Quando il mondo dorme di Francesca Albanese

È quando il mondo dorme che si generano i mostri. Di mostri ne abbiamo già parecchi, tra noi. Prima di tutto, la nostra indifferenza.

Le parole di Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, trafiggono come spade. Arrivano dritte al nocciolo di una questione quanto mai urgente e vitale: il genocidio in atto nella Striscia di Gaza. Con il suo Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite della Palestina (Rizzoli, 2025) Albanese ci conduce in un viaggio alla scoperta della Palestina prima del fatidico 7 ottobre 2023, e di quanto rimane oggi.

Ciò che muove il suo incessante lavoro è il desiderio di mostrare al mondo un punto di vista alternativo alla narrazione mainstream: che cosa significa essere rifugiati? Che cosa comporta una situazione dilaniante come la perdita della propria terra? Come vive chi non ha più nulla? Albanese presenta dieci persone che, attraverso la loro vita, sanno indicarci la strada per trovare una risposta a quesiti così drammaticamente cruciali. Uomini, donne e bambini che hanno provato sulla loro pelle il dolore, lo sdradicamento e l’abbandono.
Un racconto che vuole essere analitico, senza rinunciare a una vena poetica. L’autrice riesce a scovare bellezza e meraviglia sotto le macerie di una delle più drammatiche pagine della storia contemporanea. Lo fa con coraggio, con la passione che la anima quotidianamente. Che le permette di resistere agli attacchi quotidiani in nome di un popolo vessato e soggiogato, ma che non rinuncia alla libertà.
Quando il mondo dorme si sofferma a lungo sul senso di essere bambini a Gaza, crescere tra sofferenze indicibili e vivere costantemente immersi nell’orrore dello sterminio. Una riflessione straziante, che ci mette in discussione non solo come cittadini occidentali ma, in primo luogo, come essere umani. Come persone capaci di sentire l’altro, di provare empatia per una condizione talmente angosciante da lasciare senza parole.
Albanese ci aiuta a ritrovare quelle parole, a utilizzarle per dare un nome all’agonia senza fine. Anzi ci sprona a utilizzare termini precisi, che concorrano a creare una narrazione corretta e puntuale. Descrivere un evento, nella corretta dimensione, è l’unico modo per darne il giusto peso, per costringere l’opinione pubblica e le istituzioni a guardare in faccia una realtà che non lascia scampo.

Francesca Albanese ci vuole svegliare da un torpore che non ha motivo d’essere. Non possiamo permetterci di dormire il sonno dei giusti mentre un intero popolo viene piegato, sistematicamente spazzato via giorno dopo giorno. Un accorato appello che dà voce a una richiesta di aiuto troppo a lungo inascoltata.