

Mettiamo una rovente sera di inizio estate, consideriamo poi un’autrice che presenta il proprio libro, valutiamo anche un argomento non proprio, di primo acchito, accattivante.
Mettiamo invece una comoda e fresca serata a casa con due telecomandi a disposizione: uno per accendere il condizionatore e trasformare il caldo afoso in una piacevole frescura, uno per accendere comodamente la TV e vedere una serie leggera e accattivante.
Uscire o restare a casa? Messa così la questione, la scelta appare chiara ed inequivocabile. Aggiungiamoci pure che il costo di una serie TV è di gran lunga inferiore al costo di un libro e davvero dubbi, se mai ce ne fossero stati, non ne restano.
“La strada di casa”: contenuto del libro di Melania Petriello
Sulla scia delle varie prese di posizione che attualmente stanno alimentando il dibattito culturale attorno alla macchina delle presentazioni letterarie, innescata dall’interessante intervista di Loredana Lipperini allo scrittore Wu Ming 1 – reperibile su Lucy –, confesso di aver tergiversato un attimo: tuttavia ho scelto di uscire, di affrontare i 34 gradi di una sera di inizio estate per andare ad ascoltare Melania Petriello che presenta La strada di casa. Figli in cerca delle origini (Round Robin editrice, 2025). Confesso di non avere letto il libro, confesso anche di non conoscere l’autrice né il suo lavoro e, già che siamo in vena di confessioni, aggiungo di non avere particolare interesse, o meglio, affinità per l’argomento di cui si tratterà, ma vado. E meno male!


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La strada di casa è un libro che racconta la ricerca dell’origine biologica di quei figli adottivi che cercano di colmare il vuoto identitario lasciato dall’abbandono alla nascita. Petriello dà voce alle storie che, nel corso della sua carriera di giornalista, sono andate a cercarla e, con ferma delicatezza, ci mostra i risvolti legali e psicologici che questa ricerca implica. Al confine tra il saggio e il reportage, questo libro che si legge come un romanzo pone degli interrogativi, sollecita delle domande come la migliore letteratura sa fare, insinuandosi nelle pieghe e nelle piaghe della nostra realtà contemporanea, ci immerge nella sua complessità obbligandoci a farci carico di questo suo aspetto particolare: sì, perché la contemporaneità, il tempo in cui viviamo, riguarda tutti noi, nessuno può sentirsi escluso per il solo fatto, ad esempio, di non essere un figlio adottivo.
Essere figli: un percorso e due etimologie
La nostra umanità va alimentata e coltivata affrontando anche temi che soltanto in apparenza sono lontani da noi.
Del resto siamo tutti figli, e poco importa – o al contrario importa tantissimo – declinare questo nome: figli naturali, biologici, adottivi, affidatari, abbandonati. La strada di casa è il cammino che ci porta tutti quanti, in modi e per motivi differenti, a sentirci figli e a ragionare sul significato più profondo e autentico di questa parola. Se si ragiona sull’etimologia delle parole che utilizziamo per dar corpo ai nostri pensieri, infatti, e impariamo a utilizzarle avendo su di esse un retropensiero solido, potremmo scoprire che il lessico che utilizziamo riguardo a questo argomento ruota attorno a due parole, sostanzialmente: adottare e abbandonare.
Adottare ha un’origine latina splendida che la vuole formata dal prefisso ad-, che indica un movimento, uno slancio, e il verbo optare che significa scegliere, desiderare: quindi, adottare significa, letteralmente, desiderare verso. Abbandonare ha un’origine francese, per cui a ban donner significa lasciare libero, donare la libertà.
Ecco: questo il bagaglio di riflessioni, di ragionamenti che mi sono portata a casa dalla presentazione. Ho conosciuto il pensiero di una professionista che ha stimolato in me altre riflessioni. Ed ecco la mia personale e opinabile riflessione che mi sono portata a casa dalla presentazione: uscire di casa, dalla propria confort zone, mettersi in gioco, ascoltare, confrontarsi, conoscere nuove persone e nuove idee richiede certamente sforzo ed impegno, ma dona una ricompensa preziosissima, perché crea legami, una rete di persone che si mette in gioco e dona il proprio personale contributo al dialogo culturale.
Per questo e di questo siamo fatti. Grazie alle potenti parole di Melania Petriello e a chi si impegna a diverso titolo nelle presentazioni letterarie. Grazie a chi esce di casa. Davvero. Alla prossima.
(Ah: poi il libro l’ho comprato e l’ho letto!)
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La strada di casa” di Melania Petriello: il significato più profondo della parola “figlio”
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