Subito dopo la consegna del premio Nobel allo scrittore e drammaturgo norvegese Jon Fosse la casa editrice La nave di Teseo ha pubblicato il secondo volume della sua Settologia. Si intitola Io è un altro, la traduzione è sempre a cura di Margherita Podestà Heir. Il titolo richiama la celebre espressione “Je est un autre”, formulata da Arthur Rimbaud.
Scopriamone trama e alcune anticipazioni.
La “Settologia” di Jon Fosse: trama e temi dell’opera
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“Settologia” è un termine coniato sull’orma di quello di “Trilogia” - opera composta da tre libri. La Settologia è un’opera in sette libri che sono raccolti in tre volumi.
Il primo e il secondo libro costituiscono il primo volume pubblicato in Italia nel 2021 con il titolo di L’altro nome.
In questi giorni è stato pubblicato il secondo volume, Io è un altro, che contiene tre libri: il terzo, il quarto e il quinto.
Jon Fosse scrive in norvegese. Non tutti sanno, però, che esistono due diversi idiomi che costituiscono il “norvegese”.
Quello che parlano e scrivono la maggior parte delle persone da un lato. Dall’altro esiste un norvegese che è quello parlato nelle campagne, che raramente viene adoperato per scrivere.
Chi conosce il primo capisce il secondo, ma non è detto che lo sappia scrivere. Fosse invece scrive nell’idioma parlato nelle campagne.
Per quanto adesso viva ad Oslo l’autore non è originario di Oslo.
E scrive in una lingua che è più vicina al popolo.
Nel 2012 lo scrittore si è convertito al cattolicesimo. E adesso si dichiara praticante.
La Norvegia è un paese a prevalenza anglicana. Chi si converte al cattolicesimo è considerato una persona alla ricerca di una maggiore spiritualità.
Ma, nel suo caso, la ricerca di spiritualità passa attraverso le sue opere. Anche attraverso questo volume.
In un’intervista Fosse ha rivelato di essere stato un bevitore e che la scrittura lo ha guarito. Scriveva dalle cinque del pomeriggio alle nove del mattino. La fascia oraria in cui più spesso si beve.
Successivamente ha cominciato a chiedersi da dove venisse la sua scrittura. E a questa domanda sono seguite le domande esistenziali: “chi sono? Da dove vengo? Dove vado?”
Questo percorso - unitamente a una pausa da quello che era il suo lavoro che lo assorbiva, ovvero andare ovunque nel mondo volessero rappresentare una sua opera teatrale - lo ha avvicinato al cattolicesimo.
Del resto, il tema dell’incontro con l’altro è centrale nell’esercizio solitario della scrittura, contrapposta al “discorso”, e vissuta come un’esperienza di mistica negativa:
Almeno per me, esiste un nesso, per esprimermi un po’ imprecisamente, fra ciò che altri provano in diverse congregazioni religiose (c’è pure chi afferma di provare certe esperienze nella natura), e quel che io stesso posso provare quando scrivo; in altri termini, è la scrittura che mi ha aperto la prospettiva religiosa e mi ha trasformato in una persona religiosa, e alcune delle mie esperienze più profonde possono, come ho compreso a poco a poco, essere definite esperienze mistiche.
E queste esperienze mistiche sono connesse alla scrittura. Per quanto mi riguarda, né ciò di cui ho fatto esperienza della vita né ciò di cui ho fatto esperienza della morte mi ha smosso dal mio tranquillo ateismo; la scrittura invece l’ha fatto, giorni e anni di scrittura, giorni e anni totalmente a confronto con lo scritto; nei momenti felici, non a confronto, ma dentro lo scritto.
È la scrittura che mi ha trasformato e ha dissolto la mia riprovevole certezza, sostituendola con un’umile sicurezza di essere consegnato all’altro e nelle mani di quel ch’è altro. Ciò che io sono, io stesso, è quindi un io nella condizione della grazia dell’uno e di quel ch’è altro” (Tratto da “Scritti gnostici”, p. 23).
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L’opera ha innanzitutto risvolti autobiografici. Uno dei pochi personaggi che fa il pittore - la figura del pittore è frequente nelle opere di Jon Fosse - è cattolico e si reca in città per esporre delle sue opere in una galleria e andare a trovare un suo amico, anche lui pittore, che si trova in ospedale.
In effetti - come per il precedente capitolo della Settologia, L’altro nome, che contiene le prime due parti - gioverebbe anche a chi si avvicina a queste nuove pagine fare un esercizio di silenzio prima di affrontare una scrittura così volutamente lenta e avvolgente, mistica. Al centro una trama scarna, che si svolge in una manciata di giorni nel paesaggio norvegese fatto di mare e di neve.
Ma le poche azioni rimandano di continuo ad “altro”, a una ricerca, a un anelito metafisico con cui il lettore che si sia messo anche lui in ascolto può entrare in contatto, vivendo un’autentica esperienza interiore.
L’opera lo riporta dunque al luogo in cui è nato - un villaggio di pescatori che si affaccia sull’Atlantico - e a Bergen, la città dove ha completato i suoi studi e dove ha insegnato.
La solitudine e l’incertezza dell’età anziana, la vita e la morte, il senso dell’arte, della scrittura e del tempo, la ricerca di Dio, sono tra i temi - e le domande - che via via vengono posti dall’autore in queste pagine.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Io è un altro”: il secondo volume della Settologia di Jon Fosse, premio Nobel 2023
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