

Non tutte le fiabe sono belle come sembrano: dietro alcune di esse ci so storie che di fiabesco hanno ben poco.
Qualche giorno fa, ad esempio, vi avevamo raccontato cosa si nasconde dietro la storia di Winnie The Pooh, il famoso orsetto amato ma migliaia di bambini e bambine.
Quella dell’orsetto amante del miele, però, non è l’unica storia ad avere retroscena inquietanti: anche la fiaba di Biancaneve e i sette nani, nella sua versione originale, non è proprio come siamo abituati a raccontarla.
Biancaneve e i sette nani, infatti, deriva da una fiaba popolare europea ed è arrivata a noi grazie al lavoro dei fratelli Jacob e Wilhelm Grimm, che hanno scritto la versione che tutti noi conosciamo oggi.
La vera fiaba di Biancaneve e i sette nani
La fiaba originale, risalente al 1812, è davvero molto diversa da quella che siamo abituati a leggere o a vedere in TV.
Nella fiaba originale, infatti, la matrigna è la madre di Biancaneve e lei ha solo sette anni: sua madre decide di far uccidere la bambina per mangiarle polmoni e fegato con sale e pepe.
Dopo essere stata avvelenata dalla mela, la bambina rimane in una teca di vetro per un tempo imprecisato, finché il principe non la trova.
Biancaneve, però, non sarà risvegliata dal bacio del principe, ma dai servi, che la strattonano perché non riescono più a vedere il principe arrabbiato per l’amore che prova per il “cadavere” della ragazza.
Chi è davvero Biancaneve?
Sono diverse le ipotesi riguardo a chi fosse davvero Biancaneve: alcuni storici, infatti, ritengono che la fiaba sia ispirata ad una storia vera.
Secondo lo storico Eckhard Sander la storia di Biancaneve è ispirata alla vita di Margaretha von Waldeck, contessa tedesca figlia di Filippo IV e della sua prima moglie nata nel 1553.
Quando aveva solo 16 anni la ragazza venne costretta dalla sua matrigna ad andare a vivere in esilio a Bruxelles.
Qui conobbe un giovane di cui si innamorò e che successivamente sarebbe diventato Filippo II di Spagna, ma la relazione era considerata politicamente scomoda sia dal padre che dalla matrigna e la ragazza morì avvelenata quando aveva 21 anni.
In questa storia, i sette nani sarebbero i bambini schiavi di Filippo IV che lavoravano nelle miniere di rame per lui e che - a causa dello sforzo disumano a cui erano costretti da piccoli - crescevano poi deformi.
La mela avvelenata, invece, sarebbe il risultato alla cronaca dell’epoca che riportava la storia di un venditore anziano che regalava mele avvelenate ai bambini che avevano provato a derubarlo.
Quella di Sander non è l’unica ipotesi sull’identità di Biancaneve: alcuni studiosi, infatti, ritengono che la storia riportata nella fiaba sia quella di Maria Sophia Margaretha Catherina von Erthal, nata in Baviera nel 1725.
La ragazza era la figlia di Philipp Christoph von Erthal, un proprietario terriero che si risposò con Claudia Elisabeth Maria von Venningen che non sopportava la presenza di figliastri.
La matrigna, quindi, costrinse la ragazza a fuggire di casa e a vivere nei boschi per alcuni anni, aiutata dai piccoli nani - i cunicoli molto stretti esigevano l’impiego di persone molto piccole - che lavoravano per il padre della ragazza nella città mineraria di Bieber.
La ragazza alla fine morì di vaiolo e la vicenda la rese una martire, vittima dell’odio della matrigna.
Nel castello, inoltre, c’era un giocattolo acustico - uno specchio parlante in sostanza - che registrava e riproduceva la voce di chi parlava.
Il veleno è legato alla belladonna, pianta che cresceva in abbondanza nella zona, mentre la bara di vetro potrebbe essere collegata alle vetrerie della regione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La vera (e terribile) storia di Biancaneve e i sette nani
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