Luisa Gasbarri nasce a Chieti. Si laurea in Lettere Moderne e consegue un Master in Scrittura e
Sceneggiatura. Conduce da anni corsi di scrittura creativa, collaborando alla realizzazione di eventi
culturali. Ha curato raccolte di racconti, come “Quattordici giorni a domani” (Demian) e “Anime
Buie” (Bel Ami, Roma), dedicata ai giovani scrittori noir italiani. Ha pubblicato saggi di linguistica
e il romanzo “L’istinto innaturale” (Todaro Editore) con cui ha dato vita al genere noir shocking.
Dal 2010 è nelle librerie con “101 cose da fare in Abruzzo almeno una volta nella vita” (Newton
Compton Editore). Nel 2012 ha vinto il Premio Letterario Caffè Goya con il racconto noir “ORA
X”. Sul numero 3 della rivista “Speechless Magazine” compare il suo racconto gotico "Come menta
per il cioccolato". Cura mensilmente la rubrica “Scritto sul Kuore” sulla rivista “La Dolce Vita” e da fine 2012 collabora con Sololibri.net, scrivendo recensioni di libri (vedi Luisa Gasbarri).
Luisa, ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma solo 4
chiacchiere contate.
- Prima chiacchiera: Quanto peso ritieni abbiano avuto gli studi umanistici, università
prima e master poi, nella tua brillante riuscita come autrice? E qual è il confine che separa
inclinazione e talento propri, dalle abilità acquisite in un corso di scrittura? Anche alla luce
del fatto che da anni affianchi all’attività di scrittrice quella di docente di corsi di scrittura
creativa.
Gli studi umanistici sono stati lo sbocco naturale del mio ineluttabile amore per la Letteratura, affine a me a tal punto che avevo l’obbligo morale di esplorare a fondo questa passione.
Ho conseguito il Master per curiosità più che altro: il mondo pretende sempre attestazioni, titoli
riconosciuti, ma ero una scrittrice ben prima di frequentarlo. Paradossalmente credo che lo sarei
anche se non scrivessi nulla: essere scrittori è una dimensione dell’essere a mio modo di vedere,
non si diventa artisti, lo si è già dentro da sempre. E’ il momento in cui ce ne rendiamo conto a
fare semmai la differenza. I corsi di scrittura non regalano quindi doni come il talento: li affinano
e li indirizzano però. Ma in merito a questo mi permetto di rimandare al mio intervento specifico
sull’argomento, che sarà presto online sempre su sololibri.net.
- Seconda chiacchiera: “L’istinto innaturale”, il tuo romanzo d’esordio, è un noir atipico,
direi postmoderno e ironico, fra una Roma del futuro e Pescara. Anche dalle tue produzioni
successive, mi riferisco alle raccolte che hai curato fino al racconto “Come menta per il
cioccolato”, dimostri una predilezione per atmosfere cupe. Cos’è che ti piace indagare con la
tua scrittura? E come vedi la situazione del noir in Italia? Strada curiosamente sempre più
percorsa da autrici donne. Perché, secondo te?
Questa è una chiacchiera tripla però! Per me un romanzo deve essere sempre una reinterpretazione
della realtà che ci circonda. E se il mondo che abbiamo intorno svela tante contraddizioni, il
romanzo le fa esplodere tutte. Soprattutto il noir, così eccessivo, imprevedibile: ne “L’istinto
innaturale”, per esempio, indago la misteriosa e complessa relazione tra femminile e maschile.
Come lettrice amo stupirmi, scoprire cose, ambienti e persone in un’ottica nuova, dirmi: “Ma
guarda, io non ci avevo mai pensato!”. Quando scrivo desidero che il lettore provi lo stesso. Che
non resti impassibile davanti alla violenza o all’amore e si dica: ”Non avevo mai pensato che
l’amore potesse essere così, che la violenza fosse questa”. In letteratura è quello che si chiama
straniamento. E passa attraverso l’originalità del linguaggio, non solo della trama.
Data la tendenza documentaristica di molto noir nostrano, seguo perciò preferibilmente autori
stranieri: l’editoria estera è più audace di quella italiana. Ci sono stati grandi cambiamenti
antropologici e culturali, soprattutto in questi ultimi anni, non penso però che le donne si dedichino al noir solo oggi: “Cime tempestose” di Emily Brontë o “Frankenstein “ di Mary Shelley sono
ben cupi! E’ che attualmente ci sono più scrittrici in generale, e praticano spesso brillantemente
la scrittura di genere, penso a Barbara Garlaschelli, a Nicoletta Vallorani. Le donne sono intense,
coraggiose, più spudorate degli scrittori nell’esplorare le emozioni forti, il cuore umano, la loro
narrativa ama quindi superare i vincoli e il noir a questo ben si presta.
- Terza chiacchiera: Trovi la consacrazione e il successo “101 cose da fare in Abruzzo almeno
una volta nella vita”. Dalla tua guida emerge una regione dalle bellezze naturalistiche
incantevoli affiancate a un patrimonio architettonico inestimabile, a capolavori artistici e
culinari. Terra di civiltà misteriose e party sul mare cantato da d’Annunzio. Lo vogliamo
dire forte che il nostro Abruzzo è una ricchezza sorprendente? Quanto è complicato e quanto
lavoro di ricerca c’è dietro una mitica 101? C’è qualcosa che avresti voluto inserire, ma che
hai dovuto scartare a malincuore per non sforare? Allora questa è la tua occasione per fare
102, 103, 104…
Quando mi è stato proposto di scrivere un manuale alternativo sull’Abruzzo, ho pensato
subito alle tante esperienze che avrei potuto raccontare: cenare in un trabocco al chiaro
di luna, purificarsi tra vapori luciferini, inseguire il Femminino sacro, superare un top-runner,
afferrare al cuore l’erotismo… E dalla facilità con cui affioravano in me sensazioni e ricordi, ho
capito quale affascinante ricchezza, quali bellezze talvolta ignorate, e occasioni speciali, l’Abruzzo
potesse offrire a chiunque. Non immaginavo quanto mi sarei dovuta aggiornare! Il lavoro di ricerca
per scrivere un manuale del genere, anche se ironico e frizzante, è davvero notevole, e io tendo a
essere rigorosa, per rispetto verso il lettore in primo luogo.
In Abruzzo si possono svolgere tour romantici, letterari, naturalistici, folcloristici, medioevali,
esoterici… Quello che avrei voluto più approfonditamente raccontare sono i tanti cambiamenti
sopravvenuti. In passato nel tempo libero bastava riunirsi in piazza per chiacchierare davanti a
una fontana rotonda, oggi si ha bisogno di un aperitivo cenato, di shopping compulsivo, di viaggi
last minute; i piccoli cinema che si frequentavano insieme alla parrocchia, sono divenuti multisale
sofisticate dove consumare, al posto di piatti tipici, omologato fast food; esperienze quotidiane
come lo ‘struscio’ sono stravolte da iPhone e blackberry che mutano le strategie dell’incontrarsi
e conoscersi. Il mondo s’è dilatato all’improvviso e viene da chiedersi: “C’è ancora differenza
tra l’essere nato a Roma o a Pescara, in Abruzzo o in Emilia Romagna? In Campania o in Valle
d’Aosta?” La mia risposta è ovviamente sì. A prescindere dalla globalizzazione imperante,
l’imprinting dei luoghi resiste, si riconosce tuttora. Nelle atmosfere, nei desideri che vi si possono
realizzare, negli stati d’animo e nelle emozioni che su tutto ho cercato di raccontare.
- Quarta chiacchiera: Da aquilano ad abruzzese non posso non chiederti una riflessione sulla
condizione dell’Aquila. La ricostruzione non vista. La sofferenza della stasi. La depressione.
La difficoltà di reagire. L’agonia e la lenta morte di una città. È davvero finito tutto? La
cultura è una forza senza portafoglio, come si direbbe in politica, ma capace di trasformazioni
inaspettate. Cosa bisogna chiedere agli autori? E cosa ti senti di poter dare tu?
Ho scritto questo libro subito dopo il terremoto. Era difficile trovare il tono leggero in quei mesi,
quando si doveva comunque fare una cernita dei luoghi ancora agibili, contare i danni, percepire il
disastro. La casa editrice mi ha concesso di alterare il format dei libri della collana dei 101 dedicati
alle regioni, e la sezione dedicata alla provincia de L’Aquila, che è il capoluogo, compare pertanto
alla fine del libro. A lettura conclusa, volevo fosse l’immagine di questa città a rimanere più in
mente. Chi l’ha letto sa perché. Non è stato il terremoto a cancellarla, ma i mezzi di comunicazione
che hanno cessato di interessarsene, facendo finta di prendere per valida la buona novella della
ricostruzione perfetta. Un luogo è un crocevia di vite e ricordi e abitudini, non è solo mura, palazzi,giardini: una città - soprattutto una città storica - così antica, raffinata, colta, è fatta di persone che
dialogano, che hanno punti di incontro, di riferimento comuni, che sentono ancora l’appartenenza.
Tutto questo è stato spazzato via, e nel silenzio, nell’ipocrisia più scontata.
Oggi la forza della testimonianza, la denuncia, spetta in primo luogo agli scrittori, chiamati a
dar voce a chi la voce la perde, o non è più in condizione di urlare il proprio dolore, l’ingiustizia
subita. La verità va ribadita a oltranza, proprio quando ce n’è maggiore necessità, anche rischiando
alla lunga di perdere il fiato se nessuno pare ascoltare. E’ l’unica possibilità che abbiamo per
rivoluzionare la vita, perché, come è scritto nella “Bhavagad Gita”, il valore del nostro agire non si
misura dalla probabilità del nostro riuscire. Personalmente spero di tornare a trattare l’argomento in
un’ottica differente: ho presentato al riguardo un progetto editoriale originale, non dipende però da
me che sia preso in considerazione e quando…
Questa era l’ultima chiacchiera: non mi resta che salutarti e ringraziarti per aver accettato il
mio invito, facendoti molti in bocca al lupo per il tuo futuro. Se vuoi lasciare un messaggio al
mondo intero, qui puoi farlo.
C’è solo una cosa che conta più della Letteratura. E sono le donne e gli uomini che la fanno.
Le donne e gli uomini che ispirano le infinite storie che essa racconta.
Al mondo intero vorrei perciò ricordare che, sotto qualsiasi cielo, a qualsiasi latitudine, è sempre
una donna a metterci al mondo. Fosse anche solo per questo, tutte le donne andrebbero rispettate.
In un mondo perfetto sarebbe un’inclinazione naturale, non una scelta.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Luisa Gasbarri
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