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Approfondimenti su libri... e non solo

“La scoperta di Marx” di Pier Paolo Pasolini: analisi e commento del poemetto

Un componimento che segna una svolta nel percorso di Pasolini: pur non ripudiando la sua esperienza poetica friulana, si immette nel divenire storico, di cui Marx è l'immagine emblematica.

Federico Guastella
Federico Guastella Pubblicato il 22-06-2023
“La scoperta di Marx” di Pier Paolo Pasolini: analisi e commento del poemetto

Il componimento “La scoperta di Marx” del 1949 (il titolo della prima versione, secondo quanto scrive Naldini, era “Alla ricerca di mia madre”, dal vago richiamo proustiano), pubblicato da Pier Paolo Pasolini in chiusura dell’Usignolo della Chiesa Cattolica, esprime una tematica politico-biografica. Potremmo dire di essere in una nuova fase che sotto la spinta dei mutamenti democratici registra il modificarsi della realtà contadina già vista da Pasolini in chiave magica, religiosa e rituale antecedente alla storia. La svolta lo colloca nella nuova dimensione dei conflitti di classe ed egli aspira a diventare coscienza che accoglie le istanze politiche, anche se in effetti il componimento ruota attorno a un significato privato, essendo l’interlocutrice la madre che gli ha aperto lo sguardo al dialetto.

La figura di Marx, evocata a mo’ di simbolo, è soltanto desunta dall’esergo ricavato dal passo di Gor’kij:

“Io so che gli intellettuali nella gioventù sentono realmente l’inclinazione fisica verso il popolo e credono che questo sia amore. Ma questo non è amore: è meccanica inclinazione verso la massa”.

Dieci le sezioni che compongono il poemetto, ciascuna delle quali è suddivisa in tre terzine. Alla fine dell’ultima terzina della prima sezione, Pasolini, interrogandosi, conclude:

“Fuori dal tempo è nato / il figlio, e dentro muore”.

Da un lato, evidenzia le sue radici arcaiche saldamente legate alla Casarsa giovanile e materna; dall’altro, sancisce la fine di un’epoca con l’avvento di un nuovo corso della storia. La metafora del “corpo che m’ingombra” ulteriormente puntualizza la morte della sua esperienza pregressa: quella dell’alcova protettiva e delle sue prime poesie. Muta ora la prospettiva del poeta, immersa nel dramma della lotta politica.

III
Come sono caduto in un mondo di prosa s’eri una passeretta,

un’allodola, e muto alla storia – una rosa – o madre giovinetta

era il tuo cuore? in questo
ordine manifesto da te il mondo mi accetta?

Emblematici questi versi con cui Pasolini conduce un monologo dialogante con il proprio passato, simbolizzato dalla “madre giovinetta”: una passeretta o un’allodola dal canto estraneo alla storia. Adesso il suo riferimento, di probabile derivazione crociana, va a un “mondo di prosa” che descrive il divenire secondo la sua specifica sintassi. Ora il canto poetico è diventato muto poiché è la prosa a narrare la relazione fra le cose. Anche nell’ottava sezione lo sguardo non è rivolto al dialetto, ma alla scoperta della realtà. Nettamente si delinea la contrapposizione fra le due forme espressive: la dimensione extratemporale della poesia viene sostituita dalla rappresentazione dei cambiamenti del mondo. Sicché, la parola, facendosi impegno e intervento nel sociale, esprime la razionalità di un mondo adulto in cui non c’è più posto la suggestione friulana:

V
E ogni giorno affondo nel mondo ragionato, spietata istituzione

degli adulti – nel mondo da secoli arenato al suono di un Nome: con esso m’imprigiono nello stupendo dono ch’è ormai solo ragione.

Pur avvertendo l’esigenza di ampliare l’universo di Casarsa, chiuso entro i confini di un liturgico mondo contadino, il poeta non ripudia però la sua formazione originaria:

VIII
La lingua (di cui suona
in te appena una nota,
nell’alba del dialetto)

e il tempo (a cui ti dona
la tua ingenua e immota
pietà) son le pareti

tra cui sono entrato,
sedizioso e invasato,
coi tuoi occhi mansueti.

Sono i versi finali del poemetto a sancire il cambio di prospettiva che si richiama alla razionalità della storia:

“La nostra storia! Morsa / di puro amore, forza / razionale e divina”.

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Siamo nella scoperta di un amore più grande del personale destino, oltre i limiti della sfera privata. La storia personale, di narcisistica impronta, si apre in definitiva alla realtà ampia e dirompente dell’alterità. Un nuovo percorso, dunque: fondamentale per comprendere il passaggio dagli esordi di Casarsa alla partecipazione politica della fine degli anni Quaranta. In tale prospettiva, Marx, ha scritto Guido Santato,

“è l’immagine emblematica di un insieme di valori storici, razionali e politici verso i quali Pasolini certamente tende” (“Pier Paolo Pasolini. L’opera poetica, narrativa, cinematografica, teatrale e saggistica”, Carocci, Roma 2012, p. 159).

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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La scoperta di Marx” di Pier Paolo Pasolini: analisi e commento del poemetto

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