritrova seduto davanti a un tavolino in legno (presumiamo in casa). Il suo rifiuto a lasciare tutto e seguire Gesù rappresenta la natura umana, che guarda al proprio orticello. Nonostante l’esperienza di leggerezza vissuta quando volteggiava con Gesù dentro di lui, sceglie una vita "senza requie e senza posa", in cui "da mane a sera rompermi la testa".
Pirandello sembra domandare anche a noi: in questo Natale, alla domanda di Gesù "posso nascere dentro di te?" la risposta è il Sì di Maria all’angelo Gabriele, il Sì dei pescatori che lasciano le reti e lo seguono diventando discepoli, o "ah, io non posso" del protagonista del racconto?
Il racconto fa riflettere sulla propria fede e, laddove ci si dica fedeli, sulla necessità di avere uno spirito natalizio più concreto, che vada anche solo un po’ oltre a quello che si trova davanti al proprio naso, per evitare il "deserto" interiore che si nasconde dietro alle festività quando si dimentica il senso vero del Natale.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Sogno di Natale”: il racconto di Luigi Pirandello sul vero senso del Natale
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